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Questo contenuto è tratto da un articolo di Marc J. Spears per ANDSCAPE, tradotto in italiano da Andrea Borgonovo per Around the Game.


Settimana scorsa i Brooklyn Nets non solo hanno perso malamente contro i Kings, ma hanno anche subito il maggior numero di punti da inizio stagione, ben 153. Dopo quel tonfo clamoroso, però, la squadra di coach Vaughn è riuscita a dare una svolta positiva, vincendo tre delle quattro partite successive, tutte contro squadre da Playoffs (Blazers, Grizzlies, 76ers, Raptors).


Certo, i Nets non si trovano (come sempre) in una situazione tranquilla: con Kyrie Irving che è stato fuori per otto partite per gli ormai noti motivi, un nuovo allenatore in panchina (Jacque Vaughn) e Ben Simmons che ha impiegato del tempo per ritagliarsi un ruolo in squadra.

Eppure, dopo la sconfitta contro Sacramento, Kevin Durant appariva sereno e sorridente, esprimendo

Eppure, dopo la sconfitta contro Sacramento, Kevin Durant appariva sereno e sorridente, esprimendo “gratitudine per il semplice fatto di poter giocare a basket per vivere”.

“Amo la mia vita in questo momento. Non credo che il resto del mondo possa capirlo, però. Forse dovrei sorridere di più, forse dovrebbero scrivere più articoli su di me, forse solo così la gente potrebbe davvero capire la mia felicità e non pensare come Charles Barkley che io sia Mr. Infelicità”.

Ecco l’intervista completa con Andscape, in cui KD ha parlato del perché sia rimasto a Brooklyn, di Simmons e di Irving, della vita a Brooklyn, del giocare al Barclay Center, della sua attenzione al gioco, della sua totale mancanza di hobby e di molto altro ancora.

Ti definiresti felice, al momento?

Perché non dovrei amare questa vita? Sono un grande giocatore, mi sveglio la mattina per giocare a pallacanestro e lavoro su questo. E inoltre, faccio anche un sacco di soldi che mi permettono di comprare quello che voglio. Davvero non capisco come ci si chieda se io sia felice o meno; ovviamente lavoro duramente e faccio qualunque cosa per vincere le partite e migliorarmi, ma ciò non significa che la mia vita sia infelice, anzi.

Sei rimasto colpito dalla sospensione di Kyrie?

Penso a tutti i miei compagni di squadra, a come stanno e a quello che stanno passando come giocatori NBA. Voglio il meglio per tutti. Kyrie, l’organizzazione, voglio solo che tutto si risolva. È stata una situazione difficile e mi è sembrato che entrambe le parti abbiano imparato qualcosa in più l’una dell’altra, quindi spero che in futuro si possa andare avanti. Mi è mancato vederlo qui, giocare con lui. Ma la maggior parte di queste cose è fuori dal mio controllo e quindi cerco di non concentrarmi troppo su di esse.

FOTO: NBA.com

Vedi ancora la possibilità di lavorare con i Nets e Kyrie, quindi?

Sì. Non posso pensare che le cose non vadano bene solo perché abbiamo affrontato alcune avversità, alcuni ostacoli sulla strada. È emozionante venire in palestra ogni giorno e lavorare per migliorare come squadra e come giocatore. Per me, che sono un leader, è bello vedere lo sviluppo dei ragazzi più giovani nel campionato. Ogni partita è importante per noi, abbiamo i riflettori puntati addosso e c’è molto da fare. Dobbiamo solo fare un passo avanti e giocare meglio.

Nella scorsa offseason hai chiesto di essere scambiato, ma alla fine sei rimasto ai Nets. Cosa ti ha spinto a rimanere?

Mi piace la gente che c’è qui. L’anno scorso abbiamo avuto una stagione difficile, piena di alti e bassi. Ho pensato che se avessi chiesto uno scambio o se avessi detto come mi sentivo nei confronti dell’organizzazione, saremmo stati in grado di avere delle conversazioni più oneste da entrambe le parti. Credo che questo fosse ciò di cui avevamo bisogno e infatti siamo riusciti ad andare avanti. Ora, si trattava di lavorare e vedere dove questo lavoro ci porterà.

Ben Simmons è tornato a giocare dopo una lunga e impegnativa pausa, e sta acquisendo fiducia nelle ultime partite. Come si fa a farlo tornare l’All-Star che ricordiamo?

Continuando a incoraggiarlo. Dobbiamo incoraggiarlo e stargli vicino il più possibile, poi tutto dipende da Ben e credo che lui lo voglia. Si tratta di essere pazienti, sapendo però che c’è un senso di urgenza.

Qual è il tuo passatempo preferito fuori dal campo? Quando non sei in campo, cosa fai?

Guardo basket, vado in giro con i miei amici, ma non ho bisogno di qualcosa che mi distolga dal basket. Mi piace fare quello che faccio. Amo altre cose perché ho saputo amare prima il gioco: musica, film, tutto questo, ho costruito un amore in generale solo perché gioco a basket. Quindi, tutto ciò che faccio, in un certo senso, si nutre del gioco. Le persone con cui mi frequento amano il gioco tanto quanto me. E solo perché la stagione non sta andando bene come vorremmo, non significa che ho bisogno di altre cose per distrarmi.

Ma hai anche altre cose che ti piacciono oltre al basket, giusto?

Non durante la stagione. Non esco e, se lo faccio, esco con i miei compagni di squadra. Tutto quello che faccio insomma è giocare a basket, fine.

Hai vinto praticamente tutto in carriera. Cos’altro puoi raggiungere?

Continuare a lavorare, perché voglio fare sempre di più e voglio vincere ancora, ottenere il massimo dal mio corpo e dalle mie capacità. E tutto ciò che verrà dopo, verrà.

Sei nel più grande mercato mediatico del mondo: senti di averlo sfruttato al meglio? Immagino che questo sia stato uno dei motivi per cui sei andato proprio a New York.

No. Ci sono molte cose che avrei potuto fare a New York e che non ho voluto fare perché volevo prima che ci affermassimo come squadra. New York mi piace per l’energia, la gente ama il basket alla follia. Se fai un bel movimento qui, al Barclays Center, lo sentirai a prescindere da chi l’ha fatto, che sia la squadra avversaria o quella di casa. Lo sento ogni volta che ci vado e penso sia per questo che alla fine sono venuto proprio qui. Certo, poi è un bellissimo posto in cui vivere, oltre ad essere una splendida vetrina sul mondo, ma è l’energia che c’è intorno al basket a New York che voglio sottolineare, e in particolare nell’area di Brooklyn, che ha fatto il tifo per me come giocatore sin dal primo giorno. Si sono sempre stretti intorno alla nostra squadra, a prescindere dalla situazione. E questa è stata una parte importante della mia scelta di rimanere.