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A poco meno di 3 minuti dalla fine del terzo quarto della sfida contro i Clippers, Stephen Curry è uscito dal campo claudicante dopo un infortunio alla caviglia sinistra, l’ennesimo della sua pur longeva carriera. Dopo aver lavorato con una fascia al classico “rinforzo” della zona post-distorsione, ha provato a rientrare in campo nel quarto periodo, salvo uscire dopo soli 13 secondi definitivamente. La sconfitta dei Golden State Warriors è passata immediatamente in secondo piano e tutte le attenzioni si sono spostate sulla severità dell’infortunio, nel tentativo di capire se la superstar dei Dubs possa trovarsi costretta a saltare svariate partite dopo un buon inizio di stagione dei suoi. Quel che arriva dalla conferenza stampa di coach Steve Kerr è abbastanza rassicurante, ci sarà una risonanza magnetica da attendere ma l’entità dell’infortunio è stata subito definita “lieve o moderata”, traducendo alla lettera. Il che è la parte davvero importante. Trattandosi di una distorsione “laterale” alla caviglia sinistra, le problematicità iniziano da un infortunio severo di Grado 2 o superiore, stabilito in base al numero e al tipo di legamenti coinvolti, evenienza che parrebbe essere stata prevenuto dalle cavigliere apposite. Già lo scorso anno, Curry ha avuto un problema simile alla caviglia destra nel mese di marzo, perdendo solo 3 partite, dunque un periodo di 1 o 2 settimane. Questo ovviamente confidando nelle parole di Kerr che non si tratti di nulla di grave; qualora non fosse così, una distorsione severa di Grado 2 o superiore richiederebbe almeno un mese di stop. Queste, grossomodo, le opzioni in attesa della risonanza.