© The Knicks Wall

 

 

Dopo le delusioni per le sconfitte delle squadre di Stephon Marbury e David Lee, andate avanti per una decina d’anni, i Knicks hanno iniziato il decennio 2010-20 con buone speranze per il futuro. Dopo nove anni di sonore sconfitte, infatti, ci fu un cambio di rotta dovuto alla trade per la superstar Carmelo Anthony.

 

L’affare creò scalpore in quanto Melo era un imminente free agent e questa mossa aveva il sapore di una classica scelta a breve termine di New York, che però avrebbe così messo sotto contratto un finalizzatore implacabile da affiancare a un sei volte All-Star (Stoudemire) e a supporto di una squadra discreta. La situazione poteva essere molto interessante.

 

Per un breve periodo parve che lo fosse davvero. Ma il barlume di speranza dei primi anni di presidenza Obama e della trade di Melo fece presto spazio alla delusione, complici gli infortuni ad Amar’e Stoudemire. I Knicks sono riusciti ad andare ai Playoffs solo nei primi tre anni del decennio, incapaci di capitalizzare al massimo le qualità della squadra costruita dal front office.

 

Nonostante il fallimento, che sarebbe diventato miserabile nelle annate successive, quelle prime tre stagioni e quei Playoffs furono un “orribile divertimento”. Quei team comprendevano infatti giocatori interessantissimi, come il Sesto Uomo dell’Anno JR Smith, con i suoi lacci slegati agli avversari e le bizzarre risposte su Twitter, o “Pudgy Ray” (Felton) che assisteva un barbuto Tyson Chandler, oppure “The Old Man” Rasheed Wallace, Steve Novak con le sue piogge di triple, Pablo Prigioni con i suoi recuperi, Jeremy Lin che duellava con Kobe Bryant, Iman Shumpert a impressionare tutti con la sua schiacciata contro Indiana…

 

Da quando i Pacers di Roy Hibbert hanno messo fine alla più lunga corsa ai Playoffs dal 2000 dei Knicks, si ebbe conferma che nulla di tutto ciò sarebbe durato a lungo. Da quella stagione (2012/13) in poi, fu un ritorno al medioevo cestitico per NY.

 

Già dal 2015 il “periodo Melo” si trascinava avanti a forza. Phil Jackson provava a implementare il triangolo, che letteralmente nessuno apprezzava e una serie di allenatori veniva sommersa di critiche fin quando la cosiddetta “Melo-Era” terminò, con una trade. Anthony fu ceduto a Oklahoma City in cambio di un centro non eccezionale Enes Kanter, “Dougie McBuckets” (ovvero Doug McDermott, la cui chimica con Kyle O’Quinn sarà leggenda per le generazioni future) e una scelta al secondo round che poi è stata Mitchell Robinson (sì, finalmente una nota positiva).

 

Dopo tutto questo, la città è diventata di un lettone decisamente atipico, tanto da meritare l’appellativo di “Unicorno”. Kristaps.

 

Knicks_Porzingis_NBA_Around_the_Game

 

Le promesse e delusioni di Kristaps Porzingis hanno qualcosa di shakespeariano. C’è sempre un’aura speciale attorno a una superstar “locale”, e KP sembrava proprio possedere qualcosa del genere. Un lettone newyorkese. È difficile capire cosa effettivamente sia andato storto tra Porzingis e i Knicks, ma di certo la situazione è sfuggita di mano a Phil Jackson.

 

Jackson aveva già oscurato il talento di Melo forzandolo a giocare con schemi e tattiche datate, per poi infangarne la professionalità criticando pubblicamente la sua etica del lavoro. Ma il modo in cui è stato cacciato Kristaps è qualcosa di ancor più inspiegabile (e doloroso per i tifosi Knicks). KP infatti passò dall’essere un simbolo di speranza per un futuro post-Carmelo ad un emblema dell’incompetenza e della disperazione dellafranchigia. Ad aumentare il carico, per i tifosi di New York, oltre allo spettro del duo Doncic-Porzingis, ci sarà anche quello composto da Kyrie Irving e Kevin Durant a perseguitare i tifosi per qualche decennio.

 

Detto ciò, andando a confermare la parabola discendente dei Knicks, è stata creata un’app da Ryan Gray per costruire la propria squadra dei Knicks preferita della storia, e pochi giocatori fanno parte dei team dal 2010 in poi. La maggior parte di essi proviene dalla squadra della stagione 2012/13, la più dinamica del decennio, con ranking di 5.9/10. Ecco di chi si parla:

 

 

Jeremy Lyn (2012/13)

 

Aver vissuto a New York durante la “Linsanity” è indescrivibile. Il più grande regno dei fan nella più ristretta area geografica degli Stati Uniti, tutto attorniato ad un esile giocatore ex D-League che provava a cambiare le sorti di una squadra che sino ad allora aveva perso 11 di 13 partite e appariva fuori dalla corsa per i Playoffs.

 

Partiva da 15esimo del roster e dormiva sul divano del fratello a Stuy Town, ma riuscì a elettrizzare la Grande Mela per due settimane che parvero eterne. Nonostante le luci e la fama della città, circa l’80% della popolazione è costituita dalla classe lavoratrice, che affronta la giornata con una quotidiana sensazione di sofferenza. Lin diede a quella gente qualcuno in cui credere. La gente non si limitava solo a credere in lui, allora. Il suo coraggio rubò letteralmente i cuori. La gente di New York City durante la Linsanity pareva avere quel tocco di autostima in più che di solito mancava. Era possibile percepire l’energia vibrare nell’aria in tutti i quartieri.

 

Lin scatenò anche la gioia e l’orgoglio del popolo di immigrati cinesi negli Stati Uniti, per i quali in Yao Ming era troppo difficile identificarsi. Si rivedevano, però, nel giovane inatteso, esploso dal nulla nella Lega. Il razzismo contro gente di provenienza asiatica è meno diretto e secco rispetto a quello vissuto ad esempio dagli afroamericani; è meno visibile, si confonde tra miti, voci di corridoio, fissazioni popolari. Ma c’è. L’esplosione di Jeremy Lin non fu solo un fenomeno sportivo, fu soprattutto un fenomeno culturale capace di abbattere stereotipi e dare voce a chi non l’aveva avuta.

 

Furono diverse le giocate che infiammarono i cuori dei tifosi newyorkesi, tra cui i 38 punti contro Kobe Bryant e la tripla match-winner a Toronto (quando ancora prendere triple non era così in voga…)

 

 

 

 

Jason Kidd (2012/13)

 

Anche se all’inizio della Stagione 2012/13 era già 39enne, Jason Kidd era un elemento importante di quel roster. La velocità non era più tra le sue armi migliori, ma la tecnica, l’abilità nel difendere e la visione di gioco lo rendevano il miglior direttore d’orchestra per gli schemi dei Knicks. Pur avendo totalizzato solo 6 punti, 4 rimbalzi e 3 assist a partita in 27 minuti di media, la sua impronta di gioco era visibile ovunque. Persino Anthony gli lasciava condurre il gioco quando erano contemporaneamente in campo.

 

In quella stagione New York stabilì il record di triple (poi frantumato, ovviamente). Era una squadra composta soprattutto da giocatori dinamici, che attraverso il loro modo di giocare in quel sistema acquisirono fiducia e migliorarono molto durante l’anno. Certamente Jason aveva un ruolo in tutto questo.

 

 

JR Smith (2012/13)

 

JR Smith è a detta di molti tifosi non solo il miglior Knick del decennio 2010, ma probabilmente anche uno dei migliori di sempre.

 

La sua carriera è ricca di eventi stravaganti: riuscì a far firmare un contratto da professionista al fratello Chris Smith con i Knicks, pur essendo giudicato da alcuni General Manager “il peggior giocatore di Summer League mai visto”; spesso usava slacciare le scarpe ai giocatori avversari durante i tiri liberi; la cantante Rihanna ha detto di averlo visto fare le ore piccole prima di ogni partita dei Playoffs; frequenti rumors non proprio desiderabili sui vari social (specie su Twitter, dove ha sempre fatto divertire i suoi follower)…

 

Nel 2011 andò in Cina durante il lockout, mettendo a referto una media di 60 punti a partita, pur senza mai presentarsi agli allenamenti (ciò gli costò circa un milione di dollari di multa). Inoltre, con i Cavs, nel finale di Gara 1 delle Finals 2018 contro i Warriors… lo ricordate tutti. E non era la prima volta che JR si dimenticava di tirare allo scadere!

 

 

Carmelo Anthony (2012/13)

 

C’è poco da aggiungere riguardo il finalizzatore angelico di quella stagione. L’uomo col sorriso più coinvolgente dell’intera NBA diede ai fan dei Knicks sotto i 25 anni la loro prima volta ai Playoffs. Il decennio 2010 è l’Era di Melo. Senza dubbio, né discussioni.

 

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Sarebbe una maniera dignitosa per lui e i Knicks finire questo decennio con una firma per un contratto da 12esimo uomo? Almeno in onore della meravigliosa stagione 2012/13…

 

 

Tyson Chandler (2012/13)

 

Prima della stagione 2012/13, Chandler aveva giocato ad alti livelli soprattutto (se non: solo) nella metà campo difensiva. Durante quella magica stagione aggiunse alla sua esperienza e all’abilità nel prendere rimbalzi qualcosa anche in attacco, rendendo la sua squadra un’avversaria temibile da affrontare.

 

La difesa, comunque, era il suo forte. Più che intimidire l’avversario, Chandler era un vero e proprio rim protector, e la sua grinta, la sua ferocia diedero alla squadra questa stessa identità. La sua energia era perfettamente complementare con le giocate tecniche di Kidd.

 

 

Kristaps Porzingis (2017/18)

 

Molti tifosi Knicks possono ancora provare risentimento o tristezza nel vedere il talento di KP lontano da New York, a Dallas, specie perché alcuni non si spiegano bene le ragioni della sua partenza. Ma è doveroso inserire il talento lettone in questo elenco. Avrebbe potuto diventare il nuovo idolo della Grande Mela, se avesse accettato la posizione da centro e non avesse avuto frizioni col front office…

 

 

Steve Novak (2011/12)

 

Steve era davvero un cecchino. Tirava triple con una media del 47.2%, con più di 5 tentativi a partita nella stagione 2011/12. In neanche 19 minuti, era in grado di garantire alla squadra un contributo costante dal perimetro.

 

 

Le sue abilità di tiro ampliarono parecchio le possibilità (e le spaziature) offensive dei Knicks. E non verranno mai dimenticate le sue esultanze dopo i double-check replay.

 

 

Raymond Felton (2010/11)

 

Raymond  è uno dei giocatori più memorabili di questo decennio per i Knicks.

 

Più che per le statistiche o per le doti tecniche impressionava, di lui l’imprevedibilità nel condurre il gioco. Nessuno si sarebbe mai aspettato che un ragazzo tozzo come lui potesse facilmente dirigere una squadra. La sua arma segreta contro le difese avversarie era la velocità, soprattutto dal punto di vista decisionale, e l’intesa costruita con Tyson Chandler nei pick&roll.

 

Nel 2011 fu tradato “per” Melo, per poi far ritorno ai Knick due anni più tardi.

 

 

 

 

 

 

 

 

© The Knicks Wall

 

Questo contenuto, prodotto da Harley Geffner per The Knicks Wall e tradotto in italiano da Marco Marchese per Around the Game, è stato pubblicato in data 19 Ottobre 2019.