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Si dice che vi siano uomini che si svegliano e vanno a dormire in maniera un po’ diversa dagli altri. Nav Bhatia è sicuramente uno di questi.
Uomini che partono in svantaggio e recuperano in fretta, che provano – riuscendoci – a reinventarsi di continuo, che hanno idee e le realizzano, che progrediscono. Che non rinunciano mai ad essere soccorrevoli, a trovare il tempo per gli “altri”, soprattutto se deboli e disagiati.
Come si spiega una vita come la sua? Come si passa dalla condizione di immigrato in fuga dall’India agli agi di un ricco uomo di affari in Canada? E al divenire un incredibile “superfan” dei Toronto Raptors? Con quali pensieri quest’uomo nato a New Delhi si addormenta la sera? E quali sono i suoi piani quando si sveglia al mattino in questo mondo d’improvviso per lui così diverso?
Eccolo a Toronto, Nav. È partito con la sua famiglia dall’India, senza particolari indugi perché lì erano in corso violente persecuzioni versi i Sikh e poi – diciamolo – a 33 anni, sempre che tu riesca a farlo, devi spostarti in un luogo dove il futuro accade. Con un piccolo sforzo di immaginazione possiamo vederlo, nella sua nuova città, col suo vecchio turbante in testa. E non importa se un giorno un passante, vedendolo, si congedava prontamente da un amico col quale stava parlando, dicendo: “Devo andare, scusami, è arrivato il taxi…”
L’impressione è che un Sikh al di là dell’Oceano non avrebbe potuto far altro, se non guidare un’auto pubblica. Per un immigrato con il visto in regola è la prima, e talvolta l’unica, scelta. Invece importano le cose, eccome se importano, perché Nav, da questo equivoco sul suo conto, comprende quanto siano importanti e talvolta d’ostacolo i pregiudizi che le persone costruiscono gli uni sugli altri, quanto siano difficili da smontare, limitanti. Quella sera va a dormire pensando a quel passante, alla sua determinazione a smontare l’idea che si era fatto sul suo conto. Il taxista…
Pensa alla sua laurea di ingegnere meccanico: vuole che gli altri, vedendolo, pensino che può essere altro. Come se volesse riabilitarsi, in un certo senso. Spegne la luce, si addormenta e sa che da domani si impegnerà affinché sia cosi.
Ci sono persone a cui piace cambiare le cose. L’idea di Nav è una rivoluzione gentile, costante, determinata. Vuole che le persone si avvicinino, senza pregiudizio, amorevolmente; deve esserci un luogo, un contesto. E lo trova, ha una grande intuizione: lo sport.
Con lo sport puoi mischiarle, integrarle, anche se sono persone provenienti da culture diverse. L’importante, quando vorrai convincerle, è attenersi a una regola ferrea: trattale come vorresti essere trattato tu. A pensarci bene, lo predicano tutte le religioni.
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Si mantiene facendo diversi lavori: uomo delle pulizie, bidello, giardiniere. L’attestato di ingegnere meccanico per il momento rimane nel cassetto. Eccolo poi alle prese con una nuova attività : venditore di automobili nella concessionaria Rexdale Hyundai.
Una volta in grado di farsi bene il nodo alla cravatta, si mette alla prova con i clienti. Meravigliano non poco i suoi risultati: 127 auto vendute in soli 90 giorni. Sa parlare alla gente quest’uomo, non ci sono dubbi.
Promozione a manager meritata, certo, ma non è aria di festeggiamenti: 9 collaboratori su 10 se ne vanno. Non gradiscono un capo con barba e turbante in testa… Nav quella sera si addormenta pensando che niente è casuale, ma serve sempre a farti capire qualcosa: per un immigrato la strada per una perfetta integrazione può rivelarsi talvolta lunga e insidiosa, ma non può far altro che percorrerla. E’ una partita difficile, Nav è intenzionato a vincerla.
Passano due anni e rileva la proprietà della concessionaria che l’ha assunto, ben deciso ad aprirne un’altra a poca distanza, sempre Hyundai. Se vi piacciono queste automobili potete andare a dare un’occhiata a Mississauga, Ontario, è tuttora in piena attività, unitamente ad altre sul territorio.
Un bell’avvio per la sua carriera imprenditoriale, ma Nav non perde mai di vista il progetto dello sport, il basket, la sua passione, come collante per tenere insieme le persone. Si dà tempo Nav, se ne dà tanto e per 25 lunghi anni non si perde mai una partita della sua squadra, i Raptors. È su questi parquet che vuol dare al suo sogno una possibilità di realizzazione. E’ in queste arene che, coi suoi modi garbati e il suo innegabile fair play, organizza incontri tra fan di provenienze e culture diverse: asiatici, persone disagiate, bambini – siano essi provenienti da templi, moschee, chiese, non importa. “Siamo qui per guardare insieme la partita”.
Sono incontri multiculturali, certo, ma intanto Nav non si perde un’azione di gioco, lì in prima fila, sempre pronto a sventolare il suo asciugamano dopo ogni canestro.
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È una bella tifoseria quella dei canadesi, si dice la più identitaria di tutta la Lega. I Raptors, del resto, sono definiti la “Nazionale di basket del Canada” e tra i suoi tifosi Nav c’è sempre, l’abbiamo detto, mai mancato ad una partita in venticinque anni!
Lo sport è un luogo di integrazione. E non gli fanno certo cambiare idea quei tifosi avversari (dei Bucks) che, durante le Conference Finals del 2019, lo offendono in diretta.
“Paki”, gli urlano, “testa di salvietta”, e il giorno dopo lo ripetono sui social. Ma Nav è un uomo benvoluto e la parte sana di questo pubblico avversario del Wisconsin gli dimostra tutta la solidarietà possibile. Nav ringrazia: “Grazie Bucks per le scuse, so che non avete postato voi”.
Non si preoccupa degli insulti razziali, se ne occupa. Sa benissimo che la gentilezza d’animo è poco praticata
nei santuari dei social ma – insomma – essere indicato come “l’uomo che ha le mutande in testa”, va detto, è difficile da accettare. E lo è ancora di più per altri che sentono di volersi schierare dalla sua parte e dimostrargli solidarietà, personaggi del calibro di Steve Kerr, allenatore dei Warriors, e Mark Cuban, presidente dei Mavs, entrambi in grado di replicare all’offesa con post altrettanto virali. Ma ormai sappiamo di che pasta è fatto Nav; è una dimostrazione pratica sul campo di self coaching e rammenta a sé stesso che tutto ciò che ha teorizzato finora si svuoterebbe di significato, se non mettesse in pratica – proprio in questa occasione – quella sua idea che persegue. Le persone devono aiutarsi a vicenda a diventare migliori e, soprattutto, prestare particolare attenzione a non rovinare mai la vita degli altri.
Allora manda al tifoso dei Bucks che lo aveva insultato un messaggio, invitandolo a cena, lui e famiglia. “Poi andiamo insieme alla partita, vi ho preso anche i biglietti”. “Affare fatto” – gli risponde di rimando, pieno di gratitudine, il tifoso dei Cervi – che forse, da questa lezione, è diventato davvero una persona migliore. Nav è contento e quella sera posa sorridente con i tanti clienti del ristorante che gli chiedono una foto.
Lo si vede sempre all’Air Canada Centre e la sua costante presenza alle partite gli vale il riconoscimento speciale di “Membro dei Toronto Raptors ammesso al prestigioso Naismith Memorial Basketball Hall Of Fame”, incluso a pieno titolo tra i personaggi che hanno dato un contributo sostanziale al prestigio di questo sport. Naturalmente, con le congratulazioni in diretta dei Toronto Raptors: “Per tutto quello che hai fatto per lo sport, non c’è nessuno più meritevole. Congratulazioni”.
Si dimostra sempre stupito e grato Nav per ciò che gli capita: “Per favore non svegliarmi!” – scrive su Twitter il giorno dopo. E, in effetti, un fan neppure ci pensa a un riconoscimento del genere. Che sensazione di sogno americano realizzato… gli echeggiano ancora in testa tutte le parole di ringraziamento, quelle ascoltate e quelle pronunciate.
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Nav sottolinea il suo impegno con la realizzazione della “Nav Bhatia Superfan Foundation”, nata allo scopo di riunire le persone attraverso lo sport e realizzare la costruzione di campi da basket in Ontario e nel suo paese d’origine. Un progetto ambizioso appoggiato dal gruppo di proprietà dei Raptors, la Maple Leaf Sports and Entertainment Ltd e NBA Canada.
“Superfan” è il soprannome che si è attribuito, indubbiamente a ragion veduta visto l’energia e il denaro che impiega per vedere le partite in compagnia: ogni anno spende più di $ 300.000 in abbonamenti stagionali per invitare alle partite dei Raptors migliaia di bambini provenienti da famiglie disagiate. Oltre all’acquisto di altri 3’000 biglietti annui specificatamente destinati alla comunità dei giovani Sikh. E se vogliamo continuare con le cifre, è bene sapere che Nav ha un patrimonio stimato in $ 60.000.000, un profilo Instagram con 290’000 follower, e l’indimenticabile partecipazione alle NBA Finals 2019, nelle quali i Raptors hanno vinto il titolo contro i Golden State Warriors. La prima squadra al di fuori degli Stati Uniti a vincere il Larry O’Brien.
Già, il tempo è proprio galantuomo talvolta.