I Thunder sono battibili, ma per avere una chance i Nuggets devono essere più aggressivi

Questo contenuto è tratto da un articolo di Troy Renck per The Denver Post, tradotto in italiano da Emil Cambiganu per Around the Game.
Loud City non è Fraud City.
Mercoledì notte ogni giocatore dei Thunder ha messo a segno almeno un canestro.
«Ci hanno asfaltati», ha ammesso l’allenatore dei Nuggets, David Adelman, dopo la batosta per 149-106. «Non possiamo semplicemente buttarla via. Dobbiamo migliorare.»
Se la prima partita della serie era stata un referendum sull’inesperienza dei Thunder, Gara 2 è stata la conferma del loro valore stagionale. Oklahoma City ha stelle di prima grandezza e una panchina più profonda di un romanzo di Tolstoj.
Questa è una squadra di sfarzo spettacolare. Ma allora perché, nonostante la loro eccellenza ormai dimostrata, risultano così insopportabili?
Correndo verso quota 87 punti nel primo tempo – record assoluto nei Playoff – i Thunder sono diventati sempre più fastidiosi. Sembrava più WWE travestita da NBA. E diciamolo chiaramente: Gara 3 sarà molto simile a quella di mercoledì se i Nuggets non mettono il paradenti e non si allacciano bene i guantoni.
Questa serie si vincerà sul ring, non sul parquet. I Thunder non cambieranno atteggiamento. I giocatori di OKC ci sguazzano in tutto questo, come maiali nel fango.
Lu Dort ha trasformato l’area pitturata in un match da gabbia. Isaiah Hartenstein ha battibeccato con un assistente dei Nuggets – e quando non si lamenta? – beccandosi un fallo tecnico. Alex Caruso è stato alle caviglie di Nikola Jokic come un chihuahua dopo due espressi.
Perfino Rumble, la mascotte, sembrava Teen Wolf dopato.
«Questi sono i Playoff», ha detto Michael Porter Jr, che mantiene la testa alta, ma che con la spalla sinistra malconcia è diventato un peso per la squadra. «Dobbiamo essere noi gli enforcer. E abbiamo fatto un pessimo lavoro.»
Diciamolo: i Thunder sono fottutamente forti. Hanno messo i Nuggets alle corde. E si sono rifiutati di fare un passo indietro, anche quando erano in netto vantaggio. L’allenatore Mark Daigneault ha chiesto e vinto un challenge su un fallo quando erano avanti 104-69, con 5:17 da giocare nel terzo quarto.
Sulla carta sembrava un gesto per difendere i suoi giocatori, ma nella realtà assomigliava più a strofinare il muso degli avversari nel tappeto.
Difficile biasimarli. Ma è anche legittimo detestarli.
Molte squadre fanno le dure. Ma OKC sta lanciando così tanti colpi in così tante direzioni che sorprende non abbiano ancora colpito un usciere o lo speaker.
Jokic ha minimizzato la fisicità dopo essere stato espulso per falli nel terzo quarto, per la prima volta in carriera. Aaron Gordon invece non ha fatto altrettanto.
«Chiamano sempre il secondo fallo. Stanno facendo fallo su Joker per primi. Sai che Jok reagisce e spesso è il secondo che beccano», ha detto Gordon. «Ma stanno facendo fallo su di lui. Punto.»
In casa i Nuggets devono riprendere a combattere
C’è una verità amara in ogni disfatta. Se non ti piace, fermala. E i Nuggets non ci sono riusciti. Sono stati umiliati, messi sotto e travolti. E questo solo nei primi nove minuti del primo quarto. Erano già sotto 36-13, tra palle perse, triple lasciate aperte e troppo Shai Gilgeous-Alexander. L’impegno è stato discutibile. L’esecuzione disastrosa.
Sembrava quasi che sapessero di aver già ottenuto un pareggio e non vedessero l’ora di filarsela verso l’uscita più vicina.
La batosta ha lasciato domande pesanti: c’è qualcun altro nei Nuggets, oltre a Jokic e Russell Westbrook, in grado di reggere la forza bruta di Oklahoma nei prossimi incontri? La risposta è un incerto «forse».
MPJ tornerà mai a segnare canestri decisivi?
MPJ ha tirato 3 su 18 dal campo in questa serie e 2 su 11 da tre punti, cifre che fanno pensare a una panchina obbligata o addirittura a un forfait per recuperare in vista di Gara 4. È l’equivalente di un battitore designato nel baseball: se non mette triple, non serve a nulla. E nessuno sta raccogliendo il testimone. Christian Braun ha fatto 2 su 8 da oltre l’arco. La panchina di Denver è Westbrook e degli ologrammi, salvo qualche lampo di Peyton Watson.
E infine, cosa pensava Adelman a tenere i titolari in campo quando erano sotto di 38 punti pochi possessi dopo l’intervallo? Jokic è uscito per falli a 1:17 dalla fine del terzo quarto. Adelman ha sorriso, una risposta sarcastica a un arbitraggio discutibile, ma avrebbe dovuto togliere il tre volte MVP molto prima di quella carica.
«Mi sembrava che quei ragazzi volessero tornare in campo. Avevano bisogno di ritrovare ritmo», ha detto Adelman. «… Credo pensassero che stessimo cercando di incasinare la partita, ma non era così.»
Era già spazzatura a quel punto.
Quindi, fate pure un segno col pennarello sui Nuggets se siete assolutamente certi che i Thunder abbiano traumatizzato Jokic e compagni al punto da mandarli in posizione fetale con la loro aggressività e immenso talento.
Ora si può anche argomentare così, dopo che Denver ha fatto da sacco da boxe.
Ma non è ancora convincente. La serie è ancora aperta. E finché i Thunder non vinceranno a Denver, i titoli di coda non partiranno.
I Nuggets hanno saputo reagire dopo aver preso una batosta in Gara 3 a Los Angeles nel primo turno. Si sono guadagnati il beneficio del dubbio.
Sono stati rimbrottati e presi a pugni. Devono fare aggiustamenti, mordersi la lingua e tornare alle basi. Niente più fasi di studio. Alla campanella d’apertura, devono essere pronti a combattere.
Perché se non lo faranno, si meriteranno tutto quello che arriverà.
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