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La tavola per i Playoffs è apparecchiata, o quasi. Il mercato delle trade si è concluso nella serata di ieri e a questo punto restano solo le ultime occasioni sul mercato dei buyout (tra i nomi da tenere d’occhio, Tristan Thompson, in uscita dai Cavs dopo l’arrivo di Drummond e accostato ai Celtics) e tra i free agent (in primis Darren Collison e JR Smith).
Non è stata una trade season particolarmente movimentata. Anzi, a parte lo scambio di mercoledì a quattro squadre e 12 giocatori (con Capela diretto ad Atlanta e Covington a Houston, tra gli altri), fino alle ultime ore è stata una delle più “fredde” che si ricordino. Almeno fino a che non sono arrivate le “Woj Bomb” relative ad Andre Iguodala, D’Angelo Russell e Andre Drummond, i tre colpi più rumorosi della giornata di ieri.
Chi sono i vincitori di questi ultimi giorni? E chi, invece, ne è uscito peggio? Proviamo a farcene un’idea.
Vincitori: Los Angeles Clippers
La squadra di Doc Rivers è l’unica contender ad uscirne rafforzata. Oltre ad Isaiah Thomas, destinato al buyout, la trade a tre con Knicks e Wizards ha portato a Los Angeles uno dei giocatori più richiesti dell’NBA (principali rivali ad Ovest incluse), Marcus Morris.
Nel pieno del suo prime, l’ex Knicks sta disputando la sua miglior stagione in carriera e aggiunge importanti doti realizzative a un roster che già poteva fare affidamento su quattro giocatori da almeno 20 punti a partita (o quasi, Lou e Montrezl sono attualmente a quota 19.4 e 19.1). Tiratore d’élite (44% circa da tre in stagione, con oltre 6 tentativi a partita e il 46.8% in catch&shoot), Morris assicura a Doc Rivers anche versatilità difensiva e la possibilità di schierare lineup molto fisici durante i Playoffs.
Il classico “noleggio” per un giocatore che sarà free agent a fine anno e per cui i Clippers non hanno dovuto sacrificare granché: Moe Harkless (anche lui UFA a luglio), Jerome Robinson e la prima scelta al Draft 2020 (ovviamente bassa). Ovvero, senza privarsi di Landry Shamet (cui New York era molto interessata), vero “goal” del front office losangelino.
Sconfitti: Detroit Pistons
La volontà del front office di scambiare Andre Drummond era tutt’altro che un segreto. Era lecito, però, aspettarsi che i Pistons riuscissero ad ottenere più che Brandon Knight, John Henson (entrambi in scadenza) e una seconda scelta dai Cleveland Cavaliers.
Il contratto di Drummond prevede una player option da 28.7 milioni di dollari per la prossima stagione, che Detroit temeva di dover pagare, vedendo così il proprio spazio salariale per la free agency 2020 ($34 M circa) ridursi drasticamente. Non correrà questo rischio, ma si libera del proprio centro, due volte All-Star negli ultimi quattro anni, per una second round pick soltanto.
Addio al veleno, tra l’altro, per Drummond, che su Twitter ha scritto: “Se c’è una cosa che ho imparato in NBA è che la lealtà non esiste. Ho dato anima e corpo per i Pistons. E il fatto che una trade del genere sia avvenuta senza che nessuno mi avvertisse mi fa constatare una volta di più che questa lega è soltanto business. Ti amo, Detroit, sarai sempre speciale per me”.
Aggiungendo (con entusiasmo…): “ma guardiamo avanti, ai Cavs: finiamo l’anno nella maniera giusta”.
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Vincitori: Miami Heat
Pat Riley non è riuscito a compiere nella sua interezza il piano iniziale, non essendo riuscito a soddisfare le richieste di OKC e di Danilo Gallinari per portare in Florida l’ala dei Thunder (con un’estensione salariale); ma è riuscito ad aggiungere ulteriore profondità, esperienza e solidità al roster con le preziose aggiunte di Andre Iguodala e Jae Crowder.
In arrivo da Memphis, per i due non è stata ceduta alcuna scelta al Draft. Anzi, Miami si è liberata di due contratti (per motivi diversi) indesiderabili, quelli di Dion Waiters e James Johnson, che pesavano oltre 28 milioni di dollari anche per la prossima stagione; oltre a Justice Winslow, il giovane più atteso ma meno interessante dello young core degli Heat.
Iguodala arriva a Miami firmando un’estensione salariale da $30 M per due stagioni, ma con una team option che lascerà flessibilità alla franchigia per la prossima estate. Crowder vedrà scadere il suo contratto da $7.8 M al termine della stagione, così come Solomon Hill, terza pedina in entrata nella trade con i Grizzlies e anche lui free agent a luglio.
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Considerando, poi, che le altre forze della Conference (Bucks, Raptors, Celtics, Pacers e Sixers) non si sono mosse, il balzo in avanti di Miami nelle gerarchie a Est sembra proprio LA notizia di questa trade deadline.
Sconfitti: Houston Rockets
Non si è parlato d’altro, dopo la four-team trade con Hawks, Wolves e Nuggets: i Rockets hanno davvero intenzione di presentarsi ai Playoffs sostanzialmente senza opzioni nel ruolo di centro? A ricoprire lo spot di 5 sarà PJ Tucker e – come detto nell’analisi della maxi trade di mercoledì – si tratta relativamente di una novità. Lineup estremamente small ball sono stati ampiamente esplorati da Mike D’Antoni negli ultimi mesi, con discreti risultati. L’assenza di Clint Capela contro squadre con lunghi fisici e pesanti, nei Playoffs, potrebbe però rivelarsi insostenibile. Non sarà semplice affrontare Nikola Jokic ed Anthony Davis, ad esempio…
I texani ora possono contare su un ottimo 3&D come Robert Covington, arrivato da Minnesota. Affidabile al tiro, versatile nella metà campo difensiva e con un contratto da $12M in scadenza a luglio 2022, non c’è dubbio che saprà valorizzare le sue qualità alla corte di Harden e Westbrook. Per ottenerlo, però, Daryl Morey si priva di un centro con fisicità e verticalità, e di un rollante capace di dare un minimo di pluridimensionalità all’attacco.
I Rockets grazie alla trade conclusa sono scesi al di sotto della tassa di lusso (prima erano $320K oltre), il che significa poter disporre durante la prossima estate della Mid-Level Exception, da usare per un free agent. Nel frattempo, però, Mike D’Antoni si giocherà il proprio futuro alla guida di un roster che, a meno di aggiunte significative nel mercato dei buyout, ha un punto debole fin troppo evidente, con Isaiah Hartenstein e Tyson Chandler uniche opzioni come “veri” centri.
Vincitori: Minnesota Timberwolves
Cedere Robert Covington e rinunciare a una prima scelta (protetta top-3 nel 2021, non protetta nel 2022) è stato il prezzo da pagare per i Wolves, attraverso due operazioni differenti, per arrivare a D’Angelo Russell, point guard All-Star che Gersson Rosas voleva affiancare a Karl-Anthony Towns. E, allo stesso tempo, per cedere (ai Warriors) Andrew Wiggins, che non vedrà scadere il proprio contratto prima della stagione 2022/23, quando guadagnerà ben 36.6 milioni di dollari.
L’ultimo scambio della giornata ha portato James Johnson (da Memphis, dove era arrivato via trade poche ora prima) al posto di Gorgui Dieng: un’operazione che ha consentito alla franchigia di risparmiare oltre un milione e mezzo a libro paga e scendere così sotto alla soglia della luxury tax.
Sarà il tempo a dire se l’accostamento e il fit di KAT e D-Lo varrà i sacrifici compiuti. Non è presto invece per affermare che Minnesota dovesse andare oltre Wiggins, il suo contratto e il suo tipo di gioco. E che, più in generale, fosse arrivato il momento di dare una “scossa”.
La squadra negli ultimi anni non ha esattamente rispettato le aspettative che è lecito riporre in due prime scelte consecutive al Draft. Ora ha le prime due del 2015, che sulla carta sembrano essere funzionali per giocare insieme (nella metà campo offensiva, almeno).
Sconfitti: Golden State Warriors
La domanda sorge spontanea. Perché tanta fretta?
I Warriors volevano liberarsi di Russell e renderne più breve possibile la permanenza nella Baia, come suggerito da The Athletic dopo la trade con i Timberwolves. Stando però ai rumors degli ultimi giorni, che li descrivevano disinteressati a sobbarcarsi il contratto di Wiggins, non è chiaro cosa abbia fatto cambiare loro idea.
La prima scelta ottenuta (come detto, protetta top-3 nel 2021 e non protetta nel 2022) potrebbe rivelarsi molto preziosa per Golden State, ma per la cessione di un giocatore come D’Angelo si potevano cercare pacchetti migliori durante la prossima estate.
Andrew Wiggins e il suo contratto potrebbero essere complicati da muovere, di qui fino al 2022. E questo potrebbe diventare un problema per la franchigia nei prossimi anni. A meno che la prima scelta al Draft 2014 non riesca a fare quel definitivo salto di qualità, tanto atteso e non sempre sembrato dietro l’angolo.
Ci riuscirà, vicino a Steph Curry e Klay Thompson?
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Rispetto a Russell, l’ex Minnesota garantisce a Steve Kerr maggior atletismo, una fase difensiva più affidabile e la possibilità di dover snaturare meno gli equilibri nel backcourt, una volta tornati gli Splash Brothers. Ma Wigg non è né un difensore d’élite, né un tiratore affidabile. E piuttosto che chiedersi se sia un’opzione migliore rispetto a D’Angelo, la domanda è se in estate i Warriors non avrebbero potuto trovare di meglio.
Meglio nell’immediato, con un giocatore con caratteristiche e “garanzie” diverse; ma anche meglio sul medio periodo, cercando un contratto con una scadenza più vicina; e meglio sul lungo periodo, chiedendo più asset futuri (scelte, giovani) rispetto a quanto ottenuto.
Vincitori: Atlanta Hawks
Gli Hawks escono da questa trade deadline con un progetto sempre più concreto per il loro futuro, grazie a due operazioni che potremmo definire di “February Free Agency”.
Con un parco guardie e ali molto giovane e talentuoso, Atlanta si è assicurata la presenza di Clint Capela e Dewayne Dedmon (oltre a Skal Labissiere, in arrivo da Portland) sotto ai tabelloni, completando così un reparto lunghi improvvisamente profondo, intorno a John Collins.
Separarsi da Jabari Parker (player option l’anno prossimo da $6.5 M) e Alex Len (UFA a luglio) non è un aspetto negativo per gli Hawks, che hanno rinunciato ad avere spazio salariale nella prossima estate e hanno ceduto una prima scelta – con buone ragioni per pensare di avere in casa, nel proprio young core (Trae Young, John Collins, Kevin Huerter, DeAndre Hunter e Cam Reddish), abbastanza talento per poter provare a vincere in futuro.
Una domanda interessante, a questo punto, è: Atlanta crede davvero in John Collins? Le mosse degli ultimi giorni a prima vista sembrano suggerire il contrario. Con un nucleo di giovani così numeroso, del resto, per il front office è fondamentale scegliere per tempo chi potrà “coprire di dollari” per blindare a lungo termine, e chi no. Forse il prodotto di Wake Forest – che a luglio 2021 da RFA riceverà senz’altro offerte molto, molto sostanziose – non è in cima alle priorità della franchigia. Con Capela a contratto per altri tre anni, il front office ha già l’alternativa in casa, soprattutto nel caso in cui volesse cedere Collins via trade nei prossimi 12 mesi.
Lo svizzero ha 25 anni e un contratto da circa $17M a stagione fino a luglio 2023. Si inserisce a perfezione, dunque, nel “timing” del progetto a lungo termine degli Hawks. Starà a lui, ora, dimostrare di essere all’altezza del contratto firmato l’estate scorsa in un contesto tecnico diverso da quello dei Rockets.
Sconfitti: Memphis Grizzlies
La cessione di Andre Iguodala, Solomon Hill e Jae Crowder agli Heat ha portato ai Grizzlies gli indesiderabili contratti non in scadenza di Dion Waiters e Gorgui Dieng (scambiato per James Johnson, ottenuto da Miami), oltre a Justise Winslow, che quest’anno (e non solo) ha avuto diversi problemi fisici e giocato solo 11 partite. E, soprattutto non ha portato a Memphis nessuna scelta.
Senza ottenere nessun asset futuro, insomma, è stato azzerato lo spazio salariale, $50 M, che avrebbero avuto per il 2020/21, contando anche l’estensione di Dillon Brooks. Il momento in cui liberare spazio (con le scadenze tra un anno e mezzo di Waiters e Dieng) è stato spostato più in là di dodici mesi: una scelta logica, considerando il punto a cui si trova il progetto iniziato intorno a Ja Morant e Jaren Jackson; ma una scelta che poteva essere “venduta” meglio, portando a casa – per due veterani “da Playoffs” – almeno una draft pick, se non un giocatore con margini di miglioramento (a parere di chi scrive) superiori a quelli di Winslow.
Più che di sconfitta, per Memphis si è trattato di una mancata vittoria.