La lotta per il credo religioso e l’identità nella NBA. La storia di come la conversione all’Islam cambiò la vita di un giocatore e la Lega per sempre.

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Foto: NBA.com

Questo articolo, scritto da Marc J. Spears per The Undefeated e tradotto in italiano da Marco Cavalletti per Around the Game, è stato pubblicato in data 15 dicembre 2016.


Rasheed Hazzard ha dato via $ 800 e i biglietti per due partite per avere una divisa NBA.

Non si trattava di una maglia di Michael Jordan, LeBron James, Magic Johnson o Stephen Curry, bensì di una divisa indossata da suo padre, ormai deceduto, che riportava il nome “Abdul-Rahman” sulla schiena. Un cimelio che non ha prezzo, per la sua famiglia di credo islamico.


“Qualsiasi indumento effettivamente indossato da mio padre è speciale per me”, ha raccontato Hazzard a The Undefeated. “Ho comprato la divisa da gioco con il nome Abdul-Rahman.”

Il padre dell’allora assistente allenatore dei New York Knicks è maggiormente conosciuto con il nome di Walt Hazzard, ex star e poi capo allenatore di UCLA. Il giocatore, All-Star NBA nel 1968, cambiò il suo nome in Mahdi Abdul-Rahman dopo essersi convertito all’Islam a inizio anni ‘70. La maglia (vintage) dei Golden State Warriors della stagione 1972/73 aveva il numero 44 e il nome Abdul-Rahman sulla schiena.

Una volta ricevuta finalmente la maglia fra la posta, Rasheed Hazzard non è riuscito a contenere le lacrime.

“Quella divisa è il mio tesoro più grande ormai. Amo qualsiasi cosa che possa farmi sentire connesso a lui e farmi avvertire la sua presenza. Non l’ho fatto solo per me, ma ho sentito di doverla avere per la mia famiglia, specialmente per i miei nipoti, che non hanno potuto incontrarlo e conoscerlo… Quella maglia doveva far parte della nostra famiglia.”

Walter Raphael Hazzard nacque il 15 aprile 1942 a Wilmington, Delaware. Fu la star di UCLA nella sua prima corsa al titolo nazionale nel 1964, allenata dal leggendario John Wooden. Il due volte All-America Selection venne anche nominato NCAA Most Outstanding Player delle Final Four nel 1964. Vinse la medaglia d’oro con gli Stati Uniti alle Olimpiadi del 1964 e giocò 10 stagioni in NBA con Warriors, Los Angeles Lakers, Buffalo Braves, Seattle SuperSonics e Atlanta Hawks.

Grande ball-handlerm, fu nella top 10 per assist in sei stagioni NBA, e tenne una media di 23.9 punti a partita ( record personale) con i Sonics durante la stagione 1967/68.

Ne ha parlato l’Hall of Famer Spencer Haywood a The Undefeated.

Giocava duro, con il cuore. In difesa, ti si attaccava alla maglia come un francobollo. Gli avversari si dimenavano e tiravano calci solo per scrollarselo di dosso, ma lui non si muoveva. Aveva quel push shot a una mano che era una bellezza. Arrivando da Philadelphia era stato allenato egregiamente.”

“Era un gran giocatore. Davvero”, ha detto Jaleesa Hazzard riguardo al marito deceduto.

Ma di tutte le sfide che Walt Hazzard dovette affrontare in NBA, la più grande non era relativa al campo da gioco, ma al suo nome.

Walt Hazzard giocò con il suo nome di battesimo nelle sue prime quattro stagioni con Lakers e Sonics, sfoggiandolo sulla maglia l’ultima volta con i Sonics nella stagione 1967/68, nella quale fece la sua unica apparizione all’All-Star Game, segnando 9 punti nel leggendario Madison Square Garden.

Sua moglie, precedentemente conosciuta con il nome di Patricia Shepard, disse che i due iniziarono ad esplorare il mondo dell’Islam per la prima volta nella sua città natale, Washington DC, intorno al 1970. Fu l’allora Milwaukee Bucks ed ex centro di UCLA Lew Alcindor – che cambiò il suo nome in Kareem Abdul-Jabbar una volta convertitosi all’Islam nel 1971 – a introdurre la coppia alla religione di Maometto.

Mi chiedevo perché Alcindor passasse tutto quel tempo a DC. Non ero a conoscenza della moschea. Non sapevo nulla del suo coinvolgimento nell’Islam. Ma lui e Walt stavano spesso insieme perché erano molto amici dai tempi in cui Kareem era arrivato a UCLA.”(Jaleesa Hazzard)

Walt Hazzard e sua moglie parteciparono a molte cene, dove si avvicinarono all’Islam in una casa chiamata Hanafi Center a Washington. Abdul-Jabbar comprò la proprietà per il maestro islamico Hamaas Abdul Khaalis, che si era separato dalla Nation of Islam nel 1958 per fondare un’organizzazione islamica “rivale” chiamata Hanafi Movement. Nel 1972, Khaalis pubblicò una lettera aperta nella quale attaccava la leadership e le convinzioni della Nation of Islam e del suo leader, Elijah Muhammad.

Jaleesa Hazzard guardò da subito a Khaalis con scetticismo. “Per come la vedevo io, aveva delle manie di controllo. Credevo che rischiasse di travisare i valori, che non fosse una brava persona”, ha dichiarato.

Walt Hazzard disse a sua moglie di voler entrare a far parte dello Hanafi Center con tutta la famiglia nel 1970. Nonostante la riluttanza, Jaleesa seguì il marito e ai due furono assegnati i nomi musulmani di Mahdi e Jaleesa Abdul-Rahman. Gli Abdul-Rahman avrebbero poi avuto quattro figli: Yakub, Jala, Rasheed e Khalil, un famoso produttore di hip-hop conosciuto col nome di DJ Khalil.

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La vita da membri dello Hanafi Center non fu semplice per la famiglia. Lo ha raccontato la stessa Jaleesa Hazzard.

“Mi ricordo il processo. Mi ricordo che fui costretta a rasare i capelli di mio figlio Yakub. Fu traumatico. Così voleva Hamaas, questo era il rituale. Era una delle cose che andavano fatte, bisognava rasarsi i capelli. Bisognava effettuare la cosiddetta Shahada, una professione di fede con cui si dice di credere in un solo dio, Allah, e che Maometto è il suo profeta. È un processo molto semplice, ma il rituale che c’è attorno è molto complesso.”

Il padre di Mahdi Abdul-Rahman, un predicatore metodista, faticò molto ad adattarsi al cambiamento generale.

“Era una cosa grossa. Non eravamo più gli Hazzard. Quindi, come potete immaginare, per mio suocero e per la sua famiglia fu molto da digerire. Ci disse cose tipo: prima sei un Hazzard, e ora non lo sei più?”, ha detto Jaleesa Hazzard.

Haywood ha dichiarato che l’assunzione di nomi musulmani da parte di due eminenti giocatori NBA, Abdul-Rahman e Abdul-Jabbar, non fu presa benissimo in America.

“Quando Walt cambiò il suo nome, finì sulla bocca di tutti. Fu un putiferio. Ora c’erano due giocatori che avevano preso nomi islamici. La maggior parte della gente li percepiva come diversi dal resto dei musulmani del mondo. Li vedevano come musulmani neri aventi una retorica dell’odio, mentre loro erano musulmani neri che predicavano la coscienza di sé. La gente era confusa.”

Il 18 gennaio 1973, la proprietà di Khaalis fu il luogo di un sanguinoso attacco terroristico noto con il nome di Hanafi Murders. La Nation of Islam di Philadelphia irruppe nella casa, uccidendo due adulti e cinque bambini di età compresa fra i 9 giorni e i 10 anni. Gli adulti e uno dei bambini furono uccisi a colpi di pistola, mentre gli altri bambini vennero annegati. Tutte le vittime erano parenti di Khaalis.

La famiglia Hazzard, fortunatamente, non si trovava lì al momento del tremendo attacco. Sette membri della Nation of Islam di Philadelphia, tutti collegati a Elijah Muhammad, furono successivamente arrestati e imprigionati.

Hamaas aveva una moglie stupenda, e comprò questa grossa proprietà sulla sedicesima strada a DC. Cerano pochissimi neri in quella zona, e di sicuro non c’erano musulmani. Lui diede vita a questa comunità, in un’area in cui erano presenti molte famiglie e molti bambini. Aveva più di una moglie, se non sbaglio. Insomma, iniziò a costruire questa comunità, e in un certo senso si considerava un rivale della Nation of Islam, cosa che finì per diventare molto pericolosa. Alla fine, loro arrivarono e distrussero la comunità…”(Jaleesa Hazzard)

Gli assassinii dei familiari di Hamaas, però, non dissuasero Abdul-Rahman dal seguire la via dell’Islam. Il giocatore, infatti, si avvicinò ancora di più alla religione dopo un viaggio in Pakistan.

“Walt andò in Pakistan appena dopo essersi convertito, e lì ebbe l’occasione di vedere il vero volto dell’Islam, in contrapposizione alla versione che aveva conosciuto attraverso la moschea di Hamaas quando lui e Abdul-Jabbar vi si avvicinarono per la prima volta. Questo cambiò la sua percezione della religione, e lui la condivise con Kareem. Fu un percorso che affrontarono insieme.”

Walt Hazzard giocava con gli Hawks quando divenne Mahdi Abdul-Rahman, nel 1971. Jaleesa Hazzard ricorda che i compagni di squadra del marito lo sostennero sempre, e che adorarono il kufi – il tipico copricapo musulmano – che indossava ogni giorno. Al contrario, la proprietà e il management non si adattarono con altrettanta facilità. “Non dimostrarono una mentalità molto aperta all’inizio”, ha detto Jaleesa.

Walt, in realtà, non voleva che la moglie e la famiglia vivessero con lui ad Atlanta, a causa del razzismo presente in città. Prima delle partite degli Hawks, ad esempio, veniva sempre suonata la canzone confederata “Dixie”.

“Io ero ancora a Seattle. Avevamo venduto la casa. Lui mi chiama e mi dice: ‘Non so se è il caso che voi veniate a stare qui con me, hanno suonato la f****** Dixie prima della partita.’ Quando gli Hawks giocavano ad Atlanta, non suonavano The Star-Spangled Banner, suonavano Dixie. Dico sul serio.”

Abdul Rahman giocò con i Buffalo Braves (gli odierni Los Angeles Clippers) dal 1971 al 1973. Fu lì che, secondo la moglie e Haywood, incontrò la resistenza più aspra da parte della NBA, del management della squadra e dei tifosi. Haywood l’ha definita una “mancanza di comprensione.”

“A Buffalo era un vero e proprio problema, era chiaro. C’erano persone a cui non piaceva. Si capiva che la Lega ne fosse un po’ preoccupata. Si sentivano commenti come: ‘Perché ha cambiato nome?’ La gente ne discuteva.” (Jaleesa Hazzard)

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“C’era una mancanza di comprensione. A Buffalo venne trattato davvero male”, ha raccontato Haywood.

“Mi parlò di alcune delle cose che lui e Kareem dovettero sopportare. Io gli dissi: ‘Tutto questo solo per aver provato a purificare la vostra anima e ad essere persone migliori?’ Venivano trattati in maniera completamente diversa. Poi c’era la questione del rapporto con i fratelli… Noi giocavamo e Walt non era più Walt. Lo chiamavano ‘Mahdi’ o ‘Rahman’. Lui diceva loro: ‘Io mi chiamo Mahdi Abdul-Rahman.’ Detto per esteso, i fratelli non ne volevano sapere. Dicevano: ‘Io ti chiamo Walt.’ Lui la prendeva molto seriamente.”

Abdul-Rahmad tenne una media di 3.8 punti e 2.5 assist a partita in 11.7 minuti con i Sonics nella stagione 1973/74, che si sarebbe poi rivelata l’ultima. Fu invitato al training camp dei Detroit Pistons nel 1974, all’età di 32 anni.

Benché sua moglie non ricordi se fosse stato lui a lasciare i Pistons o la squadra a tagliare lui durante il training camp, Jaleesa ha raccontato di aver ricevuto una sua chiamata nella quale le diceva che si sarebbe ritirato. Anni dopo, Rasheed Hazzard chiese a suo padre se si fosse ritirato a causa di quello che ha dovuto sopportare dopo la conversione.

“Una volta cresciuto, gli chiesi: ‘Se non avessi cambiato nome e non ti fossi convertito, avresti giocato di più a Buffalo? Avresti giocato a Detroit? Saresti tornato ai Lakers? Saresti andato a New York? Eri un giocatore da Showtime’. E lui mi rispondeva semplicemente: ‘Ho scelto la mia strada. Ho deciso cosa voglio fare. Non ho rimpianti. Non mi guardo indietro. E quello che è successo, è successo.’In quel momento, in realtà, mi stava insegnando il significato di questa religione. Significa essere umili, gentili.”

La famiglia di Abdul-Rahman afferma che Mahdi era molto orgoglioso della sua religione e del suo nome; un nome che non riportò mai legalmente ad Hazzard dopo essersi ritirato dalla NBA. Tuttavia, l’ex All-Star decise alla fine che sarebbe stato meglio farsi chiamare con il nome di Walt Hazzard, pubblicamente.

Abdul-Rahman fu il nome che utilizzò nel suo primo incarico da allenatore al Compton College, ma i media locali e i tifosi si riferivano spesso a lui chiamandolo Hazzard, in quanto quello era il nome a cui erano abituati fin dai suoi giorni a UCLA. Walt tornò a usare il suo nome di battesimo pubblicamente per la prima volta sulla panchina di Chapman College. Jaleesa Hazzard, che usa il nome Abdul-Rahman nelle sfere private, ha descritto l’uso dei due nomi come una scelta necessaria.

“Si rese conto della situazione. Volendo allenare, decise che Hazzard era il nome con cui lo conosceva la gente. Si era fatto un nome in questa città, e quel nome era Hazzard, giocando a UCLA. Quindi decise di usare quello. Non mi dava fastidio. Mi stava bene. Ma a casa, è sempre stato Abdul-Rahman.”

Con il nome di Walt Hazzard a UCLA, il coach dell’anno della Pac 10 Conference del 1987 partecipò ad un torneo NCAA e vinse il National Invitational Tournament del 1985. Ottenne un record di 77-47 nelle sue quattro stagioni a UCLA, salvo venire poi licenziato al termine della stagione 1987/88.

L’Hall of Famer Reggie Miller ha dichiarato di aver scelto di giocare a UCLA in gran parte a causa dell’atmosfera che aveva creato Walt. “Eravamo sempre tutti invitati a venire a vedere le partite, mangiare e stare insieme”, ha detto Miller a The Undefeated.

“Penso fosse per quello che la famiglia UCLA era così speciale e così unita, a causa di quella politica delle porte sempre aperte. Probabilmente è per questo che sono rimasto tutti e quattro gli anni, perché adoravo l’atmosfera che circondava il programma.”

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Walt Hazzard ha mai parlato, in quel contesto, della fede islamica? “Assolutamente no. Mai”, ha dichiarato Miller.

“Ovviamente lo sapevamo, ma non è mai venuto fuori. Non ne parlava mai. Noi non ne abbiamo mai parlato perché ci concentravamo sullo studio, sull’attività sportiva, e lì finiva. Non parlavamo mai di religione, di politica o di niente del genere. Se io avessi voluto, sono sicuro che me ne avrebbe parlato. Ma non è mai successo.”

Dopo i suoi anni da allenatore a UCLA, i Lakers assunsero Abdul-Rahman per il ruolo di advance scout, e lui usò il nome di Walt Hazzard.

Il 22 marzo 1996, però, Abdul-Rahman venne ricoverato a seguito di un ictus. Non si riprese mai del tutto fisicamente, e questo lo rese impossibilitato a continuare il suo lavoro con i Lakers.

L’allora proprietario Jerry Buss disse che Abdul-Rahman sarebbe rimasto un membro della famiglia Lakers per il resto della sua vita, con assicurazione sanitaria, quattro biglietti stagionali e due parcheggi. La casa degli Abdul-Rahman a Los Angeles ha ancora il logo dei Lakers stampato sul vialetto.

“Mia mamma era preoccupata per l’assicurazione sanitaria e lo stipendio. Il giorno prima che venisse operato, alzammo lo sguardo e vedemmo non un qualsiasi incaricato, ma l’allora general manager dei Lakers, Jerry West uscire dall’ascensore con una cartella mandata dal Dr. Buss, nella quale ci dicevano che nostro padre avrebbe avuto un lavoro e avrebbe ricevuto uno stipendio, e che avremmo avuto biglietti stagionali fino al giorno in cui lui non sarebbe stato più su questa terra. E la promessa fu rispettata, fino all’ultimo giorno.”(Rasheed Hazzard)

Dopo l’operazione, Abdul-Rahman divenne una presenza fissa agli allenamenti dei Lakers, durante i quali sviluppò un profondo legame con l’altro nativo di Philadelphia, Kobe Bryant.

“Io racconto sempre questa storia: Shaq e Kobe, si può dire che si detestassero, litigavano sempre. Ma se c’era una cosa su cui andavano d’accordo, era quanto volessero bene al mio vecchio. Si prendevano entrambi cura di lui.”

Abdul-Rahman partecipava anche agli allenamenti del figlio, quando quest’ultimo allenava alla Venice High School, e lo sostenne poi quando iniziò a lavorare per i Lakers. Prima delle partite in casa, i due si scambiavano spesso un segnale con la mano, ognuno per ricordare all’altro di essere lì.

Nel 2011, lo stato di salute di Abdul-Rahman iniziò a peggiorare e venne ricoverato in terapia intensiva. Morì allo UCLA Ronald Reagan Medical Center il 18 novembre 2011, a causa di alcune complicazioni insorte dopo un’operazione al cuore. Nei suoi ultimi giorni, l’amico che passò più tempo al suo fianco fu l’uomo che lo aveva introdotto all’Islam.

“Durante l’ultimo mese di mio padre, Kareem rimaneva in ospedale per ore. Kareem se ne stava lì, nell’angolo della stanza a dormire o a parlare. Sapete che la gente dice che Kareem non parla? Sì che parlava. Lui veniva lì, si sedeva e teneva compagnia a mio padre e a me. Credo che lui mi veda come un’estensione di mio padre. Io e Kareem parliamo molto. E lui era una delle persone, quando ero ai Lakers, che mi raccontavano storie su mio padre, e sul suo rapporto con l’Islam, e perché fosse così importante per mio padre. Mi trasmetteva quelle storie perché mio padre non ne era più in grado.”

Rasheed Hazzard ha raccontato di come molti musulmani vadano ancora da lui a esprimere il loro apprezzamento per suo padre. Lui spera che la storia di Mahdi possa mostrare agli americani qual è il vero volto dell’Islam.

“Ho conosciuto diversi musulmani a New York, e mio padre è stato importantissimo per loro. Kareem e mio padre hanno combattuto in prima linea per la loro causa. Non sono solo stati orgogliosi di essere musulmani, sono stati anche dei fedeli modello. Sono stati brave persone. Sono stati uomini di famiglia.Dite pure quello che volete su mio padre o su Kareem, ma loro hanno vissuto con dignità, e la gente li rispetta. E se i media si concentrassero più su questi musulmani, su queste persone che fanno del bene, ci sarebbe una percezione dell’Islam completamente diversa.”