Un resoconto di questa prima settimana NBA, con i top e i flop.

FOTO: NBA.com

È di nuovo quel periodo dell’anno, finalmente l’NBA è tornata, e lo ha fatto in grande stile. La prima settimana di basket giocato ha subito messo in mostra quanto di buono (o di negativo) fatto in estate. Con la nostra nuova rubrica “troppo bello, troppo brutto” proviamo a ripercorrere insieme il meglio e il peggio della prima settimana NBA.

TROPPO BELLO

  • Lauri Markkanen e degli strepitosi Utah Jazz

La più grande sorpresa di questo avvio di stagione sono senza ombra di dubbio gli Utah Jazz. Le mosse fatte in estate – sono partiti via trade sia Gobert che Mitchell – hanno fatto intendere che a Salt Lake City spirasse il vento della ricostruzione ma le prime partite hanno detto tutt’altro. Il record di 4-1 è a testimonianza del bel lavoro fatto finora. A prendersi le copertine è stato senza ombra di dubbio Lauri Markkanen. Il finlandese sta tenendo una media di 22 punti per partita, 3 assist e 8.8 rimbalzi (2.4 offensivi). Andando oltre le raw stats, il suo PER (Player Efficiency Rating) è di 15.4 (dato più alto in carriera, seppur su un campione minuscolo), ha il 13.6 di AST%, il 24.1% di Usage Percentage con un ottimo 8.6% di TOV%. Ciò che veramente stupisce di questo Lauri Markkanen è la completezza dell’arsenale offensivo che ha a disposizione e la facilità con cui lo sta sfruttando. La sua ottima esperienza ad EuroBasket gli avrà dato nuova fiducia e giocare in un contesto con meno pressioni come quello di Utah ha fatto il resto. Triple in pullup, pick&roll giocati sia da rollante che come ball-handler, attacchi al ferro con costanza (20/26 finora). Un avvio di stagione con i fiocchi anche se l’obiettivo non dichiarato dei Jazz è il tanking per arrivare ad una delle migliori scelte al prossimo draft.


  • Lillard e Booker, passato differente ma destino comune

La prima settimana NBA ci ha mostrato il vero volto di due dei giocatori di copertina dell’NBA: Damian Lillard e Devin Booker. La point guard dei Blazers è tornata a calcare il parquet dopo un lunghissimo infortunio e lo ha fatto nel migliore dei modi. Dopo una gara d’esordio in cui ha avuto difficoltà al tiro ha calato due prestazioni consecutive da 41 punti (con tanto di tripla decisiva contro i Lakers) e anche nella larga vittoria contro i Nuggets è stato il migliore. Portland è l’unica squadra ad aver iniziato con quattro vittorie su altrettante partite, prima della sconfitta di ieri notte: attenzione, è di nuovo Dame Time.

Anche i Phoenix Suns sono in un momento più che positivo (3-1) e una buona fetta del merito è da dare alla loro stella, Devin Booker. 32.5 punti di media a partita con un irreale 48% da tre (3.0/6.3), e un ottimo 53% dal campo. Dati che gli garantiscono un’efficienza a livelli altissimi: 60.2% di eFG% (effective Field Goal percentage) e il 66.4% di TS%. Medie che, naturalmente, andranno a limarsi con il passare delle partite ma D-Book doveva inviare un messaggio dopo essere uscito dagli scorsi Playoffs non nel miglior modo possibile e lo ha inviato forte e chiaro.

  • Dennis Smith Jr. ha finalmente trovato la sua casa?

L’altra squadra che sta decisamente stupendo è Charlotte. Gli Hornets sono 2-2 nonostante il caos legato a Miles Bridges e l’infortunio di Lamelo Ball, un record molto difficile da prevedere. Ad aver particolarmente stupito è stato sicuramente Dennis Smith Jr. Dopo aver faticato tantissimo nelle prime cinque stagioni in NBA, l’ex Knicks sembra aver trovato il suo posto nel mondo. Le tante assenze gli hanno dato più spazio di quanto avrebbe dovuto avere ma lui si è fatto trovare pronto. Nei 28.5 minuti di media sta tenendo medie irreali: 13.5 punti per partita con il 52.2% dal campo e, soprattutto, il 50% da tre (1.3/2.5). Oltre allo scoring ci sono 6.3 assist di media, 2.3 palle rubate e solo 1.3 turnover. Anche in questo caso è chiaro che le medie si sistemeranno sensibilmente nel corso della stagione ma dopo tante difficoltà è estremamente piacevole vedere DSJ a proprio agio. In particolare, l’apporto dato nella propria metà campo è stato estremamente notevole, con una serie di giocate energiche che hanno dato linfa vitale ai suoi – alcune di queste sono raccolte nella clip sottostante. In una stagione che potrebbe rivelarsi complicata per gli Hornets avere una nuova certezza potrebbe essere un lusso da non sottovalutare.

  • Banchero, Mathurin, Ivey ed un draft che già è destinato a lasciare il segno

Ci sarebbe tanto, tantissimo, da dire riguardo l’impatto dei rookie in NBA. Abbiamo visto Banchero giocare subito ad un livello molto alto, specialmente in attacco. Un Mathurin che sembra nato per giocare a questi livelli. Ivey ha già ampiamente dimostrato di che pasta è fatto. Ma di tutto ciò ne abbiamo già parlato e vi invitiamo a leggere quest’articolo su giovani che saranno famosi e alcuni che già lo sono.

  • Nicolas Claxton è un difensore d’élite (e non solo)

Nel confusionario avvio di stagione dei Brooklyn Nets (1-3), l’unica vera nota positiva è stata Nicolas Claxton. Dopo aver chiuso più che bene la stagione passata, Claxton ha lavorato tantissimo in estate, come detto dallo stesso GM Sean Marks, e i risultati sono evidenti. Se già aveva ampiamente dimostrato di essere un difensore capace di cambiare in difesa più o meno con chiunque, adesso ha alzato ancora di più l’asticella e lo ha fatto contro giocatori di un certo calibro: Zion Williamson, Brandon Ingram, Ja Morant e Giannis Antetokounmpo, solo per citarne alcuni. In questa clip si vede proprio quanto poco spazio conceda ad avversari molto più rapidi di lui.

Anche in attacco i suoi miglioramenti sono notevoli. Se prima il suo grosso limite era la monodimensionalità, adesso il lungo dei Nets sta cercando di ampliare il suo gioco. In particolare nelle prime due partite, quando l’area era meno affollata, Claxton ha messo più volte il pallone a terra ed ha attaccato il ferro con ottimi risultati. Se riuscisse a trovare questa soluzione con costanza i Nets potrebbero aggiungere un’ulteriore arma ad un arsenale molto ben fornito ma che per ora il proprio generale, Steve Nash, non riesce a far rendere come dovrebbe.

  • Christian Wood, il giocatore perfetto da affiancare a Doncic

Dubbi non ce ne erano, adesso però abbiamo anche la prova del campo: il duo Doncic-Wood è difficilmente marcabile ed è una delle cose più belle viste in questa NBA finora. L’ex lungo dei Rockets è uno dei migliori rollanti di tutta la lega e lo ha già abbondantemente dimostrato sia in pick&roll che in pick&pop. Nei 93 possessi che il duo ha giocato insieme, l’offensive rating dei Mavs è di 150.5, un dato che ha poco a che fare con il mondo in cui viviamo.

Ciò nonostante, Christian Wood parte dalla panchina. Come ampiamente detto durante la preseason il titolare sarà Javale McGee (sebbene sarà proprio Wood a chiudere le partite) ma quello che stupisce è il minutaggio concesso a CW. Nelle prime tre partite sono stati 79 i minuti a lui concessi, nei quali ha discretamente lasciato il segno realizzando 73 punti. Unica nota dolente, ma lo è praticamente da sempre, sono i tiri liberi: Wood sta tirando 10 volte a gara dalla lunetta ma lo sta facendo con il 63.3%, dato che va assolutamente migliorato.

TROPPO BRUTTO

  • Fate respirare PJ Tucker

Nelle prime due uscite stagionali PJ Tucker è stato in campo per 33 e 39 minuti. Sebbene nelle partite seguenti il suo minutaggio sia ampiamente diminuito (28 vs Spurs, 20 nella vittoria con i Pacers, ma 31 vs Raptors), l’ex Rockets non è apparso nella miglior condizione possibile e i tanti minuti in cui è stato sul parquet non hanno certamente aiutato. Il quadro generale della situazione dei 76ers in questa prima settimana non è stato particolarmente limpido. In particolare, Joel Embiid è apparso un pochino fuori fase e anche svogliato, nonostante gli inizi di stagione non siano storicamente il suo periodo preferito dell’anno (ciò non gli ha impedito di tenere l’impressionante media di 27.6 punti e 10 rimbalzi). Per Tucker la situazione è ancora più delicata: la carta d’identità recita 37 anni compiuti lo scorso maggio e già negli ultimi Playoffs, nonostante la sua indiscutibile utilità, è apparso un pochino meno brillante del solito. Per i 76ers è vitale che lui arrivi al meglio quando la palla pesa davvero e, forse, concedergli meno minuti (come fatto nelle ultime gare) potrebbe essere una soluzione conveniente per tutti.

  • I Los Angeles Lakers fanno veramente tanta fatica a segnare

Che il roster dei Lakers non fosse assemblato nel migliore dei modi era noto a tutti ma c’era tantissima curiosità per l’arrivo del nuovo head coach, Darvin Ham, e per capire se e in che modo la squadra sarebbe riuscita a superare i problemi strutturali. Dopo le prime partite i losangelini hanno il non invidiabile record di 0-4, ma bisogna andare oltre i numeri grezzi. Infatti, il lavoro fatto da Ham finora si vede e come, specialmente nella propria metà campo, dove i Lakers sono la seconda miglior difesa per defensive rating. I problemi sono tutti offensivi e sono legati alla mancanza pressoché totale di tiratori affidabili e al fatto che ci sono diversi giocatori disfunzionali. Nel momento in cui Lonnie Walker IV, di certo non il miglior scorer della Lega, è costretto a prendersi triple in pullup, vuol dire che qualcosa sicuramente non va. La soluzione migliore per problemi del genere è inevitabilmente una trade. Il primo obiettivo dei Lakers deve essere quello di inserire Westbrook (e almeno una prima scelta) in un pacchetto che possa portare a L.A. qualche giocatore in grado di interagire al meglio con LeBron. In alternativa, il destino appare già segnato nonostante l’ottimo lavoro svolto dal coach e anche da un ritrovato Anthony Davis che fa ben sperare per il futuro.

  • Minnesota “Twin-berwolves”, rimandati a giudizio

I Minnesota Timberwolves stanno avendo qualche problema nel calibrare il meccanismo delle nuovissime “Twin Towers”, innescato dalla presenza in quintetto di Rudy Gobert, arrivato in estate ad un prezzo salatissimo da Utah. Chi avrebbe mai detto che un front court con due lunghi, per quanto dinamico possa essere KAT, avrebbe faticato così?

Ovviamente all’inizio è anche normale, ci mancherebbe. Ma a scoraggiare particolarmente è il timing con cui ai Wolves è stata assegnata probabilmente la schedule più semplice di tutta la NBA: due vittorie con OKC, due sconfitte in casa contro Utah e San Antonio (quest’ultima una vera disfatta), il comeback contro gli Spurs ma ancora altre due da giocare contro (ancora) San Antonio e Lakers.

Visto il periodo di rodaggio necessario a ingranare le marce per il nuovo roster, perdere partite in questa fase potrebbe rivelarsi letale per l’andamento della stagione. E, visto il momento di tensione, c’è chi ha già iniziato a speculare su uscite come quella di Karl-Anthony Towns riguardo alla forma fisica di Anthony Edwards.

Non tutto è da buttare, comunque. Lo stesso Edwards ha realizzato due ottimi “trentelli” e ha chiuso una gara da 34 punti nella “vendetta” contro gli Spurs, e l’integrazione offensiva di Gobert con Towns, apparso predisposto ad agire da facilitatore, è apparsa meno complessa del previsto. Così come la difesa per quanto riguarda, dicendolo in maniera molto generale e lasciando i dettagli per un’analisi su un campione più ampio, strettamente il pick&roll avversario.

A preoccupare sono la transizione difensiva, questione irrisolta dalla passata stagione e strutturalmente complessa da aggiustare con questo core, e l’attacco a metà campo. Il (corretto) tentativo di coinvolgere Gobert, off ball con blocchi per KAT o Ant e on ball prevalentemente per il pick&roll con DLo, tende ad essere talvolta troppo semplicistico e, quando l’attacco si ferma, sottoposto a brusche interruzioni.

In particolar modo, se KAT sembra aver assunto come detto la veste di facilitatore, tutt’altro sembrano intenzionati a fare Anthony Edwards e D’Angelo Russell. I due fanno molta fatica a trovarsi offensivamente, e molto spesso l’idea di fondo sembra vivere dei lampi di uno, lasciando stazionare passivamente l’altro.

Con questo front court, e quindi con un lob threat come Gobert e un attaccante come Towns, è anche normale che non tutti possano toccare il pallone. Ma ridurre la manovra a prevedibilissimi empty side pick&roll o ball screen centrali appare piuttosto limitante, sia per il rendimento di squadra, sia per lo sviluppo di una giovane stella come Edwards.

I Minnesota Timberwolves, insomma, escono piuttosto male da questa opening week, e con moltissime cose da sistemare.