Questo articolo, a cura di Tommaso Di Vincenzo, è stato realizzato dalla community Houston Rockets Italia per Around the Game.


Nella notte del 13 settembre, Houston riceve una sonora sconfitta, 119 a 96 per i Lakers: avventura nella bolla finita, sogni di titolo spenti e tanta paura.


Il ciclo finisce, il primo ad abbandonare è Mike D’Antoni. Il coach dello small-ball, che tante gioie ha regalato nella città della NASA, decide di non intavolare nemmeno una discussione per un rinnovo e lasciare Houston.

Poco dopo finisce anche il ciclo di Daryl Morey, il GM che dal 2006 lavorava per i Rockets. Un’uscita pesante: Morey è stato il creatore dei Rockets post Yao e T-Mac, colui che ha portato Harden a Houston, che ha creato la squadra che è andato a un infortunio di Chris Paul dalla possibilità di poter vincere un anello.

Piano piano gli insider fanno uscire notizie sempre più allarmanti; poco prima del Draft viene scambiato Robert Covington; Russell Westbrook viene spedito nella capitale per una scommessa come il rientro di Wall; inoltre tante voci, sempre più veritiere, parlano di un malumore di James Harden che chiede una trade dopo 8 anni in maglia Rockets. L’arrivo di Stephen Silas come coach, Rafael Stone promosso come GM e la firma di DeMarcus Cousins non sembrano invogliare il Barba a rimanere.

Il primo punto di questa analisi è sicuramente James Harden. Il giocatore ha espresso, anche in maniera poco professionale, il suo desiderio di volare lontano da Houston, gelando i tifosi. La poca professionalità dimostrata nella gestione iniziale è stata accolta con molta rabbia dalla fan base, che in gran parte aspetta solo che la franchigia possa voltare pagina. Ma Stone, ovviamente, sa che non può svendere Harden.

Iniziata la stagione, poi, l’ex MVP ha mostrato professionalità, trascinando spesso la squadra (come contro Portland), molto generoso, cerca i compagni e difende. Cosa succederà, allora, con Harden? Ogni tifoso ha la sua opinione, probabilmente però il Barba verrà scambiato.

Il suo contratto di oltre 40 milioni pesa molto sul salary, Houston è in luxury, senza scelte e con pochi giovani: il sacrificio forzato del Barba, insieme probabilmente a quello di PJ Tucker, può essere il punto di partenza per una rifondazione veloce basata su John Wall e Christian Wood.


FOTO: NBA.com

Il coach è una piacevole sorpresa. Stephen Silas è al primo anno come head coach NBA, ma negli anni ha allenato giocatori come LeBron James e Luka Doncic, e proprio a Dallas ha avuto ottime soddisfazioni: era il responsabile dell’attacco dei Mavericks un anno fa, con Luka e compagni che avevano il miglior rating offensivo di tutta la NBA.

I Rockets hanno portato a casa diverse sconfitte in queste prime uscite, ma la squadra di coach Silas è riuscita a tratti a mettere in mostra un buon gioco. Wall e Wood si sono dimostrati da subito due innesti importanti, e il sacrificio di Covington per arrivare all’ex Pistons si è già rivelato come un autentico colpo di mercato per Stone, che ha finalmente coperto il ruolo di 5. Wood in difesa deve sicuramente migliorare, ma la sintonia con le due guardie superstar è veramente alta. Il Barba gli fornisce 4.8 assist di media a partita… ed è già Harden-to-Wood.

Wall, poi, non sembra fermo da due anni: è tornato il solito John, penetrazioni al ferro, un primo passo fulminante e, finora, una scarsa affidabilità nel tiro da fuori. Ottimi poi gli innesti Jae’Sean Tate e Sterling Brown, due giocatori che hanno guadagnato minuti; il primo, un mastino su ogni pallone, è un rookie interessante (anche se ha 25 anni) che ha saputo conquistarsi un ruolo importante nelle rotazioni; Brown, invece, è il tiratore più efficace della squadra, grazie al suo 52.6% dal perimetro (su 3.2 tentativi a partita) finora in stagione.

L’inizio dei Rockets, però, non è stato buono. La sconfitta è arrivata quattro volte nelle prime sei uscite dei texani. Certo, con attenuanti: Houston non ha giocato nessuna partita al completo. La metà campo difensiva, però, è un evidente tallone d’Achille.

La difesa perimetrale è spesso blanda, la squadra concede molti tiri aperti esotto il ferro le cose non migliorano. PJ ci mette del suo, ma è sempre almeno 10 cm più basso dei giocatori che marca. Wood soffre sui piccoli e ha un peso inferiore rispetto alla maggior parte dei pari-ruolo. I rimbalzi sono così un grosso problema: Houston, al momento, è la seconda squadra dell’NBA che cattura meno rimbalzi ed è sopra la media per rimbalzi offensivi concessi agli avversari.

Il lavoro di Silas è ancora lungo. Guardare giocare Houston è divertente e il coach ha tenuto alcune caratteristiche del sistema dell’anno scorso, ma il suo tocco personale già lo vediamo.

Le aspettative della stagione passano chiaramente da Harden e dell’evolversi della sua situazione. E per questo, ad oggi è difficile immaginare Houston come una contender, nonostante uno dei migliori backcourt della Western Conference.

Le prospettive più rosee potrebbero vedere Houston al secondo turno dei Playoffs, ma la strada è lunga e probabilmente il roster dopo la trade deadline non sarà più questo.