FOTO: Sports Illustrated

Siamo arrivati a un punto quasi impronosticabile fino a una settimana fa: tra Boston Celtics e Miami Heat è Gara 7, dopo che i primi hanno recuperato uno svantaggio di 0 a 3. Tantissimi i fattori che hanno condotto a questa incredibile rimonta, fra i più banali come la disparità dei roster delle due squadre o tra i più tecnici, come la facilità di Boston di riuscire a trovare il mismatch contro i giocatori di Miami (ne abbiamo parlato QUI). Tralasciando il passato, che ha visto un finale incredibile di Gara 6 e un blowout in Gara 5, proviamo a capire, lato Miami, cosa potrebbe condizionare la più impronosticabile delle partite.

  • Costanza dall’arco

Partiamo dal fattore più eclatante. Nella serie, Miami è stata più volte tenuta a galla da prestazioni e lunghi parziali condotti dai suoi role player (uno straordinario Caleb Martin su tutti), e per molti di loro l’arma principale è sicuramente il tiro da lunga distanza. Questo si vede nelle cifre: Miami sta tirando col 40.6% le triple in questa serie, che diventa 48% per quanto riguarda le Corner Three. Aspetto che ha condizionato tantissimo l’andamento delle Conference Finals, proprio perché, nonostante Miami sia stata bravissima a crearsi questi tiri e abbia avuto una shot quality molto alta, è stata la continuità dei tiratori che è riuscita a portare a casa tre delle ultime sei partite.


Dato che si rispecchia specie in successi come Gara 1 (51%) e Gara 3 (54%), ma anche – inversamente – nelle ultime sconfitte, come il 25% di Gara 4. Insomma, una costanza al tiro che non può mancare per Miami, con una shooting slump che potrebbe essere aspetto numero uno di una sconfitta per gli Heat:

  • Transizioni difensive

Uno degli aggiustamenti da parte di Mazzulla che ha fatto partire la rimonta per Boston è stato l’alzare il pace e cercare un tiro già nei primi secondi, muovendo molto la palla sull’arco cercando di alterare la difesa Heat subito, punendo gli uomini lasciati liberi da Miami per occupare il pitturato. In questo, la squadra di Spoelstra è sembrata un po’ impreparata soprattutto in Gara 4 e Gara 5, dove Boston ha alzato notevolmente i volumi di questi tiri attaccando bene già nei primi secondi (ne avevamo parlato bene QUI).

Sarebbe riduttivo limitare il tutto a una mancanza di effort. La realtà è che il sistema di Miami nel riempire il pitturato, concedendo qualche tiro dall’arco in più, rischia di crollare se aumenta l’efficienza degli scarichi già dai primi secondi, quando la difesa è ancora impreparata e può concedere diversi tiri open, come abbiamo visto nelle due gare.

Efficienza nel pitturato Efficienza dagli scarichi
Gara 261% (24/39)25% (1/4)
Gara 350% (26/51)30% (3/10)
Gara 4 71% (20/28)37.5% (6/19)
Gara 563% (21/33)50% (9/18)
Il cambio d’efficienza di Boston coincidente al cambio di game plan

Le risposte a un cambio del genere sono complicate da trovare da un punto di vista tattico, visto anche lo scarso materiale a disposizione di Miami: aumentare l’effort – stavolta sì – senza concedere transizioni facili, fattore che porterebbe Boston a trovare canestri ad alta percentuale fin da subito.

  • Ritrovare il pitturato

Se da un lato è stato fonte di salvezza per Boston, per gli uomini di Spo è stato davvero difficile trovare con costanza e efficienza il pitturato per quasi tutta la serie. Paradossale come una delle squadre che abusa più del mismatch hunting per muovere la difesa avversaria e mettere in ritmo i propri attaccanti sia andata enormemente in difficoltà nel liberare il ferro e attaccarlo bene nel corso di questa serie, con rappresentazione massima nell’ultima Gara 6.

I numeri parlano chiaro: nel corso delle sei gare, gli Heat non vanno oltre il 51% nel pitturato (130/256), dato bassissimo per un attacco che aveva trovato nel ferro il modo migliore di attaccare durante la stagione regolare, e non solo. Numeri che passano tutti dal tipo di difesa dei Celtics, che Miami non è riuscita ad attaccare, incapace di tirare fuori il lungo di riferimento, a cui è bastato del roaming per difendere il pitturato e far alzare il numero di scarichi e tiri dal midrange.

Attaccare in modo meno statico e muovere la difesa dovranno essere delle costanti in Gara 7 per Butler e compagni, che hanno già dimostrato di essere degli specialisti in questo (un approfondimento QUI).

  • Ritrovare Jimmy Butler

Come era giusto esaltare le prestazioni dell’ex 76ers nelle passate serie, è altrettanto giusto sottolineare il pesante calo alle sue prestazioni in questa serie. Nonostante le prime due gare di buona fattura, Butler è calato tanto nelle prestazioni quanto nell’efficienza: un bassissimo 52% di TS nella serie e un AST/TO diminuito a un 2.8.

Se il calo nei numeri riguardanti la realizzazione può essere in qualche modo gestibile per Miami (anche se non ne eravamo proprio abituati), la regressione nel decision making e nel playmaking si stanno facendo sentire, portando a conseguenze come quelle viste prima sull’attacco al pitturato.

Gara 6 è stato l’emblema di questo: con un Butler così sterile, autolimitatosi sugli scarichi e passivo al ferro, i role player hanno dovuto aumentare i giri per tentare di mantenere alta la produzione offensiva, molto meno efficiente rispetto alle altre serie (solo 21.3 assist contro Boston, a fronte dei 24.5 contro New York e i 29.4 contro Milwaukee).

E se l’apporto in attacco sta risultando limitante, l’impegno difensivo non è certo da meno. Butler ci aveva già abituati a una certa negligenza sulla palla, mantenendo comunque alti gli standard su letture e interdizione sulle linee di passaggio – e le 9 steal ricavate nelle prime due gare lo dimostrano. Con questo atteggiamento più passivo a esser calata è anche la solidità difensiva, diventando addirittura facile preda dei possessi in isolamento dei vari Tatum e Brown, abili a sfruttare il mismatch.

Insomma, i Miami Heat dovranno dar tutto per sperare di non trovarsi dalla parte sbagliata della storia, e, per farlo, avranno bisogno del vero Jimmy Butler.