
Questo contenuto è tratto da un articolo di Troy Renck per The Denver Post, tradotto in italiano da Marco Marchese per Around the Game.
Il frastuono del Paycom Center era tale da scuotere i sensi. Gli Oklahoma City Thunder sono scesi in campo e hanno messo dentro tanti canestri. E in mezzo alla trincea c’era Nikola Jokic, l’uomo con ferite sulle braccia e fame in pancia. Ha trasformato la Loud City nella Ok City. Scrollandosi semplicemente le spalle. E adesso si sentirà ancora la voce dei sostenitori di Shai Gilgeous-Alexander? Nella loro partita più importante sin dalla vittoria del Titolo, c’è voluto l’intero minutaggio di Gara 1 per sconfiggere la miglior squadra in NBA. Aaron Gordon ha messo dentro l’improbabile canestro del 121-119 finale con un incredibile jump-shot da oltre 7.65 metri con ancora 3 secondi sul cronometro. Ma è stato Jokic a impedire che la sua squadra perdesse, e si è assicurato che tutti sapessero che i Denver Nuggets non avrebbero perso, non per via della tattica dei falli attuata nel finale da OKC – rivelatasi controproducente -, di cui si parlerà fino a Gara 2 di mercoledì.
La brillantezza di Nikola Jokic era già ampiamente nota, anche se questa performance si porta dietro un’etichetta a dir poco storica: Jokic è il primo giocatore a mettere a referto una prestazione da 40 o più punti e più di 22 rimbalzi ai Playoffs sin dai tempi di Shaquille O’Neal negli anni 2000. Ma questo suo lato era stato nascosto finora. Si sta svelando, sta rivelando la sua saggezza, la rabbia generata da frustrazione. Dirige i suoi compagni di squadra durante i timeout, sugli switch, nelle scelte di tiro e in quelle da mettere in pratica in fase offensiva per far ripartire il possesso. Sta diventando un maestro dell’Ars oratoria. “Abbiamo dimostrato resilienza dopo gli eventi accaduti a tre partite da fine stagione. Nikola è stato estremamente loquace da allora,” ha spiegato DeAndre Jordan appena fuori dagli spogliatoi parlando di The Joker e della sua crescita sin dall’allontanamento di Coach Michael Malone e del General Manager Calvin Booth.
“Lui sa di avere il dovere di far sentire la sua voce. Ma i suoi risultati parlano da sé. La sua leadership è divenuta ancor più forte. A mala pena prima emetteva suoni. Mentre quando adesso parla, gli altri compagni lo ascoltano con estremo interesse.”
DeAndre Jordan

Le giocate di Jokic sono a volte sembrate fin troppo metodiche e ragionate lunedì sera, per via del fardello della squadra sulle sue spalle per periodi prolungati, che lo ha rallentato. Ma non avrebbe mai permesso che i suoi Denver Nuggets scendessero in campo da sprovveduti, pur dovendo gestire la sua tempra. Ha creato le condizioni per un’espulsione dal parquet, eseguendo una movenza che non si vedeva sin dai tempi di Hollywood Hogan. Con 6:24 da giocare del 3° Quarto, il Joker ha percorso il rettangolo di gioco affiancato da Chet Holmgren. D’un tratto ha urtato il Big Man di OKC, e quando Holmgren ha agganciato il suo gomito, Jokic ha reagito con una movenza che ha evocato i ricordi del suo scontro con Markieff Morris di qualche anno fa. Una review arbitrale ha stabilito si trattasse di un semplice fallo. Questa scelta si è rivelata fortunata in occasione del colpo con il gomito inferto in testa a Lu Dort, punito con un Flagrant 1, e se l’occasione precedente fosse stata redarguita in egual maniera, il serbo sarebbe stato costretto ad abbandonare il gioco. Invece, ha mantenuto il suo ritmo e la sua compostezza, ignorando le voci riguardo l’MVP di Gilgeous-Alexander e rispondendo con i fatti ai cori “Free throw merchant” [Mercenario della lunetta, ndr], realizzando comunque un 10 su 13 liberi totali. “Ad essere sincero non gli ho mai dato peso,” ha confidato Jokic parlando delle critiche sui tiri liberi, piovute anche su SGA nel corso della Regular Season. “Mi sembrano sciocchezze.”
Poco dopo lo scontro tra Jokic e Chet Holmgren, i Nuggets hanno messo a segno 14 punti. Dopo aver affilato il suo gomito sul cranio di Lu Dort, invece, la franchigia del Colorado era sotto di 13 punti con 6:39 da giocare. Non avevano la minima possibilità di vincere la partita. Gli Oklahoma City Thunder avevano un record di 56-5 nelle gare chiuse in vantaggio a fine primo tempo – considerando anche i Playoffs – e in questo caso avevano 9 punti di vantaggio sugli avversari a 3 minuti dal termine. Ma Jokic, tuttavia, è stato implacabile, semplicemente inarrestabile.
Ha segnato 11 dei 17 punti finali di Denver, vincendo il confronto nell’ultima frazione con Gilgeous-Alexander, battendolo 18-13. Il serbo ha compiuto il suo destino, senza perdere la via, come invece ha perso la testa per via di alcune chiamate arbitrali discutibili. I “buu” piovevano a dirotto dagli spalti, accompagnati dalle lamentele dell’Interim Coach David Adelman ad infastidire i giudici di gara. Il volto del Big Man dei Nuggets era rosso di rabbia, senza però perdere il controllo. “Ho giocato in Serbia in palestre così piccole riempite da 30 persone, si sentiva tutto ciò che dicevano. A volte penso sia peggio, perché puoi vedere direttamente in faccia chi ha appena detto qualcosa di sgradevole,” ha affermato Jokic.
“Ed ho anche giocato davanti a tanta altra gente con la mia nazionale, giocando fuori casa in altre nazioni. Non voglio dire che non venga distratto da certe cose…”
Nikola Jokic
Ma in effetti ciò non avviene. E questa è una caratteristica preziosa e rara: l’abilità di riempire un pentolone in ebollizione senza che ne fuoriesca neppure una goccia d’acqua. I suoi compagni notano questa caratteristica, e adesso, tutta la passione che apporta a ciò che fa e la voglia di superare i suoi limiti hanno molto più seguito. “Penso sia proprio sé stesso: lui è quello che vuole essere,” così Christian Braun parlando del compagno con la jersey #15.
“Chiaramente possiede la miglior mente nel mondo del basket, forse di sempre. A volte, quando urla ripetutamente delle cose è difficile da comprendere, non è motivazionale. Ma per noi significa: ‘Dobbiamo fare questo, dobbiamo difendere in questo modo.’ La maggior parte delle volte sono cose inerenti alla fase difensiva, non l’attacco, e la gente neppure lo nota. Lui è il giocatore che vuole assolutamente vincere, a tutti i costi.”
Christian Braun
Dopo tutto ciò, Jokic ha superato le fatiche di conquistare le gare tra le mura amiche in Gara 1 in un solo giorno di riposo. Non granché. Ma si trattava di una sola partita. Una partita di rincorse. Di due squadre col punteggio in bilico e di Gordon a metter dentro il suo secondo buzzer beater in questi Playoffs. Non si scrollerà tutta quell’emozione di dosso tanto presto. La partita e prestazione di lunedì sono un testamento alla grandezza di Nikola Jokic, capace di superare i 115 Decibel dei cori del pubblico. Si è sentito forte e chiaro. “Jokic è il miglior cestista al mondo,” parola di Russell Westbrook. “Semplice e conciso”.