
Recentemente su GQ è stata pubblicata una lunga intervista a Rich Paul in cui il rappresentante di Klutch Sports ha parlato di alcune situazioni legate ai suoi clienti e della reputazione della sua agenzia.
Prima di tutto, l’agente ha risposto alle tante critiche subite negli ultimi anni da Anthony Davis, che in questa stagione è tornato stabilmente – fino all’infortunio al piede destro – a un livello che non raggiungeva da tempo:
È importante capire i media, che fanno il loro lavoro. Alcune sono delle finzioni, altri si basano sull’analisi, altri ancora sul pubblico. Quando parli di alcuni argomenti, puoi ottenere un aumento di visibilità. E così i media, per quanto riguarda qualsiasi giocatore, ma soprattutto per AD, ti prenderanno a calci quando avrai delle difficoltà.
Negli ultimi due anni ci sono state delle situazioni davvero sfortunate per AD, come l’ultimo infortunio al ginocchio, ma sono cose che accadono quando pratichi questo sport. Eppure, finisce che le persone reagiscono pensando: “Oh, spera solo di farsi male e uscire dal campo”, oppure, “Anthony Davis non vuole giocare”. Non ha molto senso. Non ci sono dubbi sul suo talento, penso che lo abbia dimostrato. E il messaggio che gli ho sempre dato e gli do tuttora, infatti, è: continua a spingere. Ma quando vengono dette quel tipo di cose, penso che sia… sto cercando di usare la parola giusta, non voglio dire stupidità. Direi che è la mancanza di istruzione per quanto riguarda lo sport e il business dello sport.
In seguito, Rich Paul si è scagliato contro chi ha espresso giudizi negativi nei confronti della sua agenzia, Klutch Sports, e chi ha fatto illazioni sul suo rapporto con LeBron James e i Los Angeles Lakers:
Ecco, sei davanti al tifoso occasionale, che pensa in modo monodimensionale. È un po’ irrispettoso verso chi sono e ciò che faccio ogni giorno, perché le persone cercano sempre di collegar tutto a: tu rappresenti LeBron, e lui gioca nei Lakers, quindi tutti quelli che rappresenti vuoi portarli ai Lakers. Questo non può essere più lontano dalla verità.
La gente non capisce che non è tutto LeBron, non funziona così. Ovviamente è un fratello, sono molto legato a lui, ma non è quello il mio lavoro. Vorrei che le persone capiscano che, in fin dei conti, io gestisco un business. E la mia attività non ha a che vedere con nulla che non sia dare ad ogni mio singolo cliente il miglior posizionamento individuale possibile per avere successo.
Infine, una domanda (schivata) sull’MVP di questa stagione:
Non saprei, le regole per l’MVP cambiano sempre. Non so davvero su cosa si baseranno i voti. In ogni caso, penso che sia presto per pensarci. Alcuni giocatori hanno avuto una serie di partite a livello da MVP, ma è troppo presto. Avremo la conversazione per l’MVP ad aprile.