Nonostante la parabola discendente, quella dei Cavs è già una stagione positiva, a cui hanno contribuito vari elementi.
Inutile nasconderlo, se ad inizio stagione avessimo fatto un sondaggio nessuno si sarebbe aspettato di trovare i Cleveland Cavaliers saldamente in zona Playoffs, con la possibilità di giocarsela con quasi tutti nella lega. Gli infortuni, purtroppo, hanno un po’ abbattuto gli animi, portando 8 sconfitte nelle ultime 12 gare giocate, ma non per questo messo in discussione una stagione già del tutto positiva.
L’arrivo di un veterano come Ricky Rubio (seppur per poco), i miglioramenti di Darius Garland (di cui abbiamo già parlato QUI) e Jarrett Allen, l’aggiunta di Evan Mobley tramite l’ultimo NBA draft e il grande lavoro di coach JB Bickerstaff sono le chiavi dietro al grande successo dei Cavs in questa Regular Season, che ha ottenuto soddisfacenti riconoscimenti.
La crescita di Jarrett Allen
Arrivato a Cleveland nella mega-trade che aveva portato James Harden a Brooklyn, Allen ha rinnovato in estate firmando un quinquennale da 20 milioni all’anno. Subito sono partite le prime critiche verso il front office dei Cavs, reo di averlo firmato a cifre troppo alte.
L’ex-Texas invece ha risposto facendo registrare il career-high in tutte le raw-stats e alle statistiche relative all’efficienza, ottenendo addirittura la convocazione da riserva all’All-Star Game. Sta dominando nel pitturato sia in attacco che in difesa, tanto che si trova attualmente in top 10 per punti nel pitturato, doppie-doppie, rimbalzi offensivi e punti su secondo tentativo. Per quanto riguarda la difesa, invece, è in top 10 per tiri contestati, stoppate e rimbalzi.
La sua efficienza (94° percentile per eFG%) e i suoi numeri nelle conclusioni al ferro sono frutto di una grande intesa con Garland e – fin quando è durata – Rubio.
Nonostante l’infortunio al dito, questa di Jarrett Allen è, indubbiamente, la miglior stagione da quando è arrivato in NBA. Non è il tipico centro moderno, fatica un po’ sui cambi sulle guardie, su cui è costretto a difendere in drop coverage. Nonostante questo, riesce a concedere solo il 42% dal campo e una palla persa in 13 possessi a partita. Soffre meno sui cambi con le ali, che riesce a tenere a percentuali più basse.
C | G | F | |
Time% | 40.0 | 17.2 | 42.8 |
PPG | 5.3 | 5.5 | 6.1 |
FGA | 5.2 | 5.8 | 5.9 |
FG% | 44.3 | 39.8 | 41.4 |
Il miglioramento difensivo suo e dei Cavs è sicuramente legato anche all’arrivo di Evan Mobley. Il lungo proveniente da USC si è imposto subito come uno dei migliori difensori della lega. Tra lui e il compagno di front court si è creato un forte legame, come confermato dallo stesso Allen più e più volte, e sotto l’egida di un veterano come Kevin Love saranno stati numerosi durante l’anno i consigli recapitati al rookie per farlo migliorare ancora di più. I due lunghi rappresentano una delle migliori coppie della lega, essendo in grado di riuscire a contestare o stroppare tutto ciò che arriva nei pressi del ferro. Non è un caso che, prima dell’infortunio di Allen, fossero la quarta squadra per tiri presi al ferro (35.3%).
La rinascita di Kevin Love
Ad inizio anno era considerato dai più un ormai ex-giocatore, con poco da offrire a questi giovani Cavs, una zavorra di cui il front office doveva liberarsi. Eppure una delle chiavi di questa sorprendente stagione è proprio la presenza del numero 0, sia in campo che fuori, dove il suo ruolo da veterano è fondamentale per tutto l’ambiente. Quest’anno è stato impiegato principalmente da 4 ma anche da 5, quando non fossero schierati i quintetti con il triplo lungo di coach Bickerstaff. Love offre spacing e presenza a rimbalzo, oltre alla sua esperienza utilissima per fare crescere i numerosi giovani presenti a roster, specialmente Jarrett Allen, che ha parlato delle dinamiche di spogliatoio parlando dell’ex-Timberwolves e dei numerosi consigli che dà a tutta la squadra.
Le sue statistiche per 36 minuti sono tra le migliori in carriera, BPM e WS/48 più alti da quando nel 2014 è arrivato a Cleveland, unite a percentuali da 3 punti che consentono ad Allen e Mobley maggiore libertà in area. È l’unico lungo di Cleveland che può aprire il campo, viste le prestazioni incostanti di Lauri Markkannen, per questo quasi il 60% delle sue conclusioni arrivano da dietro l’arco (96° percentile), 6.2 tentativi a partita convertiti con il 39.0%.
Negli ultimi anni aveva faticato molto a causa dei numerosi infortuni e della situazione di Cleveland, mentre quest’anno sembra aver trovato la sua nuova dimensione. In uscita dalla panchina e con un minutaggio ridotto rispetto a qualche anno fa può giocare con meno pressioni e contro avversari meno impegnativi per esprimersi al meglio, influendo di più sulle partite. Non a caso è alla miglior stagione per impatto da quando LeBron James ha lasciato Cleveland.
On/Off | BPM | |
Love | +0.8 | +5.0 |
Clarkson | +1.3 | -0.9 |
Herro | +2.0 | +0.4 |
Oubre | -4.5 | -1.2 |
Love è dunque un papabile al premio di sesto uomo dell’anno. Rispetto agli altri candidati come Tyler Herro, Kelly Oubre o Jordan Clarkson gioca meno minuti, ma ha dalla sua parte le statistiche avanzate, migliori soprattutto per quanto riguarda l’impatto sul gioco, risultando un tassello importante per questi giovani e affamati Cavs.
Ricky Rubio
Arrivato in estate dopo un breve ritorno ai suoi Timberwolves, ha capito subito quale poteva e doveva essere il suo ruolo: garantire playmaking dalla panchina, gestire i ritmi dell’attacco (soprattutto con Sexton in campo) e fare da chioccia per il giovane back court. Ai cavs ha offerto da subito la sua arma migliore, il passaggio, innescando sia Mobley che Allen sui pick&roll e servendo Love e Markkannen sull’arco, oltre ad aver aiutato a sviluppare e ad esprimere meglio le sue abilità da passatore.
La sua capacità di gestire i ritmi è stata molto importante fin dall’inizio, consentendo a Garland non solo di affinare le sue abilità nel passaggio ma anche di giocare molto di più off ball. Il suo infortunio (che si è aggiunto a quello di Collin Sexton) si è rivelato un problema per i Cavs, rimasti con il solo Garland a creare per sé e per il resto della squadra. Per questo motivo alla deadline la dirigenza ha scambiato Rubio (out for the season) con Caris Levert nella speranza di trovare in lui qualche soluzione offensiva in più in situazioni di gioco rotto – almeno, fino a che anche quest’ultimo non si rompesse per qualche settimana.
Nonostante non figuri più a roster, è impossibile non riconoscere il contributo dello spagnolo alla prima parte di stagione dei Cleveland Cavaliers, che con lui in campo hanno anche mantenuto un record iniziale di 20 vinte e 14 perse.