La prima edizione del nuovo campionato invernale creato dalle giocatrici della WNBA è appena finita. Com’è andata?

Sembrava tutto apparecchiato per il trionfo di Napheesa Collier e le sue Lunar Owls, rispettivamente MVP del torneo e migliore squadra della regular season. Poi, ai playoffs, la sorpresa: le Vinyl di Dearica Hamby e Rhine Howard hanno eliminato le favorite al titolo, con una rimonta insperata nel quarto periodo. In finale, però, non è andata allo stesso modo. Le Rose di una incontenibile Chelsea Gray – MVP delle Finals, dopo aver trascinato la propria squadra segnando 39 punti in semifinale contro le Laces – hanno portato a casa il primo trofeo di Unrivaled.
Ma che cos’è Unrivaled?
È probabile che molti non sappiano di cosa stiamo parlando. Si tratta di una nuova competizione di basket 3×3 creata dalle giocatrici della WNBA, iniziata a gennaio e conclusasi il 17 marzo, il giorno di San Patrizio. È stata fondata da Napheesa Collier e Breanna Stewart, attualmente due delle giocatrici più forti che a ottobre si sono sfidate punto a punto per l’anello WNBA, vinto poi dalle New York Liberty di Stewie.
Dal momento che il campionato professionistico femminile americano ha una durata relativamente breve (la regular season va da maggio a settembre, e i playoff si chiudono nella seconda metà di ottobre), i restanti mesi dell’anno rappresentano da sempre un tema spinoso per le giocatrici. Per la maggior parte di loro, decidere di andare a giocare in Europa, in Cina o in Australia non è una possibilità, ma una necessità economica. Questo, però, comporta esporsi a molti rischi, soprattutto dal punto di vista fisico, oltre a costringere le giocatrici a vivere diversi mesi lontane da casa e ad avere in questo modo un anno interamente da dedicare al basket quasi senza sosta.
Un esempio delle problematiche di giocare l’offseason oltreoceano è quello di Nika Mühl, guardia croata al primo anno di WNBA con le Seattle Storm. Subito dopo aver perso i playoffs, è stata scelta dal Besiktas per giocare il campionato turco e l’Euro Cup. Ma, a pochi giorni dal suo esordio contro il Geas di Sesto San Giovanni, ha subìto una lesione al menisco che ha interrotto sul nascere la sua stagione europea.
È così che Stewart e Collier hanno deciso di fondare Unrivaled, una mini competizione 3×3 gestita direttamente dalle giocatrici per evitare di fare logoranti stagioni oltreoceano. Nel corso dei mesi, diverse giocatrici si sono aggregate, come Angel Reese, Lexie Hull, Kayla McBride, Sabrina Ionescu. Sono state create 6 squadre (Lunar Owls, Rose, Mist, Phantom, Laces, Vinyl) che si sono sfidate tra loro per poi qualificarsi alle Final Four e quindi alla finale.
Unrivaled non ha avuto un grandissimo successo in termini di spettatori. La finale ha avuto una media di 364mila, un incremento del 99% rispetto alla media delle partite di regular season, che non sarebbe così male se non fosse che non si sfiorano nemmeno le cifre della WNBA. Ci sono diversi motivi abbastanza chiari per questi numeri abbastanza modesti. Per esempio, la creazione dal nulla di squadre senza alcun legame con le città. I sei team hanno nomi generici, anche suggestivi, ma è difficile che i tifosi si affezionino a qualcosa creato da un giorno all’altro, perlomeno all’inizio. C’entra anche l’assenza di due tra le giocatrici più forti e popolari in questo momento: A’ja Wilson e Caitlin Clark, che per motivi diversi hanno deciso di trascorrere l’offseason lontano dalla pallacanestro.
Ciò detto, Unrivaled ha portato comunque alcune novità interessanti per il mondo del basket, e non sarebbe inusuale se alcune di queste venissero riproposte in altri contesti. Un esempio: a metà stagione, il campionato prevede un torneo 1×1 a eliminazione diretta. Quest’anno l’ha vinto, senza grandi sorprese, Napheesa Collier, ed è stato piuttosto divertente. Anche alcuni giocatori (o ex) di NBA si sono espressi favorevolmente, e non stupirebbe vedere una cosa simile ai prossimi All-Star Game, ai minimi storici in termini di interesse nel pubblico.
Un’altra cosa molto efficace per l’intrattenimento è il cosiddetto Elam Ending. I primi tre quarti, infatti, durano 7 minuti, mentre l’ultimo non ha durata: viene stabilito un punteggio da raggiungere (ovvero 11 punti in più del punteggio della squadra che chiude in vantaggio il terzo periodo), che garantisce la chiusura della partita con un game-winning shot. Se, da un lato, è difficile creare interesse e passione attorno a una lega creata dal nulla, il vantaggio è che si può lasciare spazio alla creatività e alla sperimentazione. E per il momento è l’aspetto più positivo di Unrivaled.
Non sappiamo quale sarà il futuro di questa competizione. In parte dipenderà da cosa decideranno di fare le altre giocatrici, da Clark e Wilson in giù. Per il momento sono ancora tante le giocatrici della WNBA che scelgono di giocare in Turchia, in Spagna, o in Cina durante i mesi invernali, ma se Unrivaled volesse provare a ingrandirsi, potrebbe rappresentare una possibilità per tante atlete e per il basket femminile in generale.