FOTO: AZ Central

Questo contenuto è tratto da un articolo di John Voita per Bright Side Of The Sun, tradotto in italiano da Marco Barone per Around the Game.


A sole 24 partite dalla fine, i Phoenix Suns stanno tracciando un percorso mai visto prima nella storia dell’NBA: nessuna squadra ha mai speso così tanto per ottenere così poco. Non è solo sorprendente. È quasi impressionante per la sua inefficienza. Ogni mossa fatta è stata disfatta, dalla grande visione della costruzione del roster ai dettagli delle rotazioni, dello sviluppo dei giocatori e dell’esecuzione. Non si tratta di una formula perfetta, ma se la si scompone – il monte ingaggi della squadra diviso per il totale delle vittorie – si ottiene una metrica che fa riflettere: il costo di ogni vittoria. E non sorprende che nessuna squadra stia pagando un prezzo più alto per un rendimento così basso come i Phoenix Suns.

Le sette squadre che precedono i Suns in questo dato di “costo per vittoria” hanno un cap medio di 167 milioni di dollari. I Suns? Sono a 47 milioni di dollari in più. O, in termini cestistici, un “Bradley Beal e Bol Bol” in più. Per una squadra che sborsa oltre 214 milioni di dollari in stipendi, l’aspettativa non è solo quella di competere. Si tratta di dominare. Eppure, invece di lottare per la vetta della classifica, si ritrovano con un totale di vittorie che rispecchia squadre che spendono molto meno. Se confrontati con il resto della lega, i Suns non solo non ottengono risultati, ma sono anche una delle squadre meno efficienti nel trasformare i dollari in vittorie.

L’ultima volta che i Suns si sono fermati a 27-31 dopo 58 partite? Bisogna tornare indietro di 40 anni, alla stagione 1984-85. Un’altra epoca, un altro gioco e un panorama finanziario molto diverso. All’epoca, il monte ingaggi dei Suns – se si contano gli 11 giocatori elencati su Basketball-Reference – era di soli 3.8 milioni di dollari. Walter Davis era il giocatore più pagato, con 670.000 dollari, e Phoenix pagava circa 139.000 dollari per ogni vittoria in questa fase della stagione.

Arriviamo a oggi e i conti sono cambiati radicalmente. Il costo per vittoria dei Suns è salito alle stelle, in un territorio senza precedenti, a testimonianza di quanto denaro sia stato investito in un roster che non ha ancora dato risultati. Come sono cambiati i tempi. Dove andrà a finire Phoenix? Questa è la domanda che incombe, e la risposta non è esattamente chiara. Mat Ishbia sta camminando su una corda ben tesa, che potrebbe avere conseguenze durature sulla capacità dei Suns di competere. E per lui competere non è solo una preferenza, ma un’ossessione. Ma la sua visione per raggiungere questo obiettivo dovrà evolversi, perché buttare soldi sul problema non è la soluzione. La “sindrome del nuovo proprietario” ha preso piede nel momento in cui ha acquisito la squadra due anni fa, e ora il peso di quelle mosse aggressive potrebbe costringerlo a muoversi con maggiore cautela.

Il secondo apron non è solo un piccolo inconveniente, ma una trappola mortale finanziaria e strategica. Se i Suns resteranno al di sopra di essa oltre il 30 giugno, ultimo giorno della stagione corrente, la loro prima scelta del 2032 sarà congelata, resa non negoziabile. E poiché sarebbe la seconda volta in quattro anni che superano questa soglia, scatterebbe la Draft Pick Penalty, spingendo la scelta alla fine del primo turno. Vivere nel secondo apron non è sostenibile. È un’emorragia lenta, che potrebbe prosciugare la flessibilità futura dei Suns e costringerli a una spirale ancora più profonda. Ishbia voleva costruire una centrale elettrica, ora deve capire come evitare che crolli sotto il suo stesso peso. Le sanzioni per le spese eccessive sono pesanti e i Suns le stanno sentendo in tempo reale. Ma la cosa peggiore? Non c’è prospettiva. Non si tratta solo di ipotecare il futuro per il successo del presente, i Suns stanno fallendo ora e sono destinati a fallire in futuro.

Le prossime 24 partite sono un conto alla rovescia, non solo per la fine della stagione, ma anche per un bivio per questa franchigia. Il front office si trova di fronte a decisioni cruciali, che daranno forma alla traiettoria dei Suns. Man mano che ci avviciniamo all’estate, le speculazioni si intensificheranno, alla ricerca di risposte, di una strada da seguire, di speranza. E forse questo significherà un calo del numero di vittorie nei prossimi anni, mentre l’organizzazione si ricostruisce. Forse questo significa accettare il dolore a breve termine per costruire qualcosa di sostenibile. Va bene così. Quello che serve è la convinzione che ci sia una via d’uscita, un modo per tornare a competere davvero. Il momento di cambiare rotta non sta arrivando. È già qui.