Il motore barbuto che ha spinto i Clippers per tutta la stagione è ora il problema più grande di Denver

Questo contenuto è tratto da un articolo di Mirjam Swanson per Los Angeles Daily News, tradotto in italiano da Emil Cambiganu per Around the Game.


James Harden si sta divertendo.

Il veterano NBA al suo sedicesimo anno era sui social giovedì mattina, incoraggiando il pubblico di casa – “Quante volte capita di vivere una prima volta? Andiamo!” – in vista del debutto vincente ai Playoff all’Intuit Dome, una travolgente vittoria per 117-83 sui Denver Nuggets che ha portato i Clippers in vantaggio 2-1 nella serie.

Poi è sceso in campo, controllando il gioco come un maestro, un sistema a sé stante, suonando quasi ogni nota alla perfezione. Ha spinto i Clippers a tutta velocità nel primo tempo, segnando tutti i suoi 20 punti con nove tiri, distribuendo quattro assist e senza perdere un singolo pallone. Ha chiuso con un +25, il migliore della squadra nel tabellino, lucido, un vero spettacolo da maestro.

Successivamente, mentre gli veniva chiesto di spiegare cosa rende così efficace la coppia di allenatori dei Clippers, Tyronn Lue e Jeff Van Gundy, ha risposto con tono serio: “Non si pestano i piedi a vicenda, sono come yin e yang; letteralmente gli Yin Yang Twins” – un riferimento al duo rap che aveva animato l’intervallo della partita.

Questo è l’Harden le cui esperienze precedenti con altre squadre spesso sono finite male e i cui fallimenti nei Playoff sono stati discussi all’infinito – come, ad esempio, nelle finali della Western Conference contro i Golden State Warriors stellari nel 2015, quando diede ai Rockets solo 14 punti con 11 tiri e 12 palle perse, o nel 2023, quando dopo una prestazione mostruosa da 45 punti si fermò a soli 12 punti in Gara 7 contro i Boston Celtics nel secondo turno con i Philadelphia 76ers. Come se un giocatore che ha partecipato a 169 partite di Playoff in carriera non potesse avere qualche serata storta, come se non avesse anche disputato 11 partite di post-season da 40 o più punti e 30 con almeno 10 assist.

È un giocatore che non teme la controversia, le cui tattiche e strategie di fuga hanno infastidito persino il cronista di Dallas Brian Dameris – anche se Harden non ha mai giocato nei Mavericks – tanto da spingerlo a una sfuriata di due minuti nel 2023 dopo che i Clippers lo avevano acquistato. Dameris concluse dicendo: “James, tu non sei il Barba, non sei il sistema, sei il problema.”

Solo che ora è il problema di Denver. E la soluzione a quasi tutto per i Clippers.

È il 35enne ex stella della Artesia High School che quest’anno ha totalizzato 1.802 minuti in campo, il decimo più alto in NBA. Il veterano che ha l’autorità di rivolgersi ai compagni di squadra come Ivica Zubac nell’intervallo, quando il centro aveva sì 8 punti, ma aveva anche sprecato due o tre occasioni sotto canestro. E di dirgli: “Schiaccia! Concludi quelle azioni!” Un messaggio recepito bene, visto che Zubac ha poi tirato con un più aggressivo 4 su 5 nel secondo tempo, segnando altri 11 punti.

E poi di guidarli, ricordando ai compagni: “Abbiamo una grande Gara 4 davanti a noi, è la prima volta che affrontiamo una post-season insieme, ma finché continueremo a comunicare e a sostenerci a vicenda, le cose andranno bene”

Harden c’è già stato, ha già vissuto tutto questo – ma non ha mai vinto il titolo. Tre volte miglior marcatore della lega e MVP, ha giocato le Finals una sola volta, nel 2012, con gli Oklahoma City Thunder.

Ma ora che è qui, il motore barbuto che ha fatto andare avanti i Clippers per tutta la stagione, sembra davvero credere nelle sue possibilità.

Perché sembra davvero che, per Harden, questa squadra sia un sogno.

Quando pensi a una squadra NBA, è questo che immagini. Sono stato in diverse squadre e… questa è una delle più fighe, nel senso che tutti capiscono chi sono, accettano il loro ruolo e scendono in campo a competere. E si proteggono a vicenda. Sapendo: ‘Questo è il tuo punto di forza, questo è il tuo punto di forza, questa è la tua debolezza, ma possiamo coprirla.’ Ce lo diciamo tutti, ed è questo che rende questa squadra così speciale… Questi ragazzi sanno che la palla prima o poi arriverà a loro.

Largamente grazie al fatto che Harden gliela fa arrivare.

“Il mio lavoro è facile,” ha detto l’undici volte All-Star in carriera, che quest’anno ha mantenuto una media di 8,7 assist e ha segnato 50 punti in una vittoria contro Detroit a marzo, oltre a una grande prova da 39 punti contro Golden State nell’ultima partita di stagione regolare, aiutando i Clippers a evitare il Play-In Tournament.

Posso segnare, ma sono anche un facilitatore. Capisco quando i ragazzi sono in ritmo e quando invece è il momento che mi imponga. Questa è la parte bella, sto gestendo lo spettacolo ma capisco anche che magari stasera è Zu che sta andando bene, o Norm (Powell), o ’Whi (Kawhi Leonard). E sono abbastanza tranquillo da sapere che se quei ragazzi sono in serata, posso facilitare e migliorare tutti gli altri.

Poi si è allontanato dal podio, pronto a iniziare subito la preparazione per Gara 4 – impaziente di affrontare il suo secondo match casalingo di Playoff sabato all’Intuit Dome – e ha lanciato una richiesta ai tifosi dei Clippers, che secondo lui erano più rumorosi che mai giovedì: “Ce lo aspettavamo,” ha detto. “Ma per Gara 4, vogliamo ancora più rumore.”