Una delle principali notizie di questi primi giorni di Free Agency è senza ombra di dubbio la rivoluzione in casa Golden State Warriors, con il sofferto addio di una leggenda della franchigia come Klay Thompson, che ha deciso di lasciare non per soldi ma per il modo con cui è stato trattato dal front office.

La spaccatura, che non riguarda solamente lui, ha radici profonde, che risalgono addirittura all’estate del 2022.

Subito dopo il titolo vinto, il quarto del core storico composto da Curry, Thompson e Green, gli Warriors si sono trovati in una situazione salariale piuttosto scomoda, con delle decisioni pesanti da prendere. Klay aveva due anni rimasti nel suo contratto, Dray addirittura soltanto uno.


Tuttavia, a ricevere con prontezza nuovi accordi sono stati Jordan Poole e Andrew Wiggins, reduci da una run Playoffs sorprendente, con 128 milioni di dollari in 4 anni al primo e 109 milioni in 4 anni al secondo. Questa mossa, secondo quanto riportato da Ramona Shelburne di ESPN, avrebbe fin da subito indispettito sia Thompson che Green, che si sarebbero sentiti messi in secondo piano.

Green ha comunque firmato un nuovo contratto con i Dubs, ma non senza portare anche qualche problema di comportamento. Thompson, invece, è stato portato a scadenza e lasciato in sala d’attesa per settimane. Recentemente, il #11 si sarebbe “accontentato” di un biennale da 20 milioni, ottenendo risposta negativa dal front office, che ha preferito temporeggiare in attesa di sviluppi sul fronte Paul George.

Il divorzio tra le parti non è arrivato nel modo che ci saremmo aspettati, con la cerimonia del ritiro, ma come ormai ben sappiamo la NBA è prima di tutto un business.