Questo contenuto è tratto da un articolo di Nick DePaula per Andscape, tradotto in italiano da Marco Marchese per Around the Game.
Dennis Rodman ricorda il suo primo tatuaggio risalente alla fine degli anni 80′ – un omaggio a sua figlia Alexis. Lo ha fatto lungo la sua spalla sinistra, nascosto strategicamente sotto la sua canotta dei Detroit Pistons. Si ricorda anche quando i suoi tatuaggi divennero un problema, a metà anni 90′. “La NBA mi ha chiamato dicendo: ‘Dobbiamo parlare.'”, ricordando la richiesta della lega per un appuntamento presso i suoi uffici a New York. “David Stern disse: ‘Non vogliamo che ti faccia altri tatuaggi.’ Risposi: ‘Va bene.'”. Invece, dopo l’incontro avuto con David Stern la star ribelle decise di farne di ulteriori. Ha parlato di ciò, concludendo le dichiarazioni con un sorriso.
“Stavo solo provando a rompere con la monotonia, la noia e tutte quelle indecenze che il mondo dello sport mi stava portando in quel periodo. Perciò mi dissi: ‘Ho intenzione di andare lì fuori e fare qualcosa di diverso.'”.
Dennis Rodman
Ciò che ha avuto inizio come qualcosa di diverso, oggi è divenuto una moda. Dopo Rodman, la lista di atleti interessati alla body art è cresciuta, dapprima lentamente e poi in modo esponenziale, da Allen Iverson e Cherokee Parks a metà degli anni 90′ fino a LeBron James, JR Smith e Chris Andersen, The Birdman negli anni 2000, per finire con Jordan Clarkson, Kevin Durant, Kelly Oubre Jr. e i fratelli LaMelo Ball e Lonzo Ball nell’era moderna. Secondo una stima fatta da Andscape, dei 618 totali in NBA, ben 341 (ovvero il 55% della lega) avevano sul proprio corpo dei tatuaggi in parti visibili durante la Stagione 2021/22. Su Instagram esiste anche un profilo con più di 157 mila followers – chiamato @InkedNBA – che condivide quotidianamente dei contenuti riguardo i tatuaggi dei cestisti NBA. Data la crescita del numero di tatuaggi visibili avvenuta nelle ultime 3 decadi, si è verificata un’evoluzione nello stile, nella quantità e qualità – e anche nell’età alla quale i giocatori dipingono la loro pelle per la prima volta. I giocatori sono stati ispirati da chi c’era in precedenza, a volte addirittura copiando i loro artwork o i motivi che li hanno spinti a tatuarsi. Tra i giocatori, Malik Monk ha presenziato nei titoli di parecchi giornali quando ha spiegato il motivo per cui il suo braccio destro è appositamente libero da tatuaggi – nonostante il sinistro ne sia stato riempito. La sua fonte d’ispirazione? L’ex star NBA Nick Young, che ha lasciato volontariamente il braccio destro libero dai tattoo perché esso era “solo per fare canestro.”. Monk ha poi spiegato: “Ero alla High School, ho iniziato a tatuarmi quando gli ho sentito dire quella frase.”. Come tanti altri giocatori prima di lui, la vista di altrui artwork ha fatto esplodere in Monk la voglia di decorare il proprio corpo. Ma per quelli come Rodman, che aveva pochi modelli a cui ispirarsi all’interno della lega, la strada verso la normalizzazione e l’accettazione del fenomeno da parte degli altri non è stata certo facile.
1) Gli anni 90′: Rinnegati e Ribelli
L’aspetto di Dennis Rodman era ispirato alla scena punk londinese, dove si era innamorato dei capelli colorati e le scarpe piatte degli artisti, oltre a tatuaggi più classici, come ragazze pin-up, cuori trafitti da frecce, iniziali di nomi e simboli nautici – tutti elementi molto popolari nel mondo marinaro. “Per me è come se fosse una cosa ordinaria da fare.” – ha rivelato lo stesso Rodman – “Avere dei tatuaggi, capelli strani, trucco e vestiti alla moda.”. La collezione di tatuaggi di The Worm è cresciuta nel tempo. Il suo primo tatuaggio visibile è stata una motocicletta Harley Davidson sul suo bicipite destro, con appena sotto una croce circondata da spine ed una scritta che recita: “Live To Ride / Ride To Live.”. In seguito ha aggiunto “Mi Vida Loca” sopra la motocicletta e un delfino in salto fuori dall’acqua sulla spalla sinistra. Quando è giunto ai San Antonio Spurs nel 1993 aveva 11 tatuaggi, e i suoi capelli avevano coperto tutta la tavola cromatica. Ma è stato durante il periodo delle vittorie con i Chicago Bulls, dal 1996 al 1998, che i tatuaggi hanno praticamente iniziato una loro propria vita.
“Non era una vera e propria fissa fino a quando non sono arrivato a Chicago. Mi facevo tatuaggi praticamente ogni settimana. Qualche piccolo tatuaggio, qui e là.”
Dennis Rodman
Nel 1996 i tatuaggi di Rodman sono stati al centro di una causa legale da $1 milione dopo che un’azienda, di nome Fanatix, ha iniziato a produrre migliaia di magliette non ufficiali che mostravano ognuno dei suoi tatuaggi che aveva sul corpo. Immagazzinate al team store dei Bulls allo United Center, la produzione delle magliette fu cessata e le parti si sono accordate per una cifra ignota. Oggi, quasi 30 anni dopo, l’Hall of Famer ha reso i suoi tatuaggi un marchio, con la gran parte di essi a fungere da grafiche per il suo nuovo Rodman Brand d’abbigliamento. “Non si adattava alla norma.”, afferma su Dennis Rodman Steve Wiebe, artista e tatuatore che ha collaborato con svariati cestisti NBA.
“Tutto ciò è rimasto in piedi. All’inizio probabilmente la gente pensava che [per i tatuaggi] non ci sarebbe stato posto nel gioco del basket. Adesso, col senno di poi, penso sia il miglior modo per esprimere sé stessi sul campo di gioco, usando parole o il proprio stile.”
Steve Wiebe
Questa è stata anche la ragione per cui Rodman ha iniziato a connettere le sneakers alla body art. Durante la Playoffs-run del 1997, il bordo delle sue signature shoes Converse All Star riproduceva i raggi del sole presenti sulla sua spalla sinistra. La stagione successiva, le sue sneakers Converse DRod incorporarono all’interno del pattern vicino alla suola il tatuaggio tribale presente sulla sua mano sinistra. Quando l’esperienza di Rodman con i Bulls è finita, nel 1998, il Deseret News in Utah stimò che 130 giocatori NBA avevano un totale di 250 tatuaggi visibili. Quelli di Rodman ammontavano al 5% del totale. Metà del roster degli Utah Jazz, che avevano affrontato i Chicago Bulls alle NBA Finals, aveva dei tatuaggi in parti del corpo visibili.
Casualmente l’ala dei Jazz, Greg Foster, potrebbe esser stato tra i primi giocatori NBA ad avere un tatuaggio – per quanto dubbio. Essendo una star dello Skyline High School, cresciuto ad Oakland in California e avendo giocato al fianco di Gary Payton, i compagni di Foster erano soliti chiamarlo Bowie – per la sua insolita somiglianza con Sam Bowie, l’arcinota scelta #2 al Draft preferita a Michael Jordan nel 1984. A differenza da molti suoi contemporanei, Foster si è impresso “Bowie” sul suo bicipite sinistro durante il suo anno da freshman alla High School, molti anni prima del suo ingresso in NBA avvenuto nel 1990. Anche se spesso scherza, affermando che avrebbe preferito tatuarsi il nome delle sue figlie anziché un nickname affibbiatogli ai tempi della High School, “Bowie” è rimasto l’unico tatuaggio di Foster nel corso della sua carriera NBA, durata ben 13 stagioni. Quando Rodman ha lasciato i Bulls nel 1998, meno del 30% dei giocatori aveva almeno un tatuaggio, inoltre la qualità degli artwork era irregolare, mentre il significato giacente al di sotto di essi non scendeva parecchio al di sotto della pelle. Ancora Steve Wiebe:
“Era molto cartonesco. Lo stile negli anni 90′ era diverso. C’erano i tribali, e Dennis ne aveva molti, o le pin-up girl. Tracy McGrady aveva il filo spinato attorno al braccio. Era più una cosa simbolica e roba divertente. Non era così personale come lo è oggi.”
Steve Wiebe
Nella stagione successiva è avvenuto un cambio di trend, quando i giocatori hanno iniziato ad aggiungere tatuaggi random solo perché li ritenevano cool, usando il loro corpo per raccontare la storia della loro vita. In contemporanea con l’ascesa dell’hip-hop, star come Allen Iverson hanno impiegato il tempo libero durante il lockout NBA 1998 per abbellire il proprio corpo con l’inchiostro dei tattoo. “Tutti i miei tatuaggi erano tatuaggi che volevo, ma che non potevo permettermi.” – ha raccontato Iverson con un sorriso prima di avere accesso alla Hall of Fame nel 2016 – “Prima di arrivare nella lega, se avessi avuto più soldi, sicuramente avrei avuto molti più tatuaggi.”. Da nuovo arrivo alla Georgetown Hoya, che avrebbe trascorso 2 anni al campus prima di diventare la scelta #1 al Draft 1996, la prima forma a finire tatuata sul corpo di Iverson è stato un bulldog sul suo bicipite sinistro, con sopra il suo nickname, The Answer.
“In quel periodo mia madre o mio padre mi avevano dato $100, e mi dissi: ‘Bene, questo è ciò che voglio fare.’. Non riuscivano a credere che li avessi spesi in quel modo, ma era qualcosa che volevo davvero tanto.”
Allen Iverson
Con un’estensione contrattuale da $70 milioni messa nero su bianco prima dell’inizio della sua terza stagione NBA con i Philadelphia 76ers, Allen Iverson è tornato dal lockout con una serie di nuovi tattoo su entrambe le braccia a far compagnia al solitario bulldog. Il più iconico era una croce con la scritta “Only The Strong Survive” sulla spalla sinistra. “Auto-esplicativo”, lo ha definito così a Nice Kicks nel 2015.
“Per chi proviene da dove provengo io, avendo affrontato ciò che ho affrontato io nel corso della mia vita, e tutto ciò che affronto giornalmente, si tratta di un mondo ed una vita molto difficile. Penso che si adattasse perfettamente a me.”
Allen Iverson
Il nickname della sua crew di amici, CRU THIK, è visibile in 4 parti differenti lungo il suo braccio sinistro e gamba destra. Sul suo braccio destro porta scritto “Hold My Own” sopra la testa di un soldato e l’ideogramma cinese simbolo di “Rispetto”, con una pantera ad occupare la maggior parte dell’avambraccio. Viene rappresentata anche la sua famiglia, con i nomi dei suoi figli, Tiaura e Deuce, di sua moglie Tawanna e le iniziali di sua madre e sua nonna. Anche se Rodman era visto come una voce fuori dal coro rispetto ai suoi più responsabili compagni di squadra ai Bulls, le vittorie del Rookie of the Year, dell’MVP della lega e di molteplici titoli nello scoring di Iverson hanno portato le critiche ai suoi tatuaggi a un livello del tutto inaspettato – venendo spesso etichettato come “Thug” dai media, ed essendo additato come motivo della crescita nello sfruttamento dello scoring in isolation da parte dei tiratori. “Dite alla gente di non credere a ciò che leggono o sentono dire.” – ha dichiarato Iverson a Playboy nel 2002 – “Dite loro di leggere il mio corpo. Ho addosso la mia storia ogni giorno, amico.”.
2) I 2000: Young guns e trend del Nuovo Millennio
Mentre gli anni ’90 sono stati segnati solo da qualche giocatore con importanti, ampi facilmente riconoscibili esempi di tattoo, la situazione negli anni 2000 ha preso una piega differente, con un numero sempre maggiore di giocatori a optare per dipingere il proprio corpo. Nel 2007 almeno 20 giocatori avevano il logo AND1 sul braccio. Erano dozzine ad avere il proprio nome – come “Damon” oppure “Marcus” – scritti in carattere Old English o con altri font sulla spalla. Altri hanno optato per i caratteri cinesi per via del significato sottostante, con persino il nickname di Shawn Marion, The Matrix, trascritto in ciò che potrebbe significare “Demone volante naftalina”. Nel corso dei primi anni della decade alcuni giocatori hanno seguito il trend di Iverson e altri set, con decine di essi a copiarsi a vicenda. “Non si era creativi come adesso.”. Ha spiegato la point guard dei Milwaukee Bucks, Damian Lillard, ad Andscape. “I ragazzi non perdono tempo adesso con i tatuaggi poco costosi.”.
“C’era un limite a ciò che si potesse fare. Non era come adesso, oggi si può riprodurre anche il volto del proprio figlio in maniera identica. Era più qualcosa come: ‘Okay, cerco di adattare al mio stile ciò che è stato fatto in precedenza’. Anche con LeBron, sulle spalle ha quello stile simile ad AI, quello in cui Iverson ha scritto “Hold My Own” in passato.”
Steve Wiebe
Iverson lo porta scritto sulla spalla destra, mentre James sul bicipite sinistro – fatto ai tempi della High School in Ohio. Ancor prima che raggiungesse la NBA, comunque, LeBron James ha aggiunto al suo corpo uno dei suoi tattoo più iconici: la scritta “Chosen 1”, in memoria alla cover di Sports Illustrated del 2002, che archeggia sulla sua schiena. Essendo cresciuto a Compton, California, Brandon Jennings ricorda bene gli anni 2000 e l’impatto generazionale avuto da Iverson. Jennings ha indossato la canotta #3 come tributo al suo idolo undersize durante tutta la sua crescita. Jennings, 9 anni in NBA, ha dichiarato.
“AI era l’unica persona di cui mi chiedevo cosa facesse più fuori dal campo che dentro, per via del suo stile. Con le sue bandane, le catene ed i tatuaggi era davvero del tutto differente.”
Brandon Jennings
Più nello specifico, “Only The Strong Survive” sulla spalla sinistra di Allen Iverson si è distinto su tutti. “Mi ricordo che alla High School anche Tyson Chandler ce l’aveva.” – ha ricordato Jennings – “E in quel momento ho pensato di volere anch’io un tatuaggio.”. In quel periodo Jennings aveva 12 anni. Come ragazzino che portava tovaglie e borracce a Tyson Chandler alla Dominguez High School, Jennings ha raggiunto la #2 pick al Draft 2001, aggiungendo anche lui lo stesso tatuaggio che aveva Iverson nell’anno precedente quello del suo arrivo in NBA. “Sì, e probabilmente ne era parecchio attratto, perché negli anni ha continuato a decorarlo.” – Ha affermato Allen Iverson anni dopo. Chandler ha aggiunto attorno alla scritta alcuni scudi e sbarre, modificando l’immagine originale. Ancora Iverson.
“Quando ho cominciato a fare i tatuaggi venivo criticato molto. Venivo assalito dalle critiche, ed ero ancora molto giovane. In quel periodo la mia pelle non era dura quanto lo è adesso. Perciò mi dava parecchio fastidio.”
Allen Iverson
E anche se Iverson potrebbe aver accolto la negatività delle critiche fin troppo in anticipo, è stata la squadra con cui ha concluso la decade a confermare l’impatto da lui avuto.
“I Denver Nuggets erano tatuati. Iverson, Carmelo Anthony, JR Smith, Birdman Andersen, Kenyon Martin, Al Harrington e Wilson Chandler, tutti avevano tatuaggi. Ricordo che Wilson Chandler aveva un ritratto proprio sulla sua gola.”
“Birdman, non avevamo mai visto nessun uomo tanto tatuato all’interno della lega. Praticamente ogni colore dell’arcobaleno, e il modo in cui si è ricoperto. Non c’era più spazio. E ha iniziato con AND1. Beh, questo racconta bene dove si è giunti sin da allora.”
Steve Wiebe
Anche se i 2000 hanno visto i giocatori scegliere singoli tatuaggi, i giocatori dei Denver Nuggets stavano mostrando il percorso verso artwork più elaborati, battendo la strada verso ciò che è sotto gli occhi di tutti oggigiorno.
3) Dal 2010 ad oggi: la Blasted Era
Nell’odierna NBA vedere braccia “pulite” in una panchina è davvero insolito. Ci sono ancora alcune star, come gli MVP Nikola Jokic, Giannis Antetokounmpo, Joel Embiid e James Harden, che non hanno tatuaggi in parti visibili, ma sono delle vere e proprie rarità. La maggior parte del talento della lega ha le braccia piene sin dalla sera del Draft, oppure è pronta a creare un evento sui social media durante una seduta sotto l’ago del tatuatore. “Anche Stephen Curry ha dei tatoo.” – ha affermato Wiebe, parlando della collezione di Stephen Curry, ancora in crescita, che prevede alcuni versi della Bibbia Ebraica sul polso destro, WOE (Working On Excellence) sul bicipite, una A in onore a sua moglie Ayesha sull’anulare della mano sinistra, e altri workart rappresentati la sua famiglia, il suo approccio alla vita e i suoi 3 figli –“Sembra quasi sia lindo, ma ne ha un paio.”. Ciò che una volta era raro, oggi è divenuto la norma. Una delle ragioni dell’espansione dei tatuaggi nella NBA è che i giocatori si mostravano reciprocamente i propri artwork nel tempo libero, oppure durante la offseason. Spesso, tutto aveva inizio con una semplice domanda: “Hey, chi te lo ha fatto quello?”. Jennings ricorda di aver visto il tatuaggio sulla schiena dell’ex giocatore NBA, Dorell Wright, che lo ha spinto a chiedergli chi ne fosse l’autore. Wright gli ha parlato di Wiebe, che aveva appena iniziato ad annoverare clienti provenienti dalla NBA, tra cui anche Josh Smith, ex compagno dello stesso Jennings a Detroit e primo giocatore NBA tra i suoi clienti. “Rapirei Steve per 2 settimane.” – ha affermato Jennings – “Staremmo seduti nella mia casa a Santa Monica, scorrendo le varie idee tra film, vini preferiti e ristoranti. Cose con cui siamo cresciuti.”. All’inizio della sua terza stagione in NBA, Jennings aveva già riempito le sue braccia di tattoo, andando alla ricerca di nuove “tele”: le gambe. Wiebe e Jennings hanno iniziato con un ritratto della cantante Lauryn Hill, poi un altro di Sade e la sua bottiglia di vino preferita, Paraduxx, prima di includere ulteriori ritratti e frasi nella sempre crescente collezione di tatuaggi di Brandon. “Penso che quello di Lauryn Hill abbia avuto un grandissimo impatto.” – ha detto Wiebe – “Penso che la gente, vedendolo, abbia pensato: ‘Beh, mi piace. Devo tatuarmi le gambe.'”. Al giorno d’oggi, giocatori del calibro di Jayson Tatum, Cameron Payne e Kevin Durant hanno spazio libero sulle loro braccia, ma enormi tatuaggi nelle gambe. Tatum ha il suo anno di nascita, il 1998, sulla sua rotula sinistra, insieme a ogni canotta di basket indossata nel corso della sua carriera cestistica, un tributo a Kobe Bryant e un ritratto di sua madre e suo figlio. Payne ha una serie di personaggi di Space Jam ad abbellire la sua gamba. Dopo essersi incontrati all’All-Star Weekend a Toronto nel 2016, una chiamata da KD a Wiebe a inizio stagione ha dato il La alla loro amicizia. “Ho il training camp a Las Vegas per Team USA.” – ha rivelato Durant a Wiebe al telefono – “Stavo pensando di fare un tatuaggio di Tupac. Potresti farmelo tu?”.
Poco dopo, Wiebe era nella suite d’albergo di Kevin Durant, intento a tatuare il ritratto del rapper Tupac sulla gamba sinistra dell’All-Star. DeAndre Jordan, che durante quella seduta si trovava al Wynn Hotel, improvvisamente è saltato fuori: “Voglio farne uno domani!”. Wiebe ha finito col tatuare nei 2 giorni successivi l’allora membro dei Los Angeles Clippers, sul quale ha riprodotto ritratti di Marvin Gaye, Ray Charles, Tommy Chong, Willie Nelson e la foto segnaletica di Johnny Depp dal film Blow sul corpo di DeAndre. Durant ha adesso una serie di tatuaggi ispirati alla musica, incluso il suo “first crush” Aaliyah e Lisa “Left Eye” Lopes dai TLC, insieme ai loghi delle crew hip-hop del Wu-Tang Clan e The Diplomats. Ha aggiunto anche Rick James sulla coscia, ricordandogli i primi ricordi legati alla musica a casa di sua nonna. Dopo aver cominciato con Durant e DeAndre Jordan quell’estate a Las Vegas, Wiebe li ha incontrati nuovamente durante le loro vacanze post-Olimpiadi in Grecia e ad Amsterdam, disegnando per loro più di 10 tatuaggi prima della fine dell’estate del 2016. “Preferiscono i tatuaggi alle gambe a quelli alle braccia.” – ha detto Wiebe, parlando dei trend attuali – “Non so se sia solo una cosa legata al basket, ma è una cosa tangibile. E si possono ottenere figure più grandi.”. Mentre Jennings può aver rappresentato un periodo in cui il passaparola in spogliatoio poteva assicurare ad artisti come Wiebe i propri nuovi clienti, l’avvento di Instagram e dei social sta portando a nuovi business l’artista canadese. “I social media mi hanno aiutato moltissimo.” – ha rivelato Wiebe parlando della sua pagina Instagram, che ha superato i 172 mila follower – “Vengo da Vancouver e ho tatuato persone in tutti gli Stati Uniti. Perché non vanno dai loro artisti locali? Penso che coi social media, e il fatto che la gente possa vedere svariati artisti all’opera e ciò di cui sono capaci, stia alzando l’asticella.”. L’influenza dei social media sta funzionando anche con i giocatori della NBA. Damian Lillard, cliente abituale di Wiebe, ricorda vividamente il suo inizio con i tatuaggi: “Il primo l’ho fatto il giorno prima che iniziasse la scuola, ero con mia madre in un centro commerciale in Utah.” – ha raccontato riguardo il viaggio al Newgate Mall, appena diciottenne, appena fuori l’Ogden campus della Weber State University – “Ricordo che dopo averlo fatto mi sentivo tutto tatuato.”. In realtà quel giorno sono stati fatti 2 tatuaggi, che richiamavano al logo della Warner Bros. “Lillard Bros.”, con sopra stilizzate le lettere LB, che lui e suo fratello Houston condividono. Ha inoltre le lettere CF circondate da ali, a testimoniare l’amicizia che lo lega ai Cerfified Fly Guy, un gruppo di suoi vecchi amici. Ha poi aggiunto una scritta parecchio estesa sul suo braccio sinistro.
Dopo aver messo in mostra mezzo braccio per diverse stagioni, Lillard ha ammesso di “Non voler più altri tatuaggi. Avevo qualche idea, ma semmai dovesse realizzarsi, volevo fosse fiammeggiante.”. L’allora Assistant Coach dei Portland Trail Blazers, David Vinterpool, ha in seguito mostrato a Lillard il profilo Instagram di Wiebe. Dopo aver discusso sull’aggiungere i ritratti di pionieri dei diritti civili, come Rosa Parks, Martin Luther King Jr. e altri sul suo avambraccio, Lillard ha optato per tributi più personali.
“Ho un Monte Rushmore con mia madre, mio padre, i miei nonni e mio zio Richard. Ci sono anche altre persone oltre loro, che hanno giocato un ruolo importante nel rendermi la persona che sono, ma non ci sarebbero entrati tutti. Quello è uno ai quali sono più affezionato, perché quelle persone rimarranno con me per sempre.”
Damian Lillard
Come Wiebe avrebbe appreso in seguito, i legami che condivide con i suoi clienti vanno oltre la singola seduta. A tal proposito ha rivelato quanto segue.
“Penso che molti ragazzi si facciano tatuare in periodi della loro vita in cui hanno raggiunto un grosso traguardo, oppure in cui hanno affrontato una grossa perdita o qualcosa di tragico.”
Steve Wiebe
Dopo aver svolto varie stagioni in NBA senza alcuna traccia d’inchiostro sulla pelle, DeMar DeRozan nel 2019 ha intrapreso con Wiebe una serie di dettagliati tributi alla sua famiglia e alla sua città. Bloccato nella residenza di DeRozan a Los Angeles, Wiebe ha dovuto lavorare a uno dei suoi ritratti più importanti: quello del padre di DeRozan, Frank. “Per me essere in quei momenti speciali per la gente, e il fatto che i tatuaggi rappresentino dei ricordi in eterno, è davvero molto speciale. Mi sento molto coinvolto.” – ha rivelato ancora Wiebe. Annovera anche un ritratto della madre di John Wall sulla sua gola tra le sue opere preferite, e il posizionamento non è stato altro che l’evoluzione del ritratto alla gola che Wilson Chandler aveva mostrato anni prima.
I ritratti dettagliati sono divenuti la firma non solo del lavoro di Wiebe, ma anche lo stile preferito dei giocatori della lega. Con i giocatori afroamericani a costituire più del 70% dei roster NBA, fare ritratti di pelle ancora più scura è divenuta una tecnica che Wiebe ha dovuto portare avanti e migliorare. “Il novantacinque percento dei miei clienti ha la pelle più scura.” – ha affermato – “Da cinque a dieci anni fa la gente veniva da me dicendomi di volere un ritratto, ma che forse non poteva perché la sua pelle era troppo scura. Sono fiero di aver eliminato questo problema, per cui adesso non importa quanto scura sia la pelle. Si può sempre fare un tatuaggio che funzioni. Penso che parecchi artisti ne siano intimiditi. Non sanno come approcciarsi o come fare con pelli più scure, e si dedicano solo ai tatuaggi pop. Per me è stata qualcosa su cui ho dovuto lavorare molto.”. Da un punto di vista prettamente tecnico, Wiebe ha elevato al massimo livello il mix di inchiostri e ombreggiature che può garantire una struttura e le profondità necessaria per dare ad un ritratto la giusta forma ed espressione. Ancora Wiebe:
“Più è scura la pelle, e maggiore sarà la profondità del nero nell’inchiostro in modo che risalti all’occhio, poi bisogna lasciare delle aree di pelle più chiara, per creare contrasto. C’è solo meno spettro cromatico su cui lavorare, ma tutto è ancora possibile, a prescindere dalla tonalità della pelle su cui lavorare.”
Steve Wiebe
Negli ultimi anni, col volume dei tatuaggi scelti dai giocatori che ha raggiunto livelli mai visti, richiamando all’esplosione artistica ispirata da Rodman e Iverson, la guardia degli Utah Jazz, Jordan Clarkson si è sottoposto a quella che forse è stata la più grande trasformazione corporea subita da un cestista: è andato da 0 tatuaggi nei suoi primi 3 anni in NBA, all’aggiunta di una serie di ritratti, pieni di ombreggiature, e altri tatuaggi sulle sue braccia mentre giocava a Cleveland, seguiti poi da un altro sull’intero collo e fino alla mandibola. Clarkson, che ha vinto il premio NBA Sixth Man of the Year nel 2021, ha aggiunto un altro volto alla sua collezione. Wiebe ha aggiunto un font carnevalesco sulla sua schiena, che riporta il suo nome, riempiendo anche degli spazi tra gli addominali e il petto. Kelly Oubre Jr., che ha iniziato la carriera molto presto, è un altro dei giocatori più tatuati nella lega attuale. Come per molte delle giovani star all’inizio della decade del 2010, i genitori hanno dato il loro assenso per i tatuaggi anche prima del raggiungimento della maggiore età da parte dei figli. Oubre era molto più giovane. “Ero un freshman alla High School.”, come ricorda lo stesso giocatore. Per Oubre avere tatuaggi rappresenta uno dei traguardi dentro e fuori dal parquet.
“Ero molto fiero di me stesso. Mio padre mi aveva detto che se avessi fatto il mio lavoro a scuola, avendo buoni voti e rimanendo concentrato, e facendo bene anche in campo, tutto sarebbe andato bene. Non aveva nessun problema se mi fossi tatuato in giovane età.”
Kelly Oubre Jr.
Per quanto riguarda l’esecuzione, come per molti altri giocatori, il primo tatuaggio di Oubre Jr. non rappresenta il migliore della sua collezione:
“Ho fatto un tatuaggio sulla spalla che recita: ‘I do it for God. He is my savior.’. Con delle mani semplici, simili a quelle giunte in preghiera, che tenevano una palla da basket, con delle spine attorno alla palla.”
Kelly Oubre Jr.
Da lì, Oubre ha riempito le sue braccia, le mani e il torso nel corso delle prime stagioni in NBA con la canotta degli Washington Wizards. L’allora compagno di squadra John Wall conduceva dei “Tattoo party” ogni tanto, pagando un artista per fare tatuaggi a chiunque volesse. “Poi, John è entrato in contatto con Steve.” – ha affermato ancora Oubre. Wiebe ha ben presto rappresentato un ritratto della nonna di Kelly sulla sua spalla sinistra, in aggiunta a quelli sul petto e tutti i lavori sulle gambe – che spesso attirano l’attenzione dei fotografi a bordo campo, intenti a scattare foto dei ritratti di Jimi Hendrix, Michael Jackson e Prince. Oubre ha rivelato di avere in programma altri tatuaggi.
“Tutti loro sono complessivamente una storia. Quando tutti i miei tatuaggi saranno fatti, saranno tutti connessi e sarete capaci di vedere tutta la mia vita tramite loro.”
Kelly Oubre Jr.
Nel guardarsi indietro, Rodman ha affermato di sperare che i giocatori abbiano un approccio ai loro tatuaggi verso lo storytelling o l’ispirazione stilistica che lui voleva apportare, con enfasi sull’unicità di ogni individuo. “Si spera che pensino si tratti di arte.” – ha affermato Rodman – “Ed è una cosa bellissima.”. Oggi, Dennis Rodman ha affermato che da anni non si sottopone più all’ago del tatuatore: “Ho finito coi tatuaggi. Ma potrei farne un altro prima di passare a miglior vita. Potrei farne ancora uno.”. Lillard, 33 anni, fa parte di una generazione che ha aiutato a rendere i tatuaggi “più accettabili”, sia nello sport che nella società.
“Fanno parte della lega. Anche se si tratta di un tatuaggio di un toro, la gente si farà sempre tatuare. Fa parte della cultura.”
Damian Lillard