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Questo contenuto è tratto da un articolo di Zulfi Sheikh per Raptors Republic, tradotto in italiano da Marco Marchese per Around the Game.


Trarre conclusioni a questo punto della stagione NBA è, nella migliore delle ipotesi, una suggestione strampalata. Le partite perdono di significato e valore della posta in palio ad ogni nuovo appuntamento sul calendario, mentre i quintetti sono sempre meno simili a quelli a cui i tifosi sono abituati. Ma analizzando approfonditamente la brodaglia cestistica dei mesi di marzo ed aprile, ci sono comunque un paio di indizi parecchio limpidi su ciò che sarà dei Toronto Raptors. Innanzitutto, i Raptors NON SONO una Cenerentola di fondo classifica in giro per la lega. Anche scrutando con estrema pignoleria il record di 12-8 da giorno 1 marzo in poi – che li posiziona al 10° posto in NBA -, e nonostante il calendario a loro favorevole, i canadesi hanno un parziale di 15-7 contro le peggiori 5 franchigie in classifica NBA quest’anno. Ed anche se quasi tutte queste squadre sono ormai intente a portare avanti i loro progetti di tanking, è pur vero che quella da loro affrontata non era la miglior versione dei Toronto Raptors – che, comunque, le ha quasi sempre sconfitte facilmente. I role player ed i “terzi violini” dei canadesi hanno abitualmente sopraffatto quelli avversari. 

Osservare i giovani Raptors farsi largo colpo su colpo a suon di muscoli e giocate ha stimolato nell’intera organizzazione il desiderio di essere competitivi in vista della prossima stagione, con valide motivazioni. Poiché si tratta di una squadra che, se in buono stato di salute, visti i progressi previsti e quelli raggiunti sulla tabella di marcia ed infine data l’aggiunta di Brandon Ingram, avrebbe potuto dire molto di più rispetto a ciò che la ventura offseason ha in programma. Parte di tutto ciò include una possibile alta pick al Draft 2025 – quanto meno nei sogni e nelle speranze di molti. Se i Toronto Raptors riuscissero ad ottenere almeno una Top 4 pick dai bussolotti della Draft Lottery del 12 maggio, per molti sarebbe il pezzo finale del puzzle costruito negli anni da Masai Ujiri e dal General Manager Bobby Webster attraverso un oculato e solido rebuilding

Ma un altro aspetto appreso da questo scorcio finale di stagione è che le possibilità che tutto ciò accada non sono molto elevate. Con una vittoria contro gli Charlotte Hornets – ed un miracolo sportivo da parte dell’ex di turno Harrison Barnes contro i Golden State Warriors in simultanea -, i Raptors sono rientrati ufficialmente nelle 7 favorite in vista della Lottery del mese prossimo: i canadesi hanno il 31.9% di possibilità di ottenere una Top 4 ed il 7.5% per quanto riguarda la pick #1.

Quindi, cosa accadrebbe se i Raptors non riuscissero ad ottenere nulla oltre una pick #7? O, peggio, se dovessero portare a casa una pick ancora più bassa? Per chi condivide l’idea che questa sarebbe l’effettiva campana funeraria della franchigia, non ci sentiamo di contraddire quest’opinione. Nonostante l’audacia messa in mostra, la franchigia del Paese della Foglia d’Acero ha ancora diversi problemi da risolvere, ed i suoi limiti sono verità dure e crude da affrontare. Il roster è attualmente composto da rookie, giocatori presi tra gli undrafted o dalla G League, ed infine alcuni veterani utili ma non indispensabili. 

La loro fine non dovrebbe tuttavia essere tanto imminente, anche se gli Dei del Basket scegliessero di volgere il proprio sguardo solo al di sotto del confine nordamericano. Nonostante ciò, il Front Office canadese si è ben distinto per aver chiaramente optato verso la scelta di provare ad ottenere una buona pick al Draft – alternando i giorni di riposo dei vari Jakob Poeltl, RJ Barrett, Immanuel Quickley ed anche il rookie Jamal Shead. Per alcuni aspetti si tratta di una prospettiva ottimistica. Innanzitutto per via della Development culture creata dalla franchigia finora. Per tutto il trambusto generato dall’ipotesi di aggiungere un’alta pick ai talenti sul parquet visti fin qui – i precedentemente menzionati rookie, nessuno dei quali ottenuti dalla Lottery, ed alcuni journeyman della NBA -, e l’impatto sulle partite messo in mostra nelle uscite stagionali. “Ragazzi come Jared [Rhoden, ndr], A.J. [Lawson, ndr]… tutti questi ragazzi che abbiamo in squadra, tutti loro hanno un biglietto gratis per l’ingresso nella nostra culture ed identità di squadra,” ha dichiarato l’Head Coach dei Raptors, Darko Rajakovic, dopo la vittoria contro i Philadelphia 76ers, in cui Jared Rhoden, A.J. Lawson ed Orlando Robinson hanno condotto la squadra alla vittoria con almeno 25 punti ciascuno. 

“Il risultato di tutto ciò è avere un gruppo di ragazzi che giocano dando l’anima ogni sera, dando il massimo l’uno per l’altro.”

“Per me è una cosa davvero speciale, che mostra il duro lavoro fatto dal Front Office per portarli qui, ed anche dei nostri Raptors 905 [la squadra di G League affiliata ai Toronto Raptors, ndr]… Poterli integrare nel sistema e vederli muovere i primi passi nella lega, offrendo il loro contributo, è una cosa davvero speciale.”

Coach Darko Rajakovic

Da inizio marzo in poi i Toronto Raptors, una squadra fondamentalmente senza-core su cui focalizzarsi, ha ottenuto il 1° posto per Defensive Rating, posizionandosi anche in Top 5 per rimbalzi di squadra, assist e palle rubate. Questi numeri possono rendere fin troppo ottimisti, tendendo conto della solidità dei loro avversari, ma provano che le fondamenta sono molto più che reali. L’organizzazione sta dimostrando di saper scovare il talento ed ottenere giocatori con serie chance di poter proseguire la loro carriera in NBA, facendoli maturare nel corso degli anni – ed ottenendone benefici. Tutto ciò va ben oltre questo finale di stagione, in ogni caso. I Raptors sono al 2° posto in NBA per minuti concessi ai rookie nel corso dell’anno, dietro soltanto ai Washington Wizards. Tutti i giovani talenti a disposizione del roster canadese si trovano in cima alle principali caselle statistiche a loro riservate, nonostante non avessero il blasone di tanti altri freshmen in arrivo in NBA nella Stagione 2024/25. 

Perciò, per quanto si possa storcere o meno il naso di fronte a queste statistiche apparentemente frivole di fine stagione, e nonostante il crescente numero di squadre in fase di tanking in NBA, poche altre possono vantarsi di avere a disposizione un giocatore come Lawson, in grado di pareggiare il record per maggior numero di punti segnati da un two-way-player – risultato raggiunto a marzo -, o di avere in roster l’unico rookie ad aver messo a referto una tripla-doppia quest’anno, ovvero Jonathan Mogbo contro gli Hornets. Contro la franchigia della North Carolina i Raptors hanno messo sul parquet un quintetto di giocatori esclusivamente undrafted, avendo la meglio per il tempo in cui sono rimasti in campo. Ma se le statistiche di fine stagione avessero davvero poco valore, allora quale sarebbe quello delle situazioni momentanee? Ad esempio come quando Ja’Kobe Walter ha sfidato la tradizionale saggezza dimostrata dalla franchigia mettendo dentro un game-winner da oltre l’arco contro gli Orlando Magic. O quando Jamal Shead ha quasi ripetuto quell’impresa contro Washington, se solo quel gancio avesse abbandonato la punta delle sue dita qualche istante prima. Non ci sono stati altri rookie in grado di prendersi tali responsabilità o realizzare certe conclusioni quest’anno.

 

La franchigia ha chiaramente anteposto lo sviluppo e la crescita dei giovani alla vittoria approcciandosi a questa stagione. Tanto che è stato affermato chiaro e tondo dal loro centro titolare durante il Media Day. Comunque, è molto più semplice per Poeltl, nel bel mezzo di un accordo quadriennale da $80 milioni, poter fare certe esternazioni, conscio del proprio status e sicurezza salariale. Invece, veder affermare la stessa cosa dai membri numero 11, 12 e 13 del roster, ma con altrettanta fiducia ed entusiasmo nel progetto, è l’estrema dimostrazione della culture e delle fondamenta costruite da Coach Darko Rajakovic e dal Front Office. E gran parte di ciò si basa sulla forza del gruppo, almeno stando alle parole di Rhoden. “Penso che la cosa che passa più inosservata sia il fatto che siano in grado di scovare giovani talenti, ma molto dipende anche dal carattere di queste persone,” ha affermato il venticinquenne quando gli è stato chiesto riguardo all’abilità della squadra di far maturare i giovani talenti. 

“Molte volte la gente non capisce quanto questo sia correlato alla vittoria, il carattere che comporta, e quanto esso sia contagioso quando si scende in campo.”

Jared Rhoden

Rhoden, che finora ha annoverato altre 4 esperienze con altrettante franchigie NBA nel corso della sua carriera da professionista, si è anche assicurato di sottolineare quanto il rapporto con i compagni di squadra sia completamente diverso da quello avuto negli altri roster. A prescindere da Conga Lines e rituali pre-partita.

L’Head Coach dei Raptors 905, Drew Jones, che insieme al suo staff è stato fondamentale nello sviluppo di molti di questi giovani talenti, ha fatto eco a queste dichiarazioni quando gli è stato chiesto lo stesso dalla stampa. Partendo dai suoi 4 pilastri fondamentali per costruire una team culture: cura, connessione, carattere e competizione. “Il nostro lavoro sta nel contribuire a costruire il loro talento,” ha spiegato Jones.

“Prepariamo tutti come se dovessero avere presto la loro chance con i Raptors, e penso si sia visto già con Colin [Castleton, ndr], Rhoden, Lawson e tutti quei ragazzi che hanno avuto una chance, e che si sono dimostrati pronti.”

“Questo è il motivo per cui facciamo tutto ciò.. Giochiamo una piccola parte nello sviluppo e nel successo dei giocatori. Perciò, ogni volta che vediamo i frutti del nostro lavoro è una gran bella sensazione.”

Coach Drew Jones

Quindi, mentre i Toronto Raptors peroravano la causa del loro tanking mettendo in mostra una combo di rookie e giocatori ai margini della NBA in grado, però, di rendere molto più di quanto previsto, sono anche riusciti a conferire un senso di sollievo dovuto al fatto che, nel momento in cui si dovrà voltare pagina e prendere decisioni importanti, la franchigia saprà su chi puntare. Si tratta di un fattore fondamentale per una squadra il cui recente successo è partito proprio da questo: lo sviluppo interno, non basato sui migliori talenti in circolazione, è stato il cardine principale della scorsa decade di successi e competitività nella Eastern Conference dei Raptors, come sottolineato anche da Rhoden.

“Pensando ai Raptors, hanno avuto un enorme successo nel trovare quei giovani talenti non dotati di enorme blasone.”

“Pascal Siakam, Fred VanVleet, entrambi hanno vinto un Titolo con i 905, per poi vincere il Titolo NBA solo due anni dopo. Per me è la prova, il testamento di ciò che la franchigia è riuscita a creare.”

Jared Rhoden

Ed anche se finora i Raptors non sono stati in grado di replicare quel periodo di fasti generati dalla crescita dei giocatori ottenuti dal Draft, almeno fino alla Rookie class 2024, si può dire che i dubbi avuti sulle mosse messe in atto nel post-Titolo NBA sono stati fin troppo esagerati. Tra i giocatori in quintetto, 8 su 12 sono stati second-rounders, di cui 6 scelti dopo la pick #45. Spesso i giocatori scelti a quel punto non riescono a proseguire la loro carriera in NBA. Delle 4 pick al First Round avute finora, l’unico vero rimpianto è rappresentato da Malachi Flynn, giunto al relativamente basso costo di una #29 scelta al Draft 2020

FOTO: Raptors Republic

Nell’affermare ciò, comunque, bisogna sottolineare il valore aggiunto che costituirebbe una Top 5. Ma se ciò non dovesse accadere, il percorso dei Raptors per poter essere competitivi in vista della prossima stagione non sarà spazzato via o deviato. Aggiungere in roster un giocatore nel range della 7° o 11° pick – la peggiore delle ipotesi per i canadesi -, visti i precedenti della franchigia ed il suo desiderio di tornare alle proprie origini, potrebbe comunque rappresentare un boost e fare la differenza. Potrebbe non essere IL pezzo mancante, ma uno in grado di integrarsi alla perfezione nel puzzle dei Raptors. Quanto meno, l’ultima parola spetta al Player Development Staff dei Toronto Raptors. Fino ad allora, se i Raptors non dovessero ottenere una star nel prossimo Draft, almeno i mesi di marzo ed aprile di quest’anno avranno potuto suggerire l’idea di averne già qualcuna a disposizione, attualmente seduta in panchina.