3-2 Bucks, ora sono Chris Paul e i Phoenix Suns a essere spalle al muro: in quali aspetti devono migliorare per sopravvivere all’elimination game a Milwaukee?


FOTO: NBA.com

Poco più di una settimana dopo il 2-0 a favore dei Phoenix Suns, questi ultimi arrivano nel Wisconsin per giocare un elimination game, dopo tre sconfitte consecutive subite dai Milwaukee Bucks.

Le débâcle di Gara 4 e 5 hanno infatti condannato la squadra di coach Monty Williams a dover vincere in trasferta per rimanere in corsa per il titolo. Con lo scenario tattico già fortemente delineato, mai come in questo momento saranno i dettagli, l’intensità e, soprattutto, il mindset a fare la differenza.


“Non ci possiamo permettere pause, questa è stata la differenza.” DeAndre Ayton, post-game 5 media avalaibility via Around the Game

Le ragioni della rimonta dei Bucks

Nelle ultime tre partite, i Bucks si sono dimostrati semplicemente più forti degli avversari.

Dopo le prime due disfatte, la squadra di coach Mike Budenholzer ha fatto ciò che doveva fare per portare le NBA Finals dalla propria parte: minimizzare i problemi causati dai propri difetti, massimizzare i vantaggi generati dalle proprie forze.

Sapendo di non poter vincere solo con la difesa (come invece hanno potuto fare in passato) i Bucks hanno dato il loro meglio nell’altra metà campo, trascinati da un super Giannis: ottimi tiri creati, dominio del pitturato, numerosi rimbalzi offensivi, migliori nel “frugare nella spazzatura della partita”.

Portando il gioco nei loro ranghi, sono 352 i punti segnati tra Gara 3 e 5.

Questi pregi ti portano a vincere anche nelle serate storte, aspetto fondamentale ai Playoffs. Qui sotto, un dato da Gara 4:

Dopo una Gara 4 in cui hanno underperformato al tiro e vinto, nel pivotal game di Phoenix i Bucks hanno messo in scena la performance offensiva che aspettavano da anni:

  • 123 punti segnati
  • Giannis Antetokounmpo: 32 punti, 14/23 dal campo (61%)
  • Khris Middleton: 29 punti, 12/23 dal campo (52%)
  • Jrue Holiday: 27 punti, 12/20 dal campo (60%)
  • Pat Connaughton: 14 punti, 4/6 da 3 punti
  • 65.5% EFG%, contro il 46.4% di expected EFG%

La miglior prestazione, nel momento giusto. Così i Bucks si sono messi nella condizione di essere a un passo dal coronamento del loro sogno, davanti ai loro tifosi.

Ma c’è ancora margine di speranza per i Suns, che hanno sì perso le ultime due, ma per una manciata di punti. Ecco i tre ritocchi necessari per sperare ancora.

1 – Limitare gli “altri”

Ormai sembra chiaro: limitare Antetokounmpo non è possibile. I suoi 32 punti e quasi 6 assist di media con il 63.4% di True Shooting% lo introducono di diritto nell’Olimpo della pallacanestro.

L’unica risposta possibile al greco è Deandre Ayton, che l’ha tenuto al 43.8% dal campo fin qui.

Se non è marcato dal bahamense, Giannis fa sostanzialmente quello che vuole. Ad esempio, tira con il 69% dal campo marcato da Jae Crowder.

Quello che i Phoenix Suns non possono permettersi sono 70 punti combinati di Jrue Holiday, Khris Middleton e Pat Connaughton, come accaduto nel quinto capitolo della serie.

Soprattutto contro Holiday, la scelta difensiva sui pick&roll è spesso risultata troppo conservativa:

Ora Monty Williams si trova davanti a un vero e proprio bivio: continuare a scommettere sulle percentuali di un giocatore che sta tirando con un mediocre 47% di TS% in queste Finals sarebbe la scelta più logica e giusta nel lungo termine, ma in un elimination game un’altra prestazione offensiva del genere da parte dell’ex Pelicans potrebbe essere insostenibile.

Per quanto riguarda Middleton, sappiamo quanto la sua efficienza dipenda quasi esclusivamente da lui, con una shot selection che normalmente sarebbe considerata deleteria. Su di lui, da Gara 3 in poi, i Suns hanno alternato drop coverage (più o meno profonda, che fa tutta la differenza del mondo) ad una difesa trap, con risultati altalenanti. La drop coverage è stata fatale alla finalista dell’Ovest nel finale di Gara 4.

La trap ha avuto risultati altalenanti: Middleton, con la sua taglia, non ha certo problemi a liberarsi del pallone, ma l’efficacia della strategia dipende da chi è il rollante e da chi è il ricevitore del suo passaggio in uscita dal raddoppio. Se Williams volesse implementare questa soluzione in Gara 6, vanno perfezionate le scelte, i tempi e la rotazione.

Middleton viene da due prestazioni impeccabili, e se la sua storia insegna qualcosa, la possibilità che tiri male in Gara 6 è tangibile: anche in questo caso, però, quando sei a un passo dall’eliminazione devi minimizzare i rischi.

La soluzione più logica in vista di stasera sembra quella di evitare la trap su Middleton, se non in determinate situazioni, magari riportandolo indietro con un rapido blitz o un hard-show, in modo da permettere a difensori come Mikal Bridges di passare sui blocchi. Anche questo, però, porta con sé un certo margine di rischio, e l’alternativa meno audace, ma più sicura, potrebbe essere quella di far fare un passo avanti ad Ayton sulla drop coverage, magari con un semplice stunt&recover, in modo da non favorire Antetokounmpo con un mismatch contro qualcuno che non sia il Bahamense.

Per ultimo, Pat Connaughton sta tirando con il 50% dal perimetro nella serie, con 15 canestri su 30 tentativi, a dispetto del 37% stagionale. Di nuovo, non dipende dai Suns, ma potrebbero metterci una pezza, trattandolo qualche volta in più da tiratore d’élite.

2- The D-Book Paradox

Immaginate segnare 42 e 40 punti in due partite consecutive e perderle entrambe. Devin Booker c’è riuscito, entrando, sfortunatamente per lui, nella parte sbagliata della storia.

Ma tutto questo è un caso?

Quello di D-Book è un vero e proprio paradosso: questo suo segnare così tanto è inversamente proporzionale al rendimento della squadra, anche se non in termini numerici. Il lavoro svolto da Booker nel crearsi tiri è eccezionale, non si mette in dubbio, ma tende ad escludere i compagni a favore di un sistema eliocentrico, in un contesto che di eliocentrico non ha nulla.

D-Book è un ottimo giocatore di pick&roll, buon passatore e scorer d’élite, ma non è un creator tale da poter sorreggere un intero ambiente da fulcro centrale. Le sue doti off ball sono rinomate, e può sfruttare la propria gravity da scorer per costringere a raddoppi da attaccare con passaggi in angolo o tagli. Ma non può sostenere un sistema (e non è un mega-creator). Nonostante questo, individualmente, i numeri gli rendono giustizia.

Il sample size è piccolo, come riportato, ma il net rating è più che positivo. Quello che non va è, paradossalmente, il fatto che l’intero sistema, nei suoi minuti in campo, inizi a dipendere da lui.

Per chiarire la situazione in parole povere, quel che serve ad una squadra come Phoenix, senza uno star power troppo elevato ma con tanti giocatori di rotazione, è costante movimento di palla, condivisione e varietà nella distribuzione dei tiri. In questo, è necessario che sia Chris Paul a tenere le redini dell’attacco sul pick&roll, sfruttando la gravity di Ayton per attaccare la drop coverage come nelle prime partite, o costruendo giochi a tre che coinvolgano i movimenti off ball di Booker, come in uno Spain pick&roll.

Nel primo quarto, inoltre, Phoenix sembrava aver trovato anche il controllo della difesa-switch dei Bucks, forzando dei cambi favorevoli grazie al lavoro di Bridges da bloccante, con dei rapidi slip.

Tutto ciò aveva originato una mole enorme di buoni tiri nel primo quarto di Gara 5, con percentuali surreali (vedi punto 3) e parziali positivi.

Quel che ha bloccato Phoenix è stata semplice varianza: un paio di errori wide-open, una o due forzature di troppo senza Ayton e Booker, e un parziale negativo hanno generato insicurezze nei Suns, che hanno cercato punti facili dal giocatore che, più di chiunque altro in questa serie, è in grado di trovarne.

Come in una bilancia, se il peso grava maggiormente da un lato, l’altro ne paga le conseguenze generando uno squilibrio: così, Booker si è preso il 38.9% dei tiri totali di squadra, il 50% guardando solo al secondo tempo. La conseguenza è un calo nella distribuzione del trattamento di palla e degli assist potenziali, con un aumento vertiginoso degli isolamenti:

E’ così che una prestazione da 40 punti diventa deleteria per il resto della squadra, e spinge gli avversari a prendere scelte sostenibili, soprattutto se diminuiscono le chiamate di squadra a favore di un isolamento.

Milwuakee ha infatti tutto l’interesse nel giocarsi la single coverage contro l’ISO, viste le capacità di PJ Tucker, Jrue Holiday o Antetokounmpo (sui cambi). Quel che ne è venuto fuori, e l’unico risultato possibile, è un elevato numero di forzature, gioco monodimensionale, a larghi tratti prevedibile, e completa assenza di ritmo di squadra.

Ovviamente, il merito è anche dei Bucks, con un Holiday asfissiante nei confronti di Paul e che, in Gara 5, ha limitato bene Booker. A maggior ragione, però, il game plan del secondo tempo avrebbe meritato di essere rivisitato, soprattutto per non arrivare al terzo quarto con una sequenza di palle perse e airball.

La soluzione dovrà essere, come detto sopra, una maggior ricerca di giochi a più giocatori, possibilmente con una gestione del pick&roll da portatore da parte di Paul, capace di coinvolgere meglio gli esterni o il rollante, che non dovranno scoraggiarsi in caso di errori, ma continuare nella costruzione di buoni tiri, come sempre fatto nel corso dei Playoffs.

Ovviamente, ad un calo delle conclusioni di Booker, Monty Williams spera di integrare una maggiore presenza nella partita di CP3, condizioni fisiche permettendo (al di là dei meriti dei Bucks, che restano evidenti).

3 – Gestione dei momenti decisivi

Arrivati a questo punto di una serie così equilibrata, a tracciare il confine tra chi esce con le lacrime di gioia e chi con quelle di delusione sono spesso le piccole sfumature.

Alcune riguardano la gestione dei vantaggi, last but not least la rimonta subita dai Suns dopo il +16 raggiunto nel primo quarto di Gara 5, un vero unicum in questa stagione, soprattutto viste le percentuali.

Ad aver influito sono stati vari fattori, entrati in azione nel secondo quarto. Primo su tutti una normalizzazione nelle percentuali al tiro, passate dal 5/6 da tre punti (83.3%), con il 73.7% dal campo, del primo periodo ad un più umano 2/6 dalla lunga distanza (33.3%), con un disastroso 35.7% dal campo, del secondo.

In questo va dato merito ai Bucks, che hanno messo più intensità, ma anche ad una pessima shot selection, inusuale nella gestione di queste situazioni da parte delle squadra di Monty Williams. Alcuni tiri nei primi secondi hanno avuto un senso, considerata la tendenza ad alzare il pace di Phoenix quando la squadra è in ritmo, ma altri sono stati completamente scriteriati. Se a questo si aggiungono i problemi avuti contro gli skip pass in angolo, soprattutto con la difesa a zona 2-3 sul lato di Crowder, il 43 a 24 a favore dei Bucks nel secondo quarto non sembra del tutto ingiustificato.

Al di là di questo, comunque, tra tutte le sfumature, la gestione del dei momenti decisivi è sicuramente tra le più importanti.

Nei soli 7 minuti di clutch time (ultimi 5 minuti di partita, differenza di 5 o meno punti tra le due squadre) giocati finora, i Milwaukee Bucks registrano un Offensive Rating pari a 140.0, contro il 46.2 dei Phoenix Suns.

Quasi solo una curiosità, visto il campione ridotto, e per la verità CP3 e compagni hanno recuperato da uno svantaggio di -14 a 8 minuti dalla fine in Gara 5, ma è pur sempre una differenza importante.

Nelle ultime 10 Finals, la squadra con il miglior Offensive Rating nel clutch time ha vinto il titolo 9 volte (fanno eccezione solo i Los Angeles Lakers dell’anno scorso).

Più che il clutch time in generale, il vero rimpianto dei Suns riguarda i due possessi decisivi di Gara 4 e 5.

Per due volte consecutive hanno stretto fra le mani la chance di passare in vantaggio negli ultimi 30 secondi e, in entrambe le occasioni, il possesso si è tradotto in una palla persa.

Se sulla palla persa da un campione esperto come CP3 nel finale di Gara 4 ci avrebbero scommesso in pochissimi, su quella di Devin Booker qualche ragionamento si può fare.

E’ vero, col senno di poi siamo bravi tutti, ma la difesa dei Bucks era ben piazzata e dall’andamento dei precedenti minuti si poteva immaginare che Booker volesse prendersi quel tiro, a ogni costo. Forse, un timeout per rinfrescare corpo e mente e organizzare al meglio il possesso avrebbe potuto aiutare.

Sono solo dettagli, dietrologie, inezie in confronto a tutto quello di cui si era parlato finora. Ma se quei due possessi fossero andati diversamente, forse in questo momento i Suns sarebbero in attesa di ricevere l’anello.