FOTO: Sporting News

Alla veneranda età di 36 anni (37 a marzo), Stephen Curry è ancora fra i migliori giocatori NBA nel proprio ruolo. Certo, un atteso passo indietro c’è stato, come dimostrano la peggior percentuale dal campo in carriera (43.4%) e la produzione più bassa dalla stagione 2013/14 (35.2 punti proiettati su 100 possessi), ma si tratta comunque di un rendimento riservato solo ai primi 15/20 giocatori della Lega, a dimostrazione di quali siano gli standard per la leggenda dei Golden State Warriors. Proprio per queste ragioni, essendo consapevoli che possa ancora essere fra i leader di una squadra Playoffs, Joe Lacob e soci hanno deciso di puntare su qualunque stella alla trade deadline, uscendone alla fine con Jimmy Butler. Nelle quattro partite giocate con l’ex Miami Heat, Curry sembra essersi rimesso in carreggiata, girando a 31 punti di media con un ineguagliabile 39.7% su 14.5 triple tentate a partita. E soprattutto sono arrivate 3 vittorie – che fanno morale e sono utili per la classifica, al netto del valore delle rose avversarie, poco competitive o con assenze pesanti – valide per la 10° posizione nella Western Conference a parimerito con i Kings, appena dentro la zona Play-In. Partecipare ai Playoffs è l’obiettivo principale di questo nucleo e per Stephen Curry, che proprio di recente ha spiegato quanto sia importante per lui chiudere la carriera in un contesto “competitivo”, aggettivo sul quale ha posto enfasi nella sua intervista su The San Francisco Standard:

“Ho visto scenari diversi. Tutti parlano di Kobe Bryant e dei suoi ultimi anni. Dal mio punto di vista, lo paragono ai giocatori che hanno giocato per una sola franchigia. Dirk [Nowitzki], Tim [Duncan], Kobe, della nostra epoca. … Non si vuole essere nella situazione in cui si sono trovati i Lakers negli ultimi tre anni [con Bryant]. So che veniva dall’infortunio all’Achille, ma erano una squadra da lottery, e si trattava più che altro di capire quanti punti potesse segnare Kobe nel corso della sua carriera. Non voglio trovarmi in quello scenario.”

“Il mio pensiero è che bisogna essere realistici. Probabilmente non c’è una mossa o uno scenario in cui entrerai in una stagione o in una serie di Playoffs come favorito assoluto. C’è un sacco di talento in tutta la Lega. Ma essere competitivi, avere una possibilità, è quello che vogliamo. Sono sicuro che è quello che vogliono vedere i nostri tifosi. Giocare partite importanti, a prescindere da come finirà. Penso che sia quello che ci meritiamo, e spero che sia la realtà che potrò vivere in quest’ultima parte della mia carriera.”

– FONTE: The San Francisco Standard

Quello che intende Curry quando fa il confronto con Bryant, è che i Lakers nelle ultime due stagioni prima del ritiro di Kobe hanno vinto solo 38 partite in totale, viaggiando sempre nei bassifondi della Lega. L’opposto di ciò che desidera Steph, desideroso, se non di vincere un titolo, di giocarsela ai Playoffs. E di farlo ancora con i Golden State Warriors: “[Il riscatto dopo un periodo buio] è il motivo per cui personalmente voglio giocare per una sola franchigia e ne ho fatto un obiettivo, e per cui tutte le mie azioni sono orientate verso questo obiettivo”. Ma è già il momento di pensarci? A quanto pare, la storia di Steph non sembra ancora essere giunta al termine, tanto che conta di essere l’ultimo membro della dinastia a ritirarsi:

“Non sono ancora all’addio. Fa parte del tempo. Se stai lottando contro la natura umana o contro l’inevitabile, allora… non credo che tu stia gestendo la cosa nel modo giusto. Perché è necessario avere un po’ di paura di ciò che sta arrivando, di come potrebbe essere la fine, per informare riguardo alle decisioni che si stanno prendendo ora e apprezzare ciò che sta accadendo in questo momento.”

– FONTE: The San Francisco Standard