
Questo contenuto è tratto da un articolo di Nick Scolaro per The Knicks Wall, tradotto in italiano da Luca Rusnighi per Around the Game.
Solo un anno fa, sostenere che la permanenza di Tom Thibodeau alla guida di New York sarebbe durata solo due stagioni (o meno) avrebbe fatto sorridere. Ci si aspettava che nonostante i suoi 64 anni, Thibs sarebbe rimasto nella Grande Mela almeno nel prossimo futuro, lavorando per far tornare i Knicks competitivi, recuperando credibilità.
Qualche mese dopo, le difficoltà dei Knicks sono note a tutti e il coach è diventato il problema numero uno agli occhi di molti tifosi.
New York è attualmente dodicesima nella Eastern Conference, con un record di 25-34 e speranze di raggiungere i Playoffs che si sono assottigliate settimana dopo settimana.
Non si tratta solo di perdere, ma anche del come. New York spesso non riesce a battere squadre da tanking (nella settimana prima dell’All-Star break, ad esempio, due sconfitte consecutive contro Magic e i Thunder) e ultimamente ha sprecato vantaggi di oltre 20 punti contro contro Blazers e Nets.
A molti non va giù l’ostinazione di Thibs nel dare ampio minutaggio a veterani che stanno avendo un impatto negativo, invece che a giovani con margine di miglioramento come Obi Toppin, Cam Reddish e Immanuel Quickley. Più in generale, i dissapori con Leon Rose per le sue scelte nelle rotazioni e le tensioni all’interno dell’organizzazione dovute alla mancanza di risultati hanno contribuito ad alzare la temperatura della panchina su cui siede il Coach of the Year 2021.
Dal 2021 al 2022, il crollo
Thibodeau l’anno scorso si è dimostrato capace di instillare una mentaità dura e un senso di responsabilità individuale a ogni membro del roster, rivestendo un ruolo chiave nella rinascita dei Knicks dopo le precedenti gestioni di Mike Miller, David Fizdale e Jeff Hornacek. Si è aggiudicato il premio di COY per la seconda volta dopo l’annata 2010/11 con i Bulls, cambiando la cultura dell’organizzazione e aiutando New York a gettare le fondamenta su cui costruire qualcosa di solido.
La scorsa stagione, New York ha concesso meno punti e canestri dal campo rispetto a qualsiasi altra squadra della Lega. E su questo ha costruito un’annata da 41 vittorie e 31 sconfitte, tornando ai Playoffs per la prima volta dal 2013.
Thibs ha meritatamente riscosso credito per il lavoro svolto, con i Knicks che non avevano e non hanno una superstar di altissimo livello nel roster. Quest’anno, però, ogni certezza sembra essere crollata. E i detrattori di Thibodeau hanno buone argomentazioni per essere scettici sulla sua funzionalità in questa squadra.
La scelta di Thibs di affidarsi ai propri veterani piuttosto che ai giovani (a prescindere dal loro potenziale) non è niente di nuovo. Quando è arrivato sulle sponde dell’Hudson, aveva chiesto che venissero scambiati RJ Barrett e Mitchell Robinson in cambio di “veterani di grande esperienza”, secondo Yaron Weitzman (New York Post). Grazie a Dio, Leon Rose non l’ha vista allo stesso modo ed entrambi indossano ancora la maglia blu-arancio.
L’anno scorso, i Knicks erano considerati un team ai primi step di ricostruzione della propria cultura. Seppur competitivi, le tendenze di Thibs venivano ignorate. E a dirla tutta, tenere a lungo in campo giocatori come Nerlens Noel, Alec Burks e Taj Gibson era la cosa giusta da fare: New York era in piena corsa Playoffs, rookie come Obi Toppin e Immanuel Quickley sembravano spesso spaesati.
Quest’anno, però, l’incapacità di TT di adattarsi alle circostanze e la sua rigidità hanno avuto un impatto disastroso.
Considerando il livello e l’incostanza delle prestazioni di diversi giocatori (Nerlens Noel, Evan Fournier e Alec Burks, ad esempio), non c’è ragione alcuna per non dare più spazio a Toppin e Reddish. Poco importa che Thibs non volesse quest’ultimo, deve giocare – non solo perché ha margini di miglioramento, ma anche perché i Knicks devono capire cos’hanno in mano.

Thibodeau probabilmente adotterà sempre un simile approccio, è il suo modo di allenare; ma tra gli obiettivi che il front office di New York chiede al proprio head coach attualmente c’è anche lo sviluppo dei giocatori, e Thibs lo sta mancando.
Aggiungendo dei risultati ampiamente al di sotto delle aspettative, non deve sorprendere che la sua panchina sia considerata quantomeno precaria.
E ora?
Può un cambio di panchina essere una svolta positiva per questi Knicks?
Nell’immediato, non c’è urgenza a dire il vero. Nel finale di stagione potrebbe anche esserci un effetto positivo con un cambio di allenatore, ma a questo punto è tardi per guardare alla classifica con speranze di Playoffs. Anche perché, comuque, Coach T si merita tutte le critiche ricevute, ma dopotutto non è lui quello con la palla in mano e non è l’unica ragione per il rendimento della squadra. L’involuzione generale di Julius Randle e un paio di firme discutibili in free agency (su tutte, Evan Fournier e Kemba Walker) hanno contribuito alla situazione.
Un allenatore finisce spesso per essere il capro espiatorio per la stagione negativa di una squadra, ma nonostante le tante difficoltà dei Knicks, Thibodeau rimane un buon coach, con pregi e difetti. Non aver avuto una “comunione di intenti” con il front office, però, ha messo in evidenza le sue lacune (peraltro non nuove) e forse il fatto che non sia più l’allenatore adatto per questi Knicks.
New York potrebbe cambiare molto nel corso della prossima estate, a partire dal proprio head coach.