
Questo contenuto è tratto da un articolo di Michael Petitto per The Lead, tradotto in italiano da Marco Barone per Around the Game.
Il 4 giugno 2023 i Phoenix Suns hanno preso una decisione che avrebbe riportato la franchigia indietro di anni.
Hanno scambiato per Bradley Beal.
In appena due anni, il “big three” composto da Kevin Durant, Devin Booker e Beal ha totalizzato una sola apparizione ai Playoff — nella quale i Minnesota Timberwolves hanno spazzato via Phoenix in quattro partite — e un prezzo esorbitante.
Il trend dell’NBA è cambiato ancora una volta: l’era dei Superteam è finita.
Oggi le squadre contano forse su due superstar e un buon gruppo di role player.
Ma non è sempre stato così. Per capire come siamo arrivati fin qui, è importante guardare indietro. Una parola chiave che ricorrerà spesso quando si analizzano le superteam del passato è “sacrificio”, qualcosa che i Suns semplicemente non sono riusciti a comprendere.
Boston Celtics 2007-2012
Ci furono tentativi di formare superteam anche prima dei Celtics. Basti pensare a Hakeem Olajuwon, Charles Barkley e Scottie Pippen a Houston, per esempio. Ma la vera era dei superteam iniziò nel 2007.
L’allora general manager dei Celtics, Danny Ainge, orchestrò una trade per affiancare una co-star a Paul Pierce, ottenendo la stella scontenta dei Seattle Supersonics, Ray Allen. Boston acquisì Allen da Seattle cedendo Delonte West, Wally Szczerbiak e la quinta scelta assoluta — che sarebbe poi diventata Jeff Green — ai Supersonics.
Poi Ainge fece il colpo dei colpi, scommettendo tutto per l’ex MVP della lega Kevin Garnett. Boston spedì Al Jefferson, Ryan Gomes, Sebastian Telfair, Gerald Green e Theo Ratliff ai Minnesota Timberwolves in cambio di Garnett.
Ma per far funzionare questo nuovo big three, ognuno dovette fare un sacrificio. Pierce e Garnett fecero un passo indietro in termini di punti segnati. Garnett si concentrò maggiormente sulla difesa, vincendo il premio di Difensore dell’Anno nel 2008 e diventando il perno della difesa dei Celtics per anni. Prima di approdare a Boston, Allen era un penetratore che spesso attaccava il ferro; con i Celtics, si limitò a un ruolo da tiratore sugli scarichi.
Il sacrificio fu ripagato, con i Celtics che migliorarono di 42 vittorie rispetto all’anno precedente. Il Big Three del 2007 concluse la stagione con un record di 66-16, arrivando fino alle Finals e battendo i rivali dei Los Angeles Lakers in sei partite.
Questo superteam vinse un solo titolo, ma un anello è pur sempre un anello. Furono vincenti perché il fit era quello giusto. Pierce continuava a guidare l’attacco, ma non come in passato. Garnett e Allen si concentrarono sui rispettivi punti di forza, culminando nel titolo numero 17 per Boston.
Miami Heat 2010-2014
Tutti sanno come è nata questo superteam, ma è sempre interessante ripercorrerlo.
L’8 luglio 2010, LeBron James annunciò la decisione di portare i suoi talenti a South Beach, unendosi a Dwyane Wade e Chris Bosh in quella che all’epoca fu considerato il superteam più talentuosa della storia dell’NBA.
James promise alla città di Miami non uno, non due, non tre… ma più di sette titoli, e anche se non andò così, l’era James-Wade-Bosh fu certamente un successo. Ma non fu sempre tutto rose e fiori.
Nel primo anno, James e Wade faticavano a coesistere sul parquet. Nonostante problemi di chimica, gli Heat arrivarono fino alle Finals, dove persero contro i Dallas Mavericks.
L’anno successivo fu tutta un’altra storia.
Wade fece un passo indietro per lasciare la guida a James, e i risultati si videro: due MVP consecutivi per il Re e due titoli di fila per i “Heatles”, perché le tre stelle avevano imparato a far funzionare il sistema.
Gli Heat arrivarono a quattro Finals consecutive con il loro big three, vincendone due anche grazie alla chimica perfetta e a un piccolo aiuto da parte del vecchio amico dei Celtics, Ray Allen, nel 2014.
Bosh seguì lo stesso percorso di Garnett a Boston, ma sacrificò ancora di più per il bene della squadra. Da prima opzione a Toronto, divenne la terza a Miami, concentrandosi quasi esclusivamente sulla difesa. In un roster che non offriva molto al di fuori delle tre stelle, quella difesa fu fondamentale. Miami non avrebbe vinto quei due titoli senza il sacrificio di Bosh.
Brooklyn Nets 2013
Questo superteam non è fallito per colpa dei giocatori — la responsabilità è dei dirigenti che pensarono potesse funzionare.
Sei anni dopo la famosa trade per Garnett, il front office dei Celtics comprese che la finestra per il titolo si stava chiudendo. Invece di lasciare che le leggende Pierce e Garnett terminassero la carriera a Boston, Danny Ainge decise che era ora di voltare pagina.
E i Nets bussarono alla porta, sperando di replicare il successo dei Celtics del 2008, puntando tutto su un quintetto titolare che avrebbe dominato… se fosse stato assemblato otto anni prima.
Boston spedì Pierce, Garnett e Jason Terry a Brooklyn in cambio di alcuni giocatori di ruolo e quattro prime scelte. Ricordiamo che due di quelle scelte diventarono Jayson Tatum e Jaylen Brown.
I Nets misero così insieme un Pierce 36enne, un Garnett 37enne, Joe Johnson (32 anni), Deron Williams (29) e un giovane Brook Lopez (25).
Questo superteam fallì non per mancanza di sacrificio — fallì perché le stelle non erano più tali. I numeri di Pierce crollarono da 18 punti di media a Boston a 13 a Brooklyn. Garnett passò da 15 a 6,5 punti a partita.
Giocarono una sola stagione insieme, chiudendo con un record di 44-38 e il sesto posto a Est. Dopo aver eliminato i giovani Raptors in sette gare, il premio fu affrontare i devastanti Heat. I Nets, vecchi e logori, furono spazzati via in cinque partite.
Dopo una sola stagione, la squadra si sfaldò e iniziò la ricostruzione senza capitali al draft. I Celtics ne approfittarono e oggi hanno non solo un titolo, ma anche due pilastri su cui costruire per il futuro.
Golden State Warriors 2017-2019
Cosa ottieni quando aggiungi uno dei cinque migliori giocatori della lega a una squadra da 73 vittorie? Una dinastia.
I Golden State Warriors hanno creato probabilmente il superteam più forte di sempre acquisendo Kevin Durant via free agency, affiancandolo a Stephen Curry, Klay Thompson e un cast di supporto d’élite.
Non servì nessun adattamento, il fit fu perfetto. A parte qualche problema di spogliatoio che portò poi Durant a trasferirsi a Brooklyn, fu un periodo senza intoppi a Golden State.
Tre Finals consecutive e due titoli dopo, si può dire con certezza che questo matrimonio fu un successo.
Brooklyn Nets 2021-2023
Sembra che i Nets non abbiano imparato nulla dal primo tentativo di superteam, perché puntarono di nuovo tutto su una formula destinata a fallire, fermandosi al massimo alle semifinali di conference.
Brooklyn si era ripresa dal disastro del 2013, aveva costruito una solida cultura e attirato giocatori interessanti.
Ma tutto ciò è stato distrutto quando i Nets decisero di fare all-in, acquisendo Kevin Durant, Kyrie Irving e infine James Harden, formando — almeno sulla carta — il miglior big three di sempre.
Ma Brooklyn ha lasciato che i giocatori gestissero tutto, e questo è stato fatale. Fu licenziato l’allenatore Kenny Atkinson, creatore della nuova cultura Nets, e assunto Steve Nash.
Durant spinse per ingaggiare il veterano DeAndre Jordan, che ha finito per togliere minuti al promettente Jarrett Allen.
La trade per Harden è stato il punto di non ritorno. O titolo o fallimento.
Brooklyn fece un bel percorso nel 2021, ma uscì in semifinale contro Milwaukee. La storia sarebbe potuta cambiare se Durant avesse avuto una taglia di scarpe più piccola, ma la realtà è quella che è: questa squadra è stata un fallimento totale.
I problemi tra Irving e la dirigenza portarono Harden a chiedere la cessione, e quando le cose si misero male, anche Durant e Irving decisero di andarsene.
Quando giocarono insieme, il trio vinse 13 partite su 16. Ma non riuscirono mai a giocare con continuità. Irving saltò 123 partite, Durant 21, Harden ne giocò solo 80. La disponibilità è la miglior abilità.
Phoenix Suns 2023-oggi
E infine, torniamo a Phoenix. Una volta scambiato Beal, era tutto o niente. Ma in realtà, i Suns erano più vicini a un titolo prima di acquisire Beal, o persino Durant.
Nel primo anno del big three mancava un vero playmaker, e l’aggiunta estiva di Tyus Jones non è bastata a ridare creatività alla manovra.
Non c’è stato alcun sacrificio da parte di Beal per far funzionare la squadra. Era la terza opzione, ma si è rifiutato di comportarsi come tale.
Secondo l’insider NBA Chris Haynes, Beal si è infuriato quando l’ex allenatore Mike Budenholzer gli ha chiesto di giocare più come Jrue Holiday.
“Non mancarmi mai più di rispetto in quel modo,” avrebbe detto Beal. “Non dirmi mai più di giocare come un altro giocatore.”
Detto francamente, sembra il comportamento di un giocatore che non è disposto a sacrificarsi per la squadra, che non vuole vincere.
Lo stato attuale dell’NBA
La lezione è chiara: la formula delle superteam non funziona più.
Basti guardare ai Celtics o ai Denver Nuggets, che hanno vinto le Finals con due stelle e un supporting cast d’élite. Questa è la formula vincente oggi: niente superteam, niente big three.
I tempi cambiano, e lo stesso vale per le squadre che ancora credono che mettere insieme tre superstar senza chimica possa funzionare.