Alla scoperta di HanSen Yang, divenuto virale alla Draft combine e pescato molto più in alto del previsto dai Portland Trail Blazers

HanSen Yang al Draft 2025, ribattezzato "Jokic cinese".
FOTO: USA Today

Negli Stati Uniti, non solo nello sport, la ricerca della replicabilità è un’ossessione. Quando qualcosa ha avuto o ha in questo preciso momento successo, sembra quasi necessario trovarne una copia, un’imitazione più recente, qualcosa capace di regalare quelle stesse emozioni – e quelle vendite – troppo belle per essere dimenticate. Lo spopolare dei live action, per quanto rigettata soprattutto dalle generazioni precedenti che hanno vissuto l’originale, è solo un esempio preso dal mondo cinematografico, non troppo differente da quello dello showbusiness sportivo.

L’NBA ne fa parte. La ricerca del “nuovo giocatore X” viene spesso esasperata, al punto da creare aspettative esagerate su individui tutt’altro che in grado di soddisfarle, facendo prendere numerose cantonate a poveri tifosi occasionali illusi dagli highlights, ma anche ad addetti ai lavori stregati dai workout o semplicemente alla ricerca di engagement sui social media.

E così si comincia a parlare prima del nuovo Michael Jordan, poi del nuovo Kobe Bryant e si finisce addirittura con il nuovo Anthony Edwards, nonostante i nemmeno 24 anni di quest’ultimo. Basta una scintilla, una minima somiglianza, un polsino o una fascetta indossati in un certo modo, un mezzo fadeaway o una spin move al college o alla combine per eleggere l’erede di una vecchia superstar, di un Hall of Famer o addirittura di una stella attualmente nel prime.

“Hey LeBron, Ben Simmons è qui, siamo apposto così”, recita Colin Cowherd in uno dei più celebri meme NBA, e il risultato finale non è troppo diverso da quello di molti giovani prospetti o rookie paragonati agli all-timer. Nostalgia istantanea? Ricerca di emozioni nuove in storie già viste? Due facce della stessa medaglia?

Il Draft, e lo scouting, si prestano necessariamente a queste dinamiche, dal momento che le analisi dei prospetti partono da conoscenze pregresse, pattern esistenti da tenere in considerazione e richieste prestabilite figlie del contesto storico. Scegliere Nikola Jokic nel 2014 non era lo stesso rispetto a sceglierlo nel 2025, perché la pallacanestro si è evoluta, adeguandosi a questi giocatori e plasmandosi su di loro – questo nome non è casuale, ci torneremo a breve.

Servono così delle comparison, dei paragoni che aiutino addetti ai lavori e non a capire con quale archetipo di giocatore si abbia a che fare, da quale base partire. Sono necessarie conoscenze dettagliate del bagaglio individuale, ovviamente, non bastano due highlights per tracciarne il profilo. O forse sì?

Il caso di HanSen Yang è molto particolare, sotto questo aspetto. Joe Cronin dei Portland Trail Blazers ha dichiarato di aver puntato su un “talento unico che seguono da un po’ di tempo”, e una fonte interna ai Denver Nuggets avrebbe scritto all’insider NBA Jake Fischer “Jokic cinese”, aumentando ulteriormente l’hype attorno a questa particolare selezione.

Ma molti addetti ai lavori, al contrario, ritengono si sia trattato di una “reach” esagerata, cioè di una scelta salita fin troppo più in alto del consensus – che dichiarava circa secondo giro avanzato. Tanto esagerata che Brett Siegel, insider di ClutchPoints, riporta queste parole di un membro anonimo di un front office NBA: “È la scelta più assurda che abbia mai visto. Quei posti di lavoro lassù sono a rischio”.

Ora, alla base dello scambio, per dire la verità, ci sono anche ragioni più complesse. Con un roster sostanzialmente già completo, o quasi, i Portland Trail Blazers volevano sicuramente scendere, effettuare un cosiddetto “trade down” per ricavare asset futuri. E ci sono riusciti alla grande, ottenendo dai Memphis Grizzlies un bel tesoretto per la scelta 11, composto da una first-round pick 2028 e due scelte al secondo giro, oltre alla 16 nel Draft 2025.

Il problema è che probabilmente si aspettavano di poter scendere più giù della 16, magari a fine primo giro, avendo già in testa comunque di selezionare HanSen Yang ma in un territorio più consono a una scommessa di questo genere. Probabilmente, l’offerta di Memphis è stata molto buona, l’hanno accettata ed eccoci qua a parlare di “Jokic cinese”.

Una semplificazione, questa delle definizione, dovuta tanto agli highlitghts, quanto alla ricerca dell’imitazione/dell’emulazione, due cose che comunque non si escludono a vicenda, anzi. Come Jokic, HanSen Yang – il nome, in cinese, è un composto di “Han” e “Sen”, mentre “Yang” è il cognome – è un profilo internazionale, proveniente dalla Chinese Basketball Association, la “serie A” cinese.

Il livello della Lega è più basso di quello dei vari campionati europei, forse anche di quello medio collegiale, ma è comunque un campionato valido, con tanti giocatori ex o rigettati dalla NBA – tra gli All-Star dell’ultima edizione figurano Qi Zhou e Fanbo Zeng, ma anche Kenny Lofton Jr. Poco importa all’utente medio americano, comunque, l’importante è che venga da fuori, portando con sé quel fascino esotico figlio di stereotipi vari.

Quanto al giocatore, la sua produzione ai Quingdao Eagles è stata dunque buona, il minimo che ci si aspetta da un giocatore NBA, con 16.6 punti, 10.5 rimbalzi e 3.0 assist nella stagione 2024/25, tirando con il 61.3% da due punti e il 33.3% su un tentativo a partita da tre punti. Numeri sicuramente interessanti, anche se l’epiteto “Jokic cinese” deriva da qualcosa di più specifico.

Tutto il “buzz” intorno a lui arriva dalla Draft Combine, dove ha annientato il suo matchup – Vladislav Goldin da Michigan, un sette piedi come lui e prospetto da fine primo giro/secondo giro – facendo intravedere numerosi flash da passatore interessanti, tra cui un passaggio divenuto virale eseguito alla perfezione in un fazzoletto.

Lo stile di gioco per uno di 218 centimetri è molto peculiare, e anche per questo ricorda Jokic, trattandosi di un giocatore dal tetto offensivo abbastanza alto, dotato di buon tocco, che ha mostrato un buon raggio di tiro, abilissimo da rollante e in post, con questi flash incredibili da passatore.

In difesa, a differenza di Jokic, ha i mezzi per non essere un buco nero, anche se non è un’ancora sulla quale costruire la squadra, per usare un eufemismo, e sarà soprattutto da valutare in una competizione di livello NBA. E la questione si riduce tutta qui.

Il fatto che abbia fatto esclamare “wow” a qualche scout alla Draft combine non è un buon motivo per sceglierlo così in alto, e il rischio che un giocatore simile si riveli un bust aumenta esponenzialmente quando lo si valuta eccessivamente rispetto al consensus. Si tratta di una scelta appena fuori dalla lottery, non a fine secondo giro come Jokic, rendendo quella che doveva essere una scommessa così un importante investimento.

In sé, quindi, non è sbagliato scegliere HanSen Yang, semplicemente in questa maniera rischia di diventare un azzardo, nonostante gli asset riguadagnati. E qui una certa influenza di Jokic, tornando a quelle famose comparison, probabilmente si è fatta sentire, al netto dei flash intravisti che avrebbero comunque portato qualcun altro a puntarci sicuramente su – magari tra cinque anni saremo tutti ad elogiare i Blazers e a prendere per i fondelli le 15 sopra che lo hanno passato.

Ma quello che può fare davvero male è l’eccesso, l’ossessione, la ricerca esagerata della fotocopia, che reca con sé adesso aspettative necessariamente alte per il cosiddetto “Jokic cinese”, il quale – trovando una grossa differenza con il più volte MVP serbo – è stato scelto in mondovisione e in presenza (ricordiamo inoltre che è cliente di KlutchSports, non uno sconosciuto qualunque), non mentre dormiva a centinaia di chilometri di distanza e sugli schermi passava una pubblicità di Taco Bell.

Questo per ricordare che ogni storia è differente dall’altra, e nessuna replica potrà mai riprodurre al 100% l’originale – per quante possano essere la affinità.