FOTO: Sports Illustrated

È stata una due giorni molto produttiva e con tante novità per i Denver Nuggets. Dopo la vittoria del titolo 2023 e un run Playoffs dominante, l’uscita al secondo turno contro i lanciatissimi Minnesota Timberwolves ha fatto scricchiolare qualche certezza in Colorado, costringendo il GM Calvin Booth a 48 ore decisamente pesanti. Senza tenervi troppo sulle spine, ecco un po’ quello che è successo, in ordine di priorità:

  • la prima notizia rilevante è quella che Kentavious Caldwell-Pope ha declinato la sua player option da oltre 15 milioni di dollari, diventando quindi unrestricted free agent in cerca di un contratto più lungo e remunerativo. Su di lui potrebbero avventarsi squadra con molto spazio salariale e in cerca di profili simili, come i tanto menzionati Philadelphia 76ers e Orlando Magic, che potrebbero avanzare offerte molto fuori mercato per i Nuggets. La speranza di Denver risiede tutta in mosse collaterali, ma importanti: se l’intenzione è quella di ri-firmare KCP, la dirigenza sta operando come un “second apron team” secondo il nuovo CBA, senza la possibilità dunque di eccedere i $189.5 milioni e con uno spazio attuale per completare il roster di oltre $19 milioni. Per arrivare a offrire cifre competitive, servirà liberare altro spazio (qualcosa si è già mosso, ci arriviamo subito), sbarazzandosi per esempio del contratto di Zeke Nnaji da $8.9 milioni. Se questo non dovesse bastare per ri-firmare Caldwell-Pope, quantomeno darà la possibilità di sfruttare la full mid-level exception.
  • in questa direzione sembrerebbe muoversi lo scambio di Reggie Jackson. I Nuggets hanno mandato la propria point guard di riserva, per la quale avevano impiegato la Taxpayer MLE, agli Charlotte Hornets in cambio di 3 seconde scelte future non protette. Una buona trade, che permette loro di alleggerire il cap di $5.3 milioni, portandoli addirittura al di sotto della luxury tax area – come detto, questione importante per avere un piano B qualora KCP dovesse davvero partire.
  • prima di questo, è anche arrivata la notizia che Jamal Murray sembri molto vicino ad un’estensione contrattuale da circa 209 milioni di dollari complessivi in quattro anni, un’ottima mossa della franchigia del Colorado, che prova a ristabilizzarsi un po’ blindando il proprio play titolare. Come fatto notare da Yossi Gozlan, inoltre, il canadese avrebbe potuto aggiungere un quinto anno aspettando l’estate 2025, ma probabilmente ha preferito assicurarsi immediatamente il contrattone, visto anche il recente ritorno dai lunghissimi problemi per infortunio. Garanzie per lui, dunque, e per Denver.
  • trade-up per la scelta #22, DaRon Holmes II. Limitati dal punto di vista salariale, i Nuggets hanno deciso di muoversi, sì, ma forse per un giocatore per il quale non ci si aspettava fosse necessario fare trade-up – pagando, oltre alla #28, anche la #56 e 2 second-round pick future. Quello che Denver ha visto nel prodotto di Dayton è probabilmente un profilo solido già da ora, utile come backup di Nikola Jokic ma anche in grado di affiancarlo per minuti ridotti: agisce bene da rollante e tagliante, e sembra esserci upside come tiratore, ma la migliore metà campo è quella difensiva, trattandosi di un abile stoppatore apparentemente anche piuttosto versatile. In una situazione così delicata, rinforzarsi tramite il Draft è sempre una buona idea, dal momento che i rookie contract offrono una flessibilità difficilmente riscontrabile in free agency, soprattutto a lungo termine.

Questo è, grossomodo, tutto. Chiaro è che l’urgenza assoluta riguardi Kentavious Caldwell-Pope ma, qualora non dovesse esserci modo di arrivare a un’offerta soddisfacente e salutarlo, un piano di riserva sembrerebbe già in atto. Lo ha dichiarato lo stesso GM Booth, ammettendo molto onestamente che “se sarà Christian Braun a passare in quintetto, come da programma, penso che saremo OK anche qualora Caldwell-Pope non dovesse tornare”. Lasciando un commento, non è affatto facile operare sotto il nuovo CBA, ci sono molte restrizioni e quando un giocatore decide di entrare in free agency non è facile riportarlo indietro. Quello che forse, più di tutto, fa “strano” è che non si sia raggiunto un accordo in precedenza per trattenere KCP: pur considerando i 30 anni superati, è comunque un ottimo difensore e un tiratore di movimento preziosissimo per questo sistema, e i Bird Rights detenuti prima che rifiutasse l’opzione contrattuale avrebbero permesso di riportarlo indietro – pur al prezzo di un aumento di luxury tax. Ecco perché, forse, è giusto dire che qualcosa abbia scricchiolato dopo l’eliminazione, se ti spinge a risparmiare – certo, decine e decine di milioni, ma – nel pieno di una finestra in cui si compete per il titolo NBA, con il miglior giocatore al mondo in squadra. O le richieste di KCP erano folli (e non è da escludere) o il rischio è che si possa arrivare ad avere qualche rimorso per un po’ di “braccino corto” in un’era in cui, se vuoi restare nell’élite NBA, non puoi permetterti di badare a spese.