FOTO: NBC Sports

Se si parla di difesa, Draymond Green ha pochissimi eguali nella Lega, perfino nella storia NBA, per questo è ancora più stupefacente il fatto che abbia cambiato idea nonostante un’opinione molto convinta espressa a inizio marzo: Victor Wembanyama non merita di essere il Defensive Player of the Year. Nel mese di marzo, i Golden State Warriors hanno affrontato i San Antonio Spurs per ben 3 volte, di cui 2 fronteggiando il prodigio francese, esperienza sufficiente per il DPOY 2017 a rivedere totalmente la propria convinzione, dichiarando nel recente episodio del proprio podcast:

“So che non molto tempo fa ho detto che Wembanyama non dovrebbe essere il Defensive Player of the Year e… ho mentito. Wemby dovrebbe essere il DPOY, perché è a quel livello difensivamente. Il modo in cui impatta il gioco nella propria metà campo, che sia lontano da o direttamente sulla palla, è un bel problema. Quando inizi a penetrare a canestro, e giocatori che potrebbero chiudere con un layup si girano dall’altra parte e si allontanano, è un problema. E questo equivale a una stoppata. E nessuno lo traccia, è come un blocco: se imposti bene un blocco, non viene considerato un assist, ma hai generato comunque un tiro smarcato per il compagno. Vai a canestro, vedi Wemby e cambi direzione? Quella è una stoppata. Non so in quale laboratorio sia stato creato, ma devo andarci per chiedere di crearmi un figlio, è incredibile.”

Parole ben diverse da quelle pronunciate sempre su ‘The Draymond Green Show’, ma a inizio mese, prima dei 2 incontri con Wembanyama (ne abbiamo parlato QUI):


“Wemby è 12esimo in NBA per palle rubate e primo per stoppate, sono grandi numeri e, se continuerà così in carriera e la squadra migliorerà, non credo che spariranno. Non penso che farà meno stoppate o ruberà meno palloni con quella taglia, così avrà questi numeri e l’opportunità di vincere il premio di Defensive Player of the Year. Personalmente, però, non credo sia questo l’anno. Anche se Rudy Gobert non stesse facendo questa stagione, anche se i Timberwolves non stessero facendo questa stagione, non credo che il premio dovrebbe andare a qualcuno nella 24esima difesa NBA. 

Tendiamo a fidarci sulla parola di Draymond Green, incontrare Victor Wembanyama su un campo da pallacanestro deve essere una pessima esperienza su tutte e due le metà campo: per quanto riguarda le due gare contro Golden State, 1 rubata e 2 stoppate nella prima, 4 rubate e 3 stoppate nella seconda, mettendo anche a referto rispettivamente 27 e 32 punti – seppur ad efficienza piuttosto bassa. Curiosamente, San Antonio ha vinto la gara senza di lui contro i Warriors (sfruttando l’assenza di Stephen Curry), perdendo le altre due. Al di là del risultato, che per i texani conta poco e nulla, il discorso di Green è giusto per quanto riguarda i dati: l’impatto di giocate come blocchi o anche la semplice deterrenza a canestro sono difficili da tracciare. Ma non impossibili. Per esempio, possiamo vedere l’impatto di Wembanyama sui tiri avversari al ferro monitorando la differenza fra quando è in campo e quando è fuori: se il francese è sul parquet, la frequenza avversaria al ferro cala del 2.1% (82esimo percentile per il ruolo), -1.8% per lo short mid (nel pitturato, ma prima del ferro); si tira invece qualitativamente con il 3.9% al ferro in meno contro i quintetti in cui è presente Wembanyama, -3.7% dallo short mid – entrambe cifre ancora abbondantemente sopra l’80esimo percentile (PS Così come, ormai da anni, sono tracciabili gli “screen assist”, cioè gli assist effettuati tramite un blocco, ma comprendiamo il succo del discorso di Draymond Green senza fare troppo i nerd). In poche parole, la “deterrenza” di Victor Wembanyama al ferro non solo è visibile a occhio nudo, ma anche supportata dai dati, così come non è un segreto il fatto che il suo impatto su una pessima difesa di squadra sia stato comunque altissimo, nonostante la classifica: San Antonio è al momento 22esima in NBA per defensive rating, ma quando il rookie francese è in campo gli avversari segnano 10.3 punti in meno per 100 possessi rispetto a quando è fuori (97esimo percentile), abbassando la loro eFG% di 2.2 punti percentuali (85esimo percentile) e perdendo l’1.0% in più di palloni. Con Wembanyama in campo, gli Spurs hanno cifre da 7°/8° difesa NBA; senza, sarebbero la peggiore, con 123.3 punti concessi per 100 possessi – i Jazz, ultimi, sono a 120.8. Questo fa del francese il Defensive Player of the Year? No di certo, lo stesso Rudy Gobert menzionato da Draymond Green ha numeri altrettanto spaziali e, a differenza di San Antonio, Minnesota ha dalla sua il fatto di poter contare sulla miglior difesa di squadra attualmente in NBA, punti che vanno a favore del lungo ex Utah. Ma non manca comunque molto perché Victor Wembanyama monopolizzi il premio: se non sarà quest’anno, molto probabilmente si tratterà del prossimo e di quelli a venire. Come ha detto, ancora una volta, Draymond Green ai propri compagni:

“Si tratta di un talento davvero speciale. Stavo giusto dicendo a Trayce Jackson-Davis e ai ragazzi più giovani che sono contento di aver avuto l’opportunità di giocarci adesso, perché loro dovranno averci a che fare per molti altri anni, mentre io non sarò più in NBA. Questa, per me, è una gran bella fortuna.”