
Questo contenuto è tratto da un articolo di William C. Rhoden per Andscape, tradotto in italiano da Marco Marchese per Around the Game.
Ad inizio mese Jay Williams, analista ed opinionista cestistico di ESPN, ha elogiato Jalen Brunson, guardia dei New York Knicks, affermando che potrebbe essere il miglior giocatore nella storia dei Knickerbockers. In quel momento Williams sembrò il classico esagerato per via delle circostanze. Brunson aveva appena messo in pratica una prestazione spettacolare nella sfida che ha posto termine alla Serie contro i Detroit Pistons. In quella sfida ha messo a referto 40 punti e 7 assist, eliminando quasi da solo i Pistons. Jalen ha dato seguito a quella prestazione con un paio di altrettante, forse anche più importanti, fronteggiando gli attuali detentori del Titolo NBA, i Boston Celtics. Lunedì 5 maggio i Knicks hanno rimontato uno svantaggio di 20 punti, sconfiggendo Boston 108-105 all’overtime. Anche mercoledì i Knicks sono riusciti a rimontare uno svantaggio di 20 punti, ma stavolta battendo i bianco-verdi 91-90, ottenendo il punteggio “scioccante” di 2-0 nella Serie di Eastern Conference Semifinals. I Celtics e i Knicks si fronteggeranno al Madison Square Garden sabato 10 maggio (ore 21:30 italiane) per Gara 3.
Le premesse sono incredibili. Il solo Jalen Brunson ha surclassato l’intero roster dei Celtics per 17-13 in quanto a punti segnati nei 5 minuti finali di gioco di entrambe le prime due sfide. Ha messo a segno i 6 punti dei Knicks nei minuti finali di Gara 2, compreso il tiro libero del vantaggio a 13 secondi dalla sirena finale. E con la prestazione di mercoledì, Brunson è divenuto il primo giocatore dal lontano 1997 a segnare almeno 83 punti nell’ultima frazione di gioco nelle prime 8 partite di due diversi turni di Playoffs (2024 e 2025). Solo altri due giocatori in NBA sono riusciti a raggiungere questo traguardo – ovvero Kobe Bryant nel 2008 e Stephen Curry nel 2023, una volta ciascuno. Sia Curry che Bryant hanno vinto svariati Titoli NBA, ma questo discorso verrà ripreso più avanti. Il punto principale è che forse Jay Williams potrebbe non esser stato semplicemente troppo esaltato. Ma il suo errore è stato quello di tirare in ballo Walt Frazier, Clyde.

Il più grande nella storia dei Knicks? Forse, Jalen Brunson potrebbe esser lì vicino. Ma Walt Frazier? Questa è tutta un’altra storia. Frazier non era solo un gran giocatore, ma proprio come la leggenda del baseball Willie Mays, Clyde è un vero e proprio state of mind. Scegliere il miglior giocatore della storia dei Knicks è influenzato da gusti personali e generazione di nascita. C’è una pletora di eccellenti giocatori: Bernard King, Patrick Ewing, John Starks e Latrell Sprewell. L’aspetto negativo che li accomuna tutti è che non hanno mai portato alcun anello nella bacheca dei Knicks. Frazier ha vinto 2 Titoli NBA e in questo aspetto del basket – quello che si concentra su lato sportivo e sulle giocate -, i Titoli contano, e le legacy si costruiscono vincendoli.
L’8 maggio 1970 i New York Knicks vinsero il loro primo Titolo NBA, sconfiggendo 4-3 i Los Angeles Lakers di Wilt Chamberlain, Jerry West e Elgin Baylor. Frazier ha costruito la sua legacy proprio in quella Serie di Playoffs, non solo nella storia dei Knicks, ma in quella di tutta l’intera organizzazione. Gara 7 di quella Serie è ricordata come quella in cui il centro dei Knicks, Willis Reed, è tornato dagli spogliatoi dopo un’iniezione di antidolorifico per scendere in campo con un muscolo lacerato. Com’è noto, Reed ha realizzato i suoi primi due tiri e difeso in maniera solida su Chamberlain. Ma Frazier ha disputato una partita eccezionale: 36 punti, 19 assist e 7 rimbalzi. Frazier, che a marzo ha raggiunto gli 80 anni, è diventato famoso per il suo stile ed il suo vestiario ultra-urban ed il suo modo di fare “cool”, ma la sua accelerata decisiva verso l’Empireo cestistico è avvenuta con la vittoria. Durante un’intervista rilasciata a City Game, un libro sul basket a New York City, Frazier ha raccontato che la vittoria del Titolo ha creato i presupposti per la nascita della leggenda di Clyde. “Vincere è fondamentale a New York City”, ha affermato.
“Vincere mi ha permesso di diventare Clyde. Prima che vincessimo mi vestivo bene, ma nessuno lo notava. Da rookie non avevo giocato bene, perciò per sentirmi in pace con me stesso andavo spesso a fare shopping, comprando spesso vestiti. Non giocavo bene ma ero bello da vedere. Ma a nessuno importava finché non abbiamo vinto. Vincere è il catalizzatore di tutto. Quando si vince a New York la gente non si dimenticherà mai di te. Posso andare in qualsiasi scuola, di qualunque grado, e trovare sicuramente almeno un ragazzino che sappia chi sono Walt Frazier o Willis Reed, o che abbia sentito parlare di noi da qualcuno. Cinquanta anni dopo, la gente sta ancora parlando del mito che abbiamo creato.”
Walt “Clyde” Frazier
Brunson non è paragonato a Frazier solo per ciò che riguarda le performance sul parquet, ma anche per via del fatto che quest’ultimo sia il prodotto di un periodo ed un luogo specifico di New York City e degli Stati Uniti. Frazier potrebbe essere stato il primo cestista NBA ad aver sviluppato ciò che attualmente è noto come Brand. Il suo era fatto di moda e stile, e di una specifica coolness associata alle sue origini afroamericane. In quel periodo i giovani afroamericani stavano provando a rompere le gabbie mentali e focalizzarsi sul costruire storie positive sull’avere origini afroamericane. Fu l’inizio dell’era delle capigliature originali. Alcuni indossavano il dashiki, portando i capelli allo stato naturale. Altri sfoggiavano auto di lusso e vestiti artigianali. Tutto era pensato per offrire un’immagine ed icona vincente e positiva rappresentante la Blackness. Tra gli atleti afroamericani si era diffusa una sorta di aria di sfida tra 1966 ed il 1970, ispirata da Mohammed Alì e dalle star dell’atletica Tommy Smith e John Carlos alle Olimpiadi 1968. Curt Flood sfidò il regolamento della Major Leage Baseball, fornendo la spinta necessaria per la liberalizzazione del mercato della Free Agency. Clyde era nato nel Sud, ma non era un “pistolero”. Preferiva esprimere la sua ribellione ed indipendenza in maniera silenziosa, cioè attraverso il suo stile avanguardista.

Questo tipo di limitazioni sono inconcepibili nell’odierna NBA e WNBA. I giocatori sono invogliati ad essere autentici nel dimostrare le proprie origini Black. Brunson porta i braid, ovvero delle treccine, e conduce le manovre offensive ad alta voce. Frazier indossava colori sgargianti e cappelli orlati dalle dimensioni insolite. Danny Whelan, preparatore atletico dei Knicks, iniziò a chiamarlo Clyde dopo aver visto il protagonista della pellicola Bonny and Clyde nel 1967. E quel soprannome ha colpito nel segno. Come giocatore, Friazier – proprio come fa oggi Brunson – non era un “aliante” in grado di spiccare il volo per schiacciate spettacolari, e neppure il più veloce sul parquet. Ma, proprio come il pianista Jazz, Thelonius Monk, Frazier possedeva un impeccabile tempismo – sapeva perfettamente quando provare a rubar palla, quando servire i compagni ed in particolare, quello in condizioni migliori, e soprattutto sapeva quando provare a concludere a canestro. Il tempismo, si diceva.
Durante l’Intervallo della sfida di mercoledì è stato chiesto alla leggenda del giornalismo sportivo, Bob Ryan, cosa ne pensasse del paragone fatto tra Frazier e Brunson – dando maggior peso, però, alla sua opinione su Frazier. Ryan ha ricordato lo stile di gioco pressante dei Knicks iridati del 1970. Lui c’era, essendo al suo primo anno a lavoro per Boston Globe. Ryan, oggi settantanovenne, pensò che Frazier fosse una vera e propria prima icona. “Walt Frazier era diverso dagli altri perché aveva un alter-ego”, ha affermato Ryan.
“Sapete, c’era Walt Frazier e poi c’era Clyde, e lui giocava e si comportava in modo da alimentare tutto ciò. Voleva che la gente sapesse di lui, di ciò che faceva fuori dal campo e di quanto ampio fosse il suo guardaroba, cosa che dura ancora oggi. Quindi, in pratica ha creato un personaggio. Questo lo rende speciale rispetto praticamente a chiunque altro. Sto pensando ad un giocatore della NBA paragonabile a lui, ma non trovo risposta. Lui si è reso speciale, separandosi dagli altri..”
Bob Ryan
Bob Ryan si trovava nello spogliatoio dei New York Knicks nel 1970, quando la franchigia era finalmente riuscita a tornarci dopo festeggiamenti e celebrazioni sul parquet. “Clyde arrivò e le sue prime parole furono, e cito testualmente: ‘Amico, ho bisogno di una birra!’ Questo era il contesto”, ancora Ryan.
Il produttore cinematografico Joe Brewster e sua moglie Michele Stephenson stanno ultimando un documentario su Frazier e l’importanza da lui avuta nei confronti di New York e delle sue comunità nere e bianche durante i tumultuosi anni Settanta. In quel periodo c’era un’incredibile atmosfera derivante dai movimenti contro il razzismo, che a New York avevano dato seguito allo sciopero da parte di un insegnante ostile, a quello degli operai per la nettezza urbana e ad opinioni del tutto contrastanti sulla Guerra in Vietnam. Quattro giorni prima che i Knicks vincessero il Titolo NBA, altrettanti studenti bianchi furono uccisi al campus della Kent State University e nove rimasero feriti dalla National Guard del campus. Gli studenti furono uccisi durante un’adunata realizzata per protestare contro l’espansione del coinvolgimento statunitense nel contesto della guerra. A New York, così come nel resto del paese, gli omicidi alimentarono le divisioni e le opinioni contrastanti sulla guerra. “Quel periodo era talmente diverso e tumultuoso”, ha affermato Brewster, oggi settantenne, durante un’intervista telefonica.
“La gente era alla ricerca di un Salvatore. Clyde era un uomo adorato dalla Black Community per via della sua Blackness, ed era adorato dalla White Community per via della sua prossimità con il loro modo di vivere, che era allo stesso tempo rappresentante della Blackness. E non era né violento, né rumoroso. Era ciò che serviva alla gente bianca per non sentirsi in pericolo in quel periodo. La combo di tutti questi fattori lo ha reso una leggenda, più grande della vita stessa.”
Joe Brewster

Con un roster composto da star sia bianche che nere, i New York Knicks erano la squadra perfetta per quel periodo. “Walt non sarebbe d’accordo se sentisse tutto questo, ma lui era semplicemente ‘accettabile’ per entrambe le comunità”, ancora Brewster.
“Ma il suo stile di gioco e di vita erano quelli di un qualunque afroamericano, dal suo Dandyismo al suo essere originale all’interno di un collettivo.”
Joe Brewster
Brewster è riluttante nel dire che Frazier fosse “non-pericoloso”. “Sembrerebbe quasi dispregiativo,” ha affermato. “E non renderebbe l’idea di quanto fosse importante per aver riunito e compattato così tanto la città.” Frazier aveva compreso l’importanza di quella squadra. Nella stessa intervista per City Game ha rivelato che sia lui che i suoi compagni sapessero che i Knicks erano ritenuti quei Salvatori tanto richiesti e invocati dalla città. “Eravamo un appuntamento per la gente, giovedì e sabato,” ha affermato Frazier.
“I tifosi avevano l’opportunità di staccare da ciò che stava accadendo nel mondo ed andare a supportare i Knicks. Tutto si fermava giovedì e sabato quando i Knicks erano in campo. La squadra era integrata nella comunità; i tifosi non vedevano il colore della pelle. Avevamo Dave DeBusschere, avevamo Bill Bradley. Ma Frazier e Reed erano i più popolari di quella squadra in tutta New York City.”
Walt “Clyde” Frazier
Anche l’odierna New York è divisa per via di un conflitto. Quest’oggi la guerra si è spostata a Gaza ed ha creato divisioni tra la gente per via dell’enorme e sconvolgente perdita di vite. Alcuni attribuiscono il bagno di sangue al governo di Israele, accusato di genocidio. I sostenitori della causa israeliana affermano che difendersi da Hamas sia un loro diritto. Da tutto questo si può solo presumere che anche parte dei tifosi dei Knicks rientrano in queste fazioni. Il Madison Square Garden potrebbe essere l’unico luogo della città in cui possa esserci una parvenza di tregua. Frazier non si è mai lanciato pubblicamente in discorsi sulla politica durante le Playoffs-run dei suoi Knicks nei Settanta, e probabilmente anche Brunson eviterà di schierarsi durante l’attuale Playoffs-run dei Knicks. Alla fine della partita di mercoledì a Boston è stato chiesto a Brunson se avesse mai pensato al potenziale impatto riunificante della squadra sulla città: non lo aveva fatto. “Vorrei dire che ne siamo consapevoli”, ha detto Brunson.
“Chiaramente ci rendiamo conto di ciò che accade oltre le partite, dopo le sfide casalinghe, e ciò che fanno i tifosi, ma personalmente io li lascio essere se stessi e fare ciò che è nella loro natura, mentre noi ci concentriamo sul nostro obiettivo.”
Jalen Brunson
Jalen Brunson possiede tutte le caratteristiche che i Knicks attribuiscono alla loro storica franchigia: mentalità granitica, performance grintose. E quindi: Jalen Brunson potrà diventare il miglior giocatore nella storia dei New York Knicks? Probabilmente. Riuscirà ad eclissare Frazier? Tutta un’altra faccenda, una strada molto più ripida. La realtà è che se a New York City non si vince un Titolo NBA, si diventa semplicemente un altro viso nella folla.
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