
Ci siamo quasi, manca appena una settimana al ritorno della NBA, e questo significa soltanto una cosa: Power Ranking! Quali sono le favorite a vincere il titolo NBA? Chi è migliorato e chi è peggiorato dopo l’estate? Quali saranno i Tank Team di questa stagione? Nel tentativo di dare una risposta esauriente ed esaustiva a queste e altre domande, divideremo la nostra classifica, rispettando la struttura della Lega, in Eastern e Western Conference. Ciascuna delle 30 squadre verrà inserita in precisi “tier”, categorie che ne definiscono le possibilità di arrivare al titolo, a partire da chi indosserà l’elmetto per arrivare a Cooper Flagg nel Draft 2025 per chiudere con chi sta già cercando di capire in quale dito indossare l’anello. Nei criteri di valutazione non influirà ovviamente solo la regular season, ma anche una proiezione della squadra in ottica Playoffs: moltissime squadre sono costruite per giocare ottime stagioni, salvo poi tendere a sciogliersi sul più bello, così come altre sono assemblate per run lunghe in ottica titolo, pur viaggiando a giri bassi fino ad aprile. In poche parole, una squadra da 50 vittorie stagionali ma con il personale da primo turno Playoffs starà più in basso di una da 40/45 vittorie, ma che può giocarsela con tutti al meglio delle 7 gare. Fatte queste doverose premesse, è il momento di passare all’azione.
Eastern Conference
Tier 5B – Tanking
- Washington Wizards
Arrivi: Jonas Valanciunas, Saddiq Bey, Malcolm Brogdon; Draft: Alex Sarr, Bub Carrington; rinnovi: Anthony Gill, Richaun Holmes
Partenze: Deni Avdija, Tyus Jones, Landry Shamet
Se c’è una squadra che indosserà l’elmetto, si tratta dei Wizards. Questo nucleo è in pienissimo rebuilding dopo la cessione di Bradley Beal e, al momento, per quanto suoni assurdo a dirsi, non ha proprio il talento per vincere partite NBA. Le aggiunte più interessanti vengono senza alcun dubbio dal Draft: il pezzo pregiato è Alexandre Sarr, scelto con la #2 e a lungo dato dagli esperti come favorito per la prima assoluta; sempre in lottery, Carlton Carrington, guardia frizzantissima da Pittsburgh che già in Summer League si è rivelato per quello che è, ovvero un hooper. Partendo proprio da quest’ultimo, si tratta di una guardia di 193 centimetri, lunghissima, capace di crearsi il tiro a piacimento sul pick&roll grazie anche a un mid-range game apparso solido a livello collegiale; per stare al piano di sopra, dovrà tenere buone percentuali al tiro da fuori (32.2% su 6.1 3PTA a Pittsburgh) e compiere stabilmente le giuste letture in fase di playmaking – nel quale ha dimostrato moltissimo feel, aiutato anche dall’altezza.
Più noto è Alexandre Sarr, il quale si prospetta un fit difensivo perfetto per un reparto ali che comprende anche Bilal Coulibaly e sul quale i principali dubbi riguardano un paio di aspetti in parte dipendenti. Per esempio, in NBL ha tirato maluccio da fuori e anche in Summer League, ma è apparso migliorato in queste prime gare di pre-season: 2/3 contro i Raptors e 2/6 contro i Knicks. Meglio, se non fosse che, nel frattempo, ha accumulato un 2/5 nel primo caso e un pessimo 3/14 nel secondo. Le cose migliori le ha fatte vedere da tagliante, anche se ha una tendenza ad aprirsi molto sul perimetro nonostante la taglia, aspetto che – qualora il tiro non dovesse dare garanzie, rischia di diventare deleterio. Il che guida al secondo problema, e cioè come sfruttarlo al meglio, se con un sistema più “tradizionale” in cui gli venga affiancato un lungo “di ruolo” – che abbiamo visto funzionare soprattutto difensivamente ai Memphis Grizzlies, con JJJ e Steven Adams, o ai Bucks, con Brook Lopez e Giannis in roaming – o se cercare di adattarlo a “5” floor spacer e rim protector primario. La presa di Jonas Valanciunas da questo punto di vista è eccellente, permetterà di sperimentare entrambe le dimensioni e di capire cosa sia meglio per il suo sviluppo.
Peccato aver scaricato Avdija, ma il pacchetto ricevuto in cambio è senza dubbio interessante, anche se Brogdon probabilmente resterà un’entità impalpabile per buona parte della stagione (buyout in arrivo?). Discorso collaterale anche per giocatori come Saddiq Bey (appena arrivato), Kispert e Kuzma: possono essere materiale per squadre Playoffs, perciò ci sarà da aspettarsi movimento in sede di deadline. Pronti a indossare l’elmetto perché c’è una scelta protetta top-10 da guadagnarsi, il tank commander Jordan Poole sta già guidando la carica.
- Brooklyn Nets
Arrivi: Bojan Bogdanovic, Killian Hayes, Shake Milton, Ziaire Williams; rinnovi: Nic Claxton, Keon Johnson, Trendon Watford
Partenze: Mikal Bridges, Lonnie Walkers IV, Keita Bates-Diop
A proposito di combo guard che indossano gli elmetti, è Cam Thomas season, baby! Tenetevi pronti a vedere i “quarantelli” più vuoti e spettacolari di sempre, con un solo obiettivo in mente: Cooper Flagg – e il Draft 2025 in generale. Pur con le varie protezioni e clausole, Brooklyn ha in ballo ben 4 first-round pick al prossimo Draft, inclusa la propria, e dunque tutto l’interesse del mondo a… perdere. La partenza di Mikal Bridges rappresenta la caduta dell’ultimo tassello del retooling per far spazio al rebuilding. Niente discorsi speranzosi su Ben Simmons, in scadenza e che con questo nucleo dice ben poco. Niente ottimismo per la permanenza di Cam Johnson o Dorian Finney-Smith, materiale da contender che probabilmente andrà scambiato il prima possibile per accumulare Draft asset. L’arrivo di Bogdanovic via trade, proprio come quello di Brogdon per Washington, presuppone probabilmente un taglio o un buyout, trattandosi di giocatori da minimo salariale in squadre competitive ma che, ovviamente, vogliono preservare le cifre faraoniche dei loro contrattoni in scadenza. Un hooper a cui dare palla in mano 82/82, qualche role player da scambiare e veterani a riempire il cap con contratti tutt’altro che team friendly: il manifesto del tanking. Il compleanno di Cam Thomas è passato da poco, ma i Nets gli hanno fatto un regalo da sfruttare per tutta la stagione.
Tier 5A – Tanking forzato
- Chicago Bulls
Arrivi: Chris Duarte, Josh Giddey, Jalen Smith; Draft: Matas Buzelis; rinnovi: Patrick Williams
Partenze: DeMar DeRozan, Alex Caruso, Javonte Green, Andre Drummond
Lasciare andare DeMar DeRozan 34enne, viste le difficoltà a mantenere competitiva la squadra e la conseguente necessità di alleggerire il payroll, ha molto senso; scambiare un asset positivo come Alex Caruso per Josh Giddey, un po’ meno. Anzi, QUI abbiamo parlato di furto con scasso da parte dei Thunder: non esiste uscire da uno scambio con Sam Presti e non tirare fuori nemmeno una second-round pick da tutto quel bendidio in termini di Draft capital; non esiste non averlo scambiato prima ai Warriors e a tutte le altre offerenti, che promettevano scelte al primo giro altine e multiple; non esiste cederlo per un giocatore certo giovane, ma che nell’ultimo anno ha visto il proprio valore di mercato colare a picco e che adesso è quasi da rilanciare. Niente, ad ogni modo, contro l’australiano, che comunque in NBA dovrebbe (?) poter ancora dire la sua, soprattutto dandogli palla in mano e chiedendogli di fare il connettore accanto a uno scorer come LaVine anziché lo spot-up shooter.
Il tanking forzato sembra la sola soluzione per più ragioni: intanto, due degli asset principali sono stati bruciati e non è che in cambio sia proprio arrivato molto; le possibilità di migliorare via trade al momento sono ridotte al minimo, dato il contratto immenso di LaVine (che tende a giocare pochino) e quello di Nikola Vucevic 34enne da $20 milioni l’anno, inserendo i Bulls in in un fastidioso limbo; infine, per avere la scelta al Draft 2025 essa deve cadere nel range 1-10. In parole povere, Chicago ha tutto l’interesse del mondo a perdere il maggior numero di gare possibile. Quantomeno, nella Città del Vento potranno godersi l’atletismo dirompente di Julian Phillips e Matas Buzelis.
PS. fa bene al cuore rivedere in campo Lonzo Ball, nel bel mezzo di una stagione che si prospetta deludente la speranza è che possa giocare il più possibile.
- Toronto Raptors
Arrivi: Bruno Fernando, Davion Mitchell; Draft: Ja’kobe Walter, Jamal Shead, Jonathan Mogbo; rinnovi: Scottie Barnes, Immanuel Quickley, Garrett Temple
Partenze: Jalen McDaniels, Gary Trent Jr., Sasha Vezenkov
Situazione leggermente migliore che a Chicago, ma la parata del 2019 sembra ormai lontanissima, forse fin troppo. Dopo lo smantellamento della passata stagione, il nucleo non sembra nemmeno terribile, ma non è detto che le prestazioni miglioreranno. Già dopo la deadline della passata stagione, i Raptors si sono piazzati tra le ultime 3 sia per offensive sia per defensive rating: questo non fa testo, è difficile adeguarsi a stagione in corso e non c’erano grossi obiettivi in mezzo. Il problema è che non ci sono nemmeno quest’anno e, anzi, c’è una first-round pick al Draft 2025 da difendere, che andrà a Toronto solo se cadrà nel range 1-10. La dichiarazione di intenti da parte di Jakob Poeltl è stata piuttosto chiara: “Sappiamo tutti che non vinceremo il titolo quest’anno. Non ha senso per noi provare a vincere ogni singola gara e sacrificare lo sviluppo dei giovani.”. Se non sa di elmetto questo…
La buona notizia è che potrebbe essere una stagione con un po’ meno di agonia delle altre. Il senso di essere ripartiti da zero c’è, e questo porta anche un po’ di aria fresca. RJ Barrett (canadese) e Quickley non sono giovanissimi grezzi da sviluppare, ma possono certamente far parte dei piano futuri, mentre materiale più interessante è quello arrivato dal Draft. Walter si è visto poco causa infortunio, ma Jonathan Mogbo – lungo dinamico da sgrezzare alla Masai Ujiri, se ce n’è uno – e Jamal Shead si sono distinti in pre-season. Soprattutto quest’ultimo, vero e proprio demone nella metà campo difensiva nonostante i soli 183 centimetri.
Tier 4 – wannabe Play-In
- Charlotte Hornets
Arrivi: Josh Green, Taj Gibson, Harry Giles, coach Charles Lee; Draft: Tidjane Salaun; rinnovi: Miles Bridges, Seth Curry
Partenze: Davis Bertans, JT Thor, Reggie Jackson, Bryce McGowens, James Nnaji, Aleksej Pokusevski
Si inizia a entrare nella parte un po’ più interessante, la bagarre Play-In. Gli Hornets si presentano con un progetto tecnico giovane, a partire da coach Charles Lee, assistente in NBA dal 2014 e alla sua prima esperienza da head coach, che avrà il non semplice compito di indirizzare un nucleo acerbo, seppur talentuoso. A partire da LaMelo Ball, che ha giocato 58 partite totali nelle ultime 2 stagioni, pur inanellando prestazioni niente male in quel periodo: nelle prime 15 dello scorso anno, oltre 24 punti e 8 assist di media, tirando con il 38.8% su 8.3 triple tentate a partita. Intrigante da seguire sarà la sua stagione, così come intrigante è il resto del roster: Brandon Miller, nonostante in molti preferissero Scoot Henderson, si è rivelato validissimo; nel front-court, Mark Williams ha lo stesso difetto di LaMelo, tende a non giocare molto, ma Nick Richards è un backup molto valido; e poi, oltre ai soliti, è arrivato un buon role player come Josh Green via trade e Tidjane Salaun dalla lottery. Ecco, se non foste a conoscenza del talentino francese, sappiate semplicemente che gli piace tirare da molto, molto lontano:
Senza passare in rassegna l’intero roster come una pagina Wikipedia, quello che si intende dimostrare è che questa squadra è potenzialmente profonda al completo per quanto riguarda la regular season, pur non avendo chance di superare mezzo turno Playoffs, sia per inesperienza sia per il talento ancora grezzo di molti. Circondare un creator come LaMelo di tiratori e rollanti di livello è certamente una buona idea dal punto di vista offensivo, ma deve essere supportata da una frequenza al tiro pesante ben più alta del 36.1% (22°) che possa aprire poi la via del ferro con costanza. In questo, un anno passato a Boston da coach Lee potrebbe rivelarsi utile col senno di poi: non c’è il materiale umano per giocare con un sistema 5-out, né per costruire una difesa top-10, ma si può tentare di valorizzare le doti di shot creation di tutti i nomi sopramenzionati, ai quali aggiungere uno come Miles Bridges da inizio stagione. Diciamo che i margini di miglioramento ci sono, ma si parte davvero dal punto 0, anche perché il net rating 2024 recita ultimissimo posto nella Lega: vedremo dove si fermerà quest’anno la linea di crescita degli Hornets e se verrà ancora una volta interrotta da infortuni o fatti extra-campo.
- Detroit Pistons
Arrivi: Tobias Harris, Tim Hardaway Jr., Malik Beasley, Paul Reed, Wendell Moore Jr.; Draft: Ron Holland, Bobi Klintman; rinnovi: Cade Cunningham, Simone Fontecchio
Partenze: Taj Gibson, Quentin Grimes, James Wiseman
Squadra molto più quadrata di Charlotte in termini di effettivi NBA capaci di garantire un certo tipo di produzione e stabilità su tutte e due le metà campo. Se gli Hornets stanno provando a circondare il creator primario con scorer e shot maker di medio/alto livello, diciamo che i Pistons hanno una struttura già da fase successiva: veterani, soprattutto tiratori, che sanno convertire alla perfezione il vantaggio creato. Il problema è: riusciranno a creare questo vantaggio? Per adesso, se l’idea è dipendere da Cade Cunningham in versione megacreator, la risposta è no. Dopo la partenza di Monty Williams, non troppo committed al proprio incarico nonostante uno stipendio da record, su questo dovrà lavorare JB Bickerstaff: l’ex coach dei Cavs è spesso riuscito a creare nelle sue ultime esperienze difese top10 – 9° nel 2018/19 a Memphis, rispettivamente 7°, 1° e 6° nelle ultime 3 stagioni a Cleveland – ma in Ohio ha dimostrato anche di saper assemblare un sistema offensivo a metà campo capace di valorizzare la produzione di guardie/esterni che sanno muoversi senza palla. Nomi come quelli di Fontecchio, Beasley, Harris, Hardaway e via dicendo potrebbero sia beneficiare di questo tipo di flow offensivo, sia contribuire a uno sviluppo di Cunningham più qualitativo anziché quantitativo palla in mano – cioè meno tiri forzati, meno carico, ma più attenzione alla distribuzione e maggiori spazi per operare, che sia in ISO o sul pick&roll. Non è un caso che, per adesso, a distinguersi in pre-season sia stato Jaden Ivey, che lo stesso Bickerstaff ha equiparato a Cunningham in termini di divisioni delle responsabilità palla in mano e che ha tirato molto meglio del solito:
L’importanza dello sviluppo del tiro per Detroit è inoltre confermata dalla firma di Fred Vinson, shooting coach famosissimo in NBA: lui e Bickerstaff hanno il materiale a disposizione per implementare un attacco che lo scorso anno si è classificato penultimo per frequenza di tiro da tre punti e sestultimo per efficienza. Dando per scontato che il materiale difensivo non sia da mettere in dubbio, a partire dal back-court già menzionato, passando per Jalen Duren e Isaiah Stewart, chiudendo con quella che è stata la scelta #5 al passato NBA Draft: Ron Holland, uno degli atleti migliori della classe, che ha fatto intravedere immensi margini di miglioramento anche offensivi, dal punto di vista perimetrale, a Ignite, ma che si distingue soprattutto per versatilità difensiva. I presupposti per far bene ci sono tutti, la squadra sembra abbastanza equilibrata nel rapporto fra giovani e veterani, l’unico dubbio deriva dal fatto che… sono i Pistons, e per adesso non si è mai intravista una direzione chiara da parte del front office capace di durare nel tempo. Che sia l’anno buono?
- Atlanta Hawks
Arrivi: Dyson Daniels, Larry Nance Jr., David Roddy, Cody Zeller; Draft: Zaccharie Risacher; rinnovi: Vit Krejci
Partenze: Dejounte Murray, Saddiq Bey, AJ Griffin, EJ Liddell, Bruno Fernando
“Perfectly balanced, as all things should be”. Si è memato tanto sugli Atlanta Hawks e sul loro record perfettamente equilibrato fra vittorie e sconfitte nelle ultime stagioni, ma è una questione in realtà piuttosto seria. Dopo essere stati baciati dalla dea bendata, ottenendo la prima scelta assoluta assoluta al Draft 2024 con il solo 3% di possibilità, evento più unico che raro, sono passati dal sembrare un progetto tecnico mediocre a… un progetto tecnico mediocre. La trade di Dejounte Murray è un’ammissione di colpa piuttosto genuina, ricordando il suo arrivo per 3 first-round pick e 1 swap a dir poco pesanti, che ha portato a nulla e non ha dato continuità al progetto. Adesso si torna a dare tutto in mano a Trae Young, con una squadra più profonda nel reparto wing (Risacher, Daniels, Roddy) e fra i lunghi (Larry Nance jr., Cody Zeller) e con più opzioni a disposizione – Nance non è uno stretch-five, ma può agire difensivamente in quintetti small accanto a ali versatili come Jalen Johnson o De’Andre Hunter e portare a dei principi di 5-out. Resta un po’ da capire come possa adattarsi questo sistema a Quin Snyder, che tanto bene aveva fatto a Utah ma che sta faticando a costruire un sistema equilibrato – 11° attacco nella passata stagione, ma 26° difesa. Il personale, come detto, è un po’ migliorato e teoricamente tale da permettere un piccolo miglioramento quest’anno, avendo a disposizione materiale per alternare coverage più conservative nei minuti di Capela a cambi sistematici, ma non sembra esserci troppo potenziale per una regular season molto sopra le righe. L’hype è tutto per Risacher, non proprio uno capace di crearsi il tiro o di stupire dal palleggio, ma molto fluido balisticamente e terminale offensivo interessante da affiancare a Trae:
Tier 3 – Playoffs e poi vediamo
- Miami Heat
Arrivi: Alec Burks; Draft: Kel’el Ware, Pelle Larsson; rinnovi: Bam Adebayo, Haywood Highsmith, Kevin Love, Thomas Bryant
Partenze: Jamal Cain, Caleb Martin, Orlando Robinson, Patty Mills
Quando si parla di squadre che potrebbero faticare in stagione ma performare in post-season, si intende i Miami Heat: da 2 anni di fila si trovano costretti a prendere parte al Play-In, da 2 anni di fila partecipano ai Playoffs – e da protagonisti, come nel 2023. Un approccio rischioso, che si regge sull’idea di lasciar cucinare Erik Spoelstra per poi sedersi a tavola a gustarne le prelibatezze, ma resta da capire quando arriverà un boccone più amaro del previsto. La tensione fra Jimmy Butler e Pat Riley potrebbe farsi più complessa che mai: la superstar di Miami è nel contract year, con una player option da $52.4 milioni prevista per la prossima stagione che chiama l’estensione, ma Riley non è troppo disposto a piegarsi a richieste e non sembra avere troppo in simpatia l’ex Sixers (ricordate il “Keep your mouth shut”?). Per ora, Butler ha dichiarato di non essere interessato ai soldi e di voler vincere, ma questo potrebbe benissimo essere anche un anticipo di una sua partenza qualora i Miami Heat non dovessero essere competitivi. E non è, appunto, così scontato che lo siano. Unico innesto di livello consiste in Kel’el Ware dal Draft, aka “Dereck Lively con un tiro da 3 punti” secondo la definizione di Brian Windhorst, atleta verticale clamoroso e capace di correre il campo a velocità inusuali per uno di quella taglia (213 centimetri), aggiungendo a tutto questo anche tocco da fuori:
Oltre a lui, per incrementare le prestazioni in regular season serve vedere progressi dal punto di vista della continuità (e dell’integrità fisica) in Jaime Jaquez e Nikola Jovic, mentre il resto è fatto solo di incognite soprattutto fisiche. Burks, unica firma in free agency, ha 33 anni, e gli altri membri della rotazione a roster sono tutti o injury prone o molto avanti con l’età. Lo stesso Rozier, arrivato alla deadline a portare una boccata d’aria fresca in termini di scoring, si è poi infortunato prima dei Playoffs, mentre Herro ha giocato 42 gare lo scorso anno, il sopracitato Butler 60 senza Playoffs – non proprio ad alta intensità, ma a questo ha contribuito anche la morte del padre e i problemi derivanti da essa, come raccontato di recente. Ci sono pochi dubbi sul fatto che vedremo ancora una difesa top-10, e già questo dovrebbe garantire un posto fra le migliori 8, ma lo scoglio del Play-In – soprattutto con tutti questi infortuni di mezzo – aggiunge una componente marginale di aleatorietà da non sottovalutare. Sono gli Heat, magari andrà sempre bene, ma mai scherzare col fuoco – soprattutto quando lasci l’intera cucina in mano al solo chef Spoelstra.
PS. DELUSISSIMI dal look ordinario di Jimmy Butler al media day, un colpo al cuore. Dopotutto, però, per quanto non gli interessi, è contract year.
- Indiana Pacers
Arrivi: James Wiseman; Draft: Johnny Furphy; rinnovi: James Johnson, Obi Toppin, T.J. McConnell, Andrew Nembhard, Pascal Siakam
Partenze: Jalen Smith
Se per gli Heat si è parlato di difficoltà offensive, cambiamo totalmente discorso. I Pacers si sono classificati 2° per offensive rating nella passata stagione, ma hanno a lungo dominato la Lega in attacco: top-10 di squadra su tutti e 3 i livelli per conversione, 1° dal mid-range, 8° al ferro (3° per volume) e 10° al tiro pesante; pronti a correre ad ogni occasione, con frequenza di transizione in top-10 sia da palla rubata (2°) sia da rimbalzo (7°) e 2° per pace; 3° per produzione a metà campo. Insomma, tanti tantissimi punti… anche concessi, come testimoniato dal 24° defensive rating di squadra. Il disastro è avvenuto a difesa schierata, con il 27° posto per punti concessi, e a rimbalzo, 25° per rimbalzi offensivi concessi agli avversari e 28° per punti concessi da putback (errore al tiro avversario). Numerini, numerini per dire che i Pacers sono stati un po’ troppo monodimensionali e hanno rischiato di finire fuori dalla top-6 a causa di una difesa tra le peggiori NBA. Adesso che ci sarà Siakam dal giorno 0, serve maggior equilibrio, così come cercare di traslare le doti dei singoli a livello di squadra: Nesmith, Toppin, Sheppard, più indietro nelle rotazioni – ma quotati a salire – Isaiah Jackson e Jarace Walker hanno frame fisici e qualità difensive individuali di altissimo livello, perciò è abbastanza inspiegabile non riuscire a trovare una quadra, a meno che non se ne faccia una questione di effort. Correre così tanto consuma in termini di energie ed espone a rischi maggiori, ma non può portare a risultati così tragici nell’altra metà campo, soprattutto con un coach esperto come Rick Carlisle in panchina. Se riuscissero a trovare un equilibrio sotto questo aspetto, i Pacers potrebbero addirittura arrivare al gradino successivo, ma è un’ipotesi troppo grossa al momento per spostarli più su, soprattutto in ottica Playoffs.
PS. un piazzamento più alto in stagione dipenderà anche da quale Haliburton vedremo: prima di infortunarsi a metà stagione, nelle prime 33 gare ha girato a 24 punti e 12.5 assist di media, tirando con quasi il 50% dal campo e un clamoroso 40.3% su 8.3 triple a gara.
- Cleveland Cavaliers
Arrivi: JT Thor, coach Kenny Atkinson; Draft: Jaylon Tyson; rinnovi: Jarrett Allen, Isaac Okoro, Donovan Mitchell, Evan Mobley, Tristan Thompson
Partenze: –
Il più grande cambiamento riguarda la panchina, dove si è passati da Bickerstaff a coach Kenny Atkinson, capo allenatore dei Nets dal 2016 al 2020 e reduce da un’esperienza di 3 stagioni da assistente ai Golden State Warriors. Aver lavorato con Steve Kerr e il suo staff potrebbe permettere di implementare un paio di aree sin qui apparse problematiche: l’utilizzo di Evan Mobley con e senza Jarrett Allen di fianco, e viceversa; l’ottimizzazione degli spazi attorno a Darius Garland e Donovan Mitchell. Le 5 migliori lineup dello scorso anno per net rating vedono tutte o solo Mobley o solo Allen in campo, affiancati da Dean Wade/Georges Niang, scelta molto elementare per ampliare gli spazi e funzionale per la regular season, un po’ meno per i Playoffs. Il duo di lunghi titolari dei Cavs, se smantellato, depotenzia infatti moltissimo quella che si è rivelata una delle migliori difese NBA, perdendo moltissimo in rim protection primaria e secondaria. La coperta, dunque, è corta, o si tira da un lato o dall’altro. Quello che dovrà fare Atkinson è capire se il ruolo offensivo di Evan Mobley possa diventare quello di connettore, con le dovute proporzioni, à-la-Draymond Green (spesso affiancato dal Looney di turno) – o Bam Adebayo, se preferite – in appositi set delay nei quali, anziché ammazzare le spaziature senza toccare palla, contribuisca al playmaking di squadra. E bisogna dire che qualcosa di interessante, su questo fronte, si è visto:
Questo ci porta al secondo punto, ossia l’ampliamento degli spazi attorno ai creator primari, soprattutto Mitchell. Coinvolgere Mobley in svariati possessi sbloccherebbe il potenziale del back-court, molto meno limitato e circoscritto al palleggio della propria stella e innescato con più frequenza da consegnati o passaggi sui tagli/in uscita dai blocchi. Con Bickerstaff la filosofia, ne abbiamo parlato per Detroit, era simile e, a onor del vero, le basi sono già tutte lì da vedere, bisogna solo aumentare il volume e dare continuità a questi concetti anche ai Playoffs. Più facile a dirsi che a farsi, ma il nucleo dei Cavs, coach a parte, è rimasto praticamente lo stesso, quindi avrà come minimo qualche altro mese di tempo. Esatto, non allarghiamoci, usiamo i “mesi” come unità di misura, dal momento che l’estensione di Allen è arrivata in modo da lasciare libera una piccola finestra (dal primo febbraio) alla deadline per un eventuale scambio (come abbiamo detto nel nostro PODCAST). A pensar male si fa peccato, ma spesso ci si indovina.
- Orlando Magic
Arrivi: Kentavious Caldwell-Pope, Cory Joseph; Draft: Tristan Da Silva; rinnovi: Goga Bitadze, Moritz Wagner, Wendell Carter Jr., Gary Harris, Jonathan Isaac, Franz Wagner
Partenze: Joe Ingles, Markelle Fultz
Su tutte le squadre precedentemente menzionate ci sono incognite – fisiche, difensive, offensive – che precludono il passaggio al tier successivo, e i Magic non fanno eccezione. Il miglioramento dall’anno scorso consiste nell’avere un anno in più di esperienza Playoffs e KCP a roster, presa importantissima in ottica Playoffs sulla difesa point-of-attack – accanto a Jalen Suggs sarà un incubo per gli avversari – e in termini di movement shooting/catch&shoot, utilissimo per un attacco con grossi limiti di creation a metà campo.
I dubbi restano, appunto, sulla creazione e sfruttamento del vantaggio in ambito Playoffs. Banchero è un abile shot-maker e ha letture di alto livello, ma non può certo fare il LeBron James di turno e, anche a causa di quello che gli viene chiesto, oltre che per la giovane età, ha un’efficienza negativa, al di sotto la media della Lega (54.6 true shooting%, -3.4%). L’altro big offensivo, Franz Wagner, ha fatto intravedere molte buone cose, ma in un contesto molto competitivo probabilmente non può rivestire un ruolo di verso da quello di creator secondario, meglio se innescato già con la difesa mossa anziché con la palla in mano contro una squadra schierata. Da capire se la regressione al tiro pesante nella scorsa stagione passerà come solo un caso o se bisognerà iniziare a preoccuparsi. Lampi di shot creation arrivano da Anthony Black ma, ripetiamo, non è ancora abbastanza contro difese schierate di livello Playoffs, per affrontare le quali serve creare vantaggio con più continuità, anche in situazioni di gioco rotto. Per fortuna, parliamo di una delle migliori 5 difese NBA, il che garantirà un piazzamento di livello in regular season che potrebbe rendere le cose un po’ più facili almeno al primo turno. Da lì, bisognerà vedere quanto e se siano migliorati i giovani Magic.
Tier 2 – pretender
- Milwaukee Bucks
Arrivi: Taurean Prince, Gary Trent Jr., Delon Wright; Draft: AJ Johnson, Tyler Smith; rinnovi: –
Partenze: Malik Beasley, Patrick Beverley
Ah, l’età che avanza. Dei 6 giocatori più pagati da Milwaukee, 4 sono già over 30 (e non di poco, si va dai 32 in su) e nessuno va sotto i 29. L’hype per l’arrivo di Damian Lillard è andato man mano dissolvendosi tra cambi di allenatore e infortuni, soprattutto (sebbene non limitati a) quelli di Giannis Antetokounmpo – il quale, nelle ultime 2 stagioni, ha giocato per intero solo 2 gare su 10 di squadra ai Playoffs, e va per i 30. La scelta di Doc Rivers è probabilmente quella più comoda per le 2 stelle, per adesso, sebbene il campo abbia più volte dimostrato che non si tratti della più adatta per vincere. Silurare coach Adrian Griffin nonostante il record di 30-13 ha detto tutto sulle intenzioni della dirigenza di voler fare tutto il possibile per accontentare le stelle, soprattutto il greco, affiancando loro una personalità più esperta e carismatica, seppur quasi obsoleta tatticamente parlando. Questo mezzo pippone su un argomento riguardante lo scorso anno perché, sostanzialmente, non è cambiato nulla, ci sono solo 3 buonissime prese a prezzo stracciato come Gary Trent Jr. e Taurean Prince, che si giocheranno il posto da titolari, e Delon Wright, e un paio di aggiunte dal Draft che non è scontato vedano il campo allo stato delle cose – l’imperativo èquello di vincere. Per il resto, tutti hanno 1 anno in più – pure Doc Rivers – e nel caso dei Bucks non è una condizione così scontata, vista l’età media (4° più alta della Lega). Lopez è in scadenza, Connaughton e Portis sono extension eligible, Middleton pure ci si avvicina: questa stagione sa tanto di win or bust a Milwaukee. Certo, se sono così in alto nel power ranking è perché avere un top-3 della Lega sano – con Lillard accanto – ti porterebbe ovviamente a giocartela con tutti, ma anche questo è tutto da vedere.
- Philadelphia 76ers
Arrivi: Paul George, Eric Gordon, Reggie Jackson, Caleb Martin, Andre Drummond, Guerschon Yabusele; Draft: Jared McCain, Adem Bona; rinnovi: Joel Embiid, Kelly Oubre Jr., Kyle Lowry, KJ Martin, Tyrese Maxey
Partenze: Nicolas Batum, Paul Reed, Mo Bamba, Buddy Hield, De’Anthony Melton, Cameron Payne
Parlando di età media, infortuni e superstar di livello MVP, i Philadelphia 76ers se la giocano alla grande. Paul George ha già fatto registrare la prima iperestensione stagionale, anche se non sembrerebbe nulla di grave, mentre Joel Embiid non è arrivato nemmeno alla fine della pre-season prima di chiarire che non giocherà mai più un minuto in back-to-back in vita sua. Non proprio incoraggiante per un duo da $100 milioni in questa stagione e moltissimi altri a venire, considerato che di preavviso se ne è avuto: Embiid ha perso 204 gare nelle passate 8 stagioni, senza arrivare quasi mai a completare una serie Playoffs fisicamente integro; Paul George ha giocato 74 partite lo scorso anno, il massimo dal 2019, non superando mai le 56 nei precedenti 4 anni a Los Angeles (+stesso discorso del camerunense ai Playoffs).
Detto ciò, anche qui, un Embiid sano anche solo per 50 partite e Playoffs, permette potenzialmente di giocarsela con chiunque, anche considerando che la squadra adesso è molto più profonda. Solo 6 dei 15 giocatori che hanno chiuso la passata stagione in maglia Sixers sono ancora a Philadelphia, che si è mossa alla perfezione in offseason per implementare ogni singolo slot a roster. Maxey è il solo che fornisca garanzie per tutta la stagione (sperando di non tirargliela) mentre role player come Martin, Drummond, Oubre, Gordon, Lowry e Jackson sono buoni per tutte le stagioni. C’è anche un piccolo margine di miglioramento se si considera la strategia di pagare Kenyon Martin Jr. più del dovuto per usarlo entro la deadline come pedina di scambio da addolcire con qualche Draft pick per contratti più alti del minimo, mossa che vedremo sempre più spesso con il nuovo CBA. Questa profondità piacerà, con e senza Embiid, a Nick Nurse, che avrà molto materiale da spremere nel corso della stagione. Ah, e non dimenticate Jared McCain, che in pre-season ha fatto benino.
- New York Knicks
Arrivi: Karl-Anthony Towns, Mikal Bridges, Cam Payne; Draft: Pacome Dadiet, Tyler Kolek; rinnovi: Jalen Brunson, OG Anunoby, Precious Achiuwa, Jacob Toppin
Partenze: Julius Randle, Donte DiVincenzo, Isaiah Hartenstein, Bojan Bogdanovic, Alec Burks, Shake Milton, Marcus Morris, Duane Washington Jr., Charlie Brown, Mamadi Diakite, Keita Bates-Diop, DaQuan Jeffries
Si sfiora il tier superiore per un po’ di dubbi legati alla trade tardiva per KAT. L’ex Timberwolves dovrà tornare a giocare da rim protector primario o, se preferite, ad avere grosse responsabilità in termini di interior defense, aspetto nel corse della propria carriera rivelatosi più volte problematico. Già in pre-season si è notato come gli abbia fatto bene stare di fianco a un mentore come Rudy Gobert, presentandosi con una postura molto più ordinata e meno incline al fallo, sebbene quest’ultimo resti un aspetto ancora da correggere – non leverà mai la tendenza a tentare la stoppata anziché a contestare il tiro con le braccia alte, tende a far “calare la mannaia”. Problema altrettanto importante e connesso a quello dei falli è l’utilizzo che gli verrà richiesto come rollante: Towns raramente ha una postura corretta e timing nel roll, tende a muoversi commettendo falli in attacco e, quando riceve fischi a sfavore, inizia a portare blocchi fantasma, impalpabili e inutili. Se l’idea sarà quella di fare dei giochi a 2 con Jalen Brunson (palla in mano) una delle principali armi offensive di squadra, questo aspetto andrà corretto da parte di Thibodeau e soci.
La cosa buona è che, se non dovesse funzionare il pick&roll (e funzionerà, magari a fasi alterne, ma funzionerà) è che Towns consente di avere a disposizione una miriade di opzioni. Si parla di un mostro di efficienza al tiro da fuori, che probabilmente alzerà il volume, abile sia uscire dai blocchi che a operare da tagliante, nonché di un abile passatore dal gomito e (anche se un po’ meno) dal post basso. Sotto questo aspetto, la conferma di OG Anunoby e l’aggiunta di Mikal Bridges assumono ancora più valore: si apriranno molti spazi per il tiro dagli angoli e soprattutto per i tagli in situazioni di 5-out, manna dal cielo per le due ali – e per Josh Hart. L’ex Nets e Suns è inoltre sì un’altra aggiunta di livello altissimo, ma un fit perfetto per Thibs – che tende a spremere i suoi titolari, e Bridges è un highlander – e per la squadra, i cosiddetti ‘Nova Knicks, pur indeboliti dalla perdita di DiVincenzo. La profondità difensiva fra le wing, queste opzioni offensive e la possibilità – al rientro di Mitchell Robinson – di adattare al bisogno Towns di fianco a un lungo più pesante non possono che offrire ottimismo, premio per un’offseason davvero perfetta in termini di gestione delle finanze e sfruttamento di ogni margine offerto dal nuovo CBA.
Tier 1 – direzione NBA Finals
- Boston Celtics
Arrivi: – ; Draft: Baylor Scheierman; rinnovi: Jayson Tatum, Derrick White, Sam Hauser, Xavier Tillman, Neemias Queta, Luke Kornet
Partenze: Svi Mykhailiuk
Non molto da dire. I Celtics stanno in un tier a parte perché hanno dato continuità a quello che si è già rivelato un progetto vincente e completo sotto ogni aspetto, pertanto non possono che essere di nuovo i favoriti. Aggiungete anche, con un’espressione usata nel nostro PODCAST, che nonostante il titolo le stelle siano “incazzate” per una qualche ragione – esclusione di Brown da Team USA, Tatum in panchina con Team USA – e otterrete probabilmente pure un upgrade rispetto alla passata stagione.
PS. non è chiaro se Lonnie Walker IV farà parte del roster alla fine, perché le regole della luxury sono molto severe per una squadra con questo payroll, ma Skywalker in canotta biancoverde ha proprio un bell’aspetto.