Nel giorno del Ringraziamento, fate sapere a tutti di essere grati per Kevin Durant
Questo contenuto è tratto da un articolo di John Voita per Bright Side Of The Sun, tradotto in italiano da Marco Barone per Around the Game.
Nella notte, in occasione del Thanksgiving Day, l’NBA e i Phoenix Suns si sono fermati. Un giorno utile per un riflessione, che gli americani usano per stare in famiglia o con amici per un buon pasto in compagnia, mangiando più di quanto il proprio stomaco possa sopportare. Un momento per rendere grazie.
Riflettere su se stessi è il primo passo verso la crescita personale, quindi dedichiamo a ciò questo giorno: a crescere. Sia interiormente, che per quanto riguarda la taglia dei pantaloni. Se i tifosi Suns stessero cercando qualcosa per cui essere riconoscenti, ecco un suggerimento. Probabilmente non avrete bisogno che venga ricordato ma, essendo ancora vivo il ricordo di Marquese Chriss nel quintetto titolare, lo menzionerò comunque: siate grati che Kevin Durant sia un membro dei Phoenix Suns.
Chi scrive è un grande fan di Durant. Fan boy? Può darsi. Impressionato dal suo gioco? Assolutamente. Sono estasiato dal fatto che vesta questa canotta, trattandosi di uno dei giocatori che abbia apprezzato maggiormente anche da avversario, assieme a Michael Jordan e Allen Iverson, per intensità e tecnica, shotmaking e stile. Il fatto che i Poenix Suns lo abbiano portato in Arizona alimenta il mio sorriso più del terzo bicchiere di Whiskey al pranzo del Ringraziamento.
Quello che può fare in campo, assieme alla personalità che possiede fuori, è unico e speciale, qualcosa da apprezzare davvero. Ogni notte, perché non si sa mai quando potrebbe finire.
Quel che è davvero impressionante di questa stagione è che, anche a 35 anni, sta avendo un impatto da All-NBA Team. In queste prime 15 gare di Regular Season sta viaggiando a una media di 31.4 punti segnati a partita: ha chiuso una stagione con una media più alta solo una volta in carriera, nel 2013/24, guidando la Lega con 32 punti ad allacciata di scarpe – a 25 anni. E le percentuali fanno ancora più paura in questa prima span, con un ridicolo 53.3% dal campo, 52.2% da tre punti e 89.1% dalla lunetta.
Ma non tutto riguarda i numeri, comunque. Ciò che rende KD davvero letale è il suo contributo intangibile, come capita per molti campioni. Ogni volta che la squadra avversaria sembra avere l’inerzia a favore, ecco che arriva Kevin Durant, a sparar loro in faccia un jumper con assoluta nonchalance, e torna tutto in equilibrio. Se un qualunque compagno è caldo e ha bisogno di continuare una striscia positiva, Durant passerà a lui la palla di proposito per cercare di far impazzire la folla. Questa è leadership e gioco di squadra nella sua massima espressione.
Kevin Durant ha già cominciato ad impilare risultati storici, pietre miliari, con la maglia dei Suns. Ha superato Elvin Hayes all’11esimo posto di sempre per punti segnati nella storia NBA, raggiungendo quota 27363 punti, superando “appena” la sua gara numero 1000 in carriera.
Andiamo avanti, un paio di calcoli. Sta viaggiando a una media di 27.3 punti a partita nella sua carriera di 16 anni, il record per punti di media in una singola stagione per un giocatore di Phoenix è di 27.2: KD sta avendo queste cifre sull’arco di una carriera.
Davvero raro avere un giocatore capace di segnare canestro in maniera così automatica. Abbiamo assistito allo sviluppo delle capacità di Devin Booker e realizzato la difficoltà di questi canestri. Non lo sono per Kevin Durant. Il suo approccio alla gara e la sua attenzione ai dettagli, assieme alla sua intelligenza cestistica e alla delicata abilità nel segnare, lo rendono uno dei più grandi scorer nella storia della NBA.
E gioca nei Phoenix Suns, in questa NBA, a livello elitario. Non si tratta di Shaq a fine carriera, ma di Kevin Durant nel suo prime inesauribile. Quando mi hanno chiesto a tavola per cosa fossi grato, ho risposto: “Per Kevin Durant”. A chiunque viva negli Stati Uniti, Happy Thanksgiving; per tutti gli altri, godetevi questa quarta settimana di novembre.