
L’Italia vince con un brivido finale contro le Filippine e, così facendo, si qualifica alla seconda fase della FIBA World Cup. Secondo posto per la squadra allenata da Gianmarco Pozzecco dietro a una Repubblica Dominicana a punteggio pieno, assieme alla quale andranno presumibilmente ad affrontare Serbia e Porto Rico, che giocheranno domani per stabilire la propria posizione.
Dal punto di vista tattico, il piano partita degli Azzurri sulle due metà campo è piuttosto chiaro:
- difensivamente, limitare a tutti i costi la stella avversaria, Jordan Clarkson, mettendogli addosso un corpaccione che potesse sia tenerne il passo che pareggiarne la taglia e forza fisica. Come avevamo anticipato ieri sul nostro canale Playback, l’incaricato è stato Stefano Tonut e, nei minuti senza di lui, Alessandro Pajola in uscita dalla panchina, entrambi fra i migliori in campo. Il trattamento riservato al giocatore dei Jazz è stato difesa top lock, quindi tanto faccia a faccia e posizione del corpo atta a impedire la ricezione, nel tentativo di tagliarlo fuori dalla manovra avversaria. Escluso Clarkson, i Gilas fanno infatti enorme fatica a difesa schierata e, anche con l’idea “palla in mano e pensaci tu”, non è stato facile nemmeno per un clamoroso scorer come lui trovare spazio di manovra, come dimostra il brutto 8 su 20 al tiro, con 4 palle perse. Da apprezzare comunque la volontà del giocatore dei Jazz sin dai primi minuti di mettere in ritmo i compagni, aspetto di cui hanno beneficiato all’inizio sia Roger Pogoy, sia Dwight Ramos con un paio di buone triple. Per il resto, la marcatura aggressiva su Clarkson si è rispecchiata sulle 14 palle perse – da cui sono arrivati 22 punti – e sui brutti tiri generati dai filippini, incapaci di creare vantaggio in alcun modo senza un ball handler di riferimento.
- offensivamente, invece, si è vista nella fase centrale della partita, dalla seconda metà del primo quarto fino agli ultimi 3 minuti di gara, la migliore Italia della World Cup. Tanto, tanto pick&roll, con numerose varianti di “Spain” (QUI il glossario per i termini tecnici, ma è il caso del tweet precedente), che giustifica la presenza di Marco Spissu in campo per quasi 37 minuti. La drop coverage molto profonda dei Filippini, soprattutto con Fajardo in campo, ha lasciato molto spazio al palleggio, arresto e tiro del playmaker sardo, molto bravo a restare aggressivo per tutta la gara: per lui buona prestazione da 13 punti, con 4 su 7 da fuori e ben 9 assist, nonostante le 5 palle perse. Benissimo anche il playmaking di Nicolò Melli, sia in uscita sulla punta, che da rollante, soprattutto nel trovare i compagni fuori (7 assist), in situazioni viste sia partendo 5-out che “4 fuori-1 dentro”. I buoni tiri generati portano finalmente a una grande prestazione da fuori: saranno 17 le triple segnate su 41 tentativi, un ottimo 41% figlio delle 4 bombe Spissu e Ricci (migliore del Mondiale per ora) e delle 3 di Fontecchio – seppur a bassa percentuale – e soprattutto di Alessandro Pajola, tra cui una molto spettacolare a fine terzo quarto.
Chi continua a faticare è invece Simone Fontecchio, che chiude sì con 18 punti, ma con 5 su 17 dal campo e 8 errori al tiro da tre punti. Il giocatore dei Jazz continua a piacere molto di più in fase di creazione per altri, sfruttando il proprio atletismo per lasciare indietro di un passo l’avversario e mettere pressione al ferro: questo costringe spesso le difese a ruotare in emergenza lasciando spazio alle riaperture di Fontecchio, bravo a trovare i compagni in ala o in angolo. Un solo assist per lui a fine gara, ma solo perché l’Italia vive di passaggi extra, in realtà sono molte di più le occasioni create dal giocatore NBA.
Fra le note stonate, da segnalare le disattenzioni sulla transizione avversaria, che hanno rischiato di mettere in campo i tiratori filippini: 19 i punti generati da parte dei Gilas sulle 11 palle perse italiane e ben 20 i punti in contropiede, contro i soli 2 azzurri. Falso allarme, invece, il finale di gara, quando gli Azzurri hanno staccato la spina un po’ troppo presto, commettendo un paio di ingenuità negli ultimi 3 minuti, fra un’interferenza a canestro, che ha regalato un and-one a Clarkson, e un fallo in attacco.
Si tratta in realtà della stessa “illusione da tabellino” palesatasi nella sconfitta contro la Repubblica Dominicana: Towns e compagni sono stati in totale controllo della partita prima degli ultimissimi minuti, dove hanno staccato la spina proprio perché consapevoli di avere il risultato in cassaforte. La stessa situazione di oggi, ma a favore dell’Italia, in cui l’avversario inizia a ragionare in via ipotetica pensando di andarci vicino, quando la realtà è che – per dirla in maniera spiccia e colloquiale – “andarci vicino conta solo a bocce”. La verità è che finalmente l’Italia ha vinto e convinto nella parte centrale, trovandosi sopra anche di 18, e questo non può che essere di buon auspicio in vista della prossima fase.