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Questo contenuto è tratto da un articolo di Tyler Glasscock per Air Alamo, tradotto in italiano da Marta Policastro per Around the Game.


Difficile immaginare che la trade di Kawhi Leonard, nel 2018, possa avere ancora delle dirette conseguenze sugli Spurs del 2024. Invece, l’ottava scelta nel prossimo Draft di San Antonio fa parte della lunga lista di giocatori (attuali e futuri) coinvolti nello scambio che portò The Klaw a Toronto. La trade originale inviava Kawhi e Danny Green ai Raptors in cambio di DeMar DeRozan, Jakob Poeltl e una scelta al primo giro del Draft 2019, che sarebbe poi diventata Keldon Johnson. Con questa mossa, gli Spurs tentarono di rimanere competitivi affiancando DeRozan ad Aldridge, ma riuscirono ad arrivare ai Playoffs solo una volta, perdendo al primo turno in 7 partite contro i Denver Nuggets. Dopo altre due stagioni mediocri, in cui gli Spurs mancarono i Playoffs, la franchigia texana iniziò la ricostruzione, inviando DeRozan a Chicago in cambio di Thaddeus Young, Al-Farouq Aminu, due pick al secondo giro (2022 e 2025) e una al primo (protetta top-10). Young sarebbe poi stato ceduto ai Raptors in cambio di una scelta nel 2022, convertita in Malaki Branham. In seguito, anche Jakob Poeltl si rivelò decisamente remunerativo sul mercato: la contropartita ottenuta per l’austriaco, così come quella per Dejounte Murray prima di lui (3 pick al primo giro), fu veramente generosa – l’ottava scelta in questo Draft (la scelta era top-6 protected).


Gli Spurs si ritrovano quindi nelle condizioni ideali per affiancare nuovi talenti alla stella della squadra, Victor Wembanyama. Come anticipato, gli effetti della trade di Kawhi non si sono ancora conclusi: se la scelta di Chicago, l’anno prossimo, dovesse cadere fuori dalla top-10, spetterebbe agli Spurs. Anche se così non fosse, rimarrebbe comunque apprezzabile il modo in cui il front office di San Antonio sta affrontando la ricostruzione.