FOTO: Andscape.com

Questo contenuto è tratto da un articolo di Marc J. Spears per Andscape, tradotto in italiano da Andrea Borgonovo per Around the Game.


Sabato sera Carmelo Anthony è stato premiato insieme ai suoi ex compagni di squadra al college in occasione della celebrazione del 20esimo anniversario del titolo NCAA 2003. Indipendentemente dal suo ritorno in NBA nei prossimi mesi, questo 10 volte All-Star ha molto da festeggiare dentro e fuori dal campo.


Prima che Anthony diventasse il futuro Hall of Famer che è oggi, la sua carriera NBA era a rischio a causa di diversi incidenti discutibili e anche pericolosi fuori dal campo. Alla fine, però, Melo ha smesso di fare sciocchezze, si è concentrato sulla pallacanestro e si è circondato di un team di familiari, persone care, compagni di squadra e onesti consiglieri per sviluppare un progetto che gli ha permesso di diventare una superstar.

Forse Ja Morant, stella dei Memphis Grizzlies, dovrebbe seguire il suo esempio. E quindi, chi meglio di Carmelo Anthony potrebbe fargli da mentore, come compagno di squadra, se i Grizzlies vogliono aiutare la loro stella a fare il prossimo step?

In campo, Morant è uno dei più giovani, talentuosi e popolari atleti dell’intera NBA. Ja è un due volte NBA All-Star ed è anche uno dei principali scorer della lega. I bambini piangono di gioia, letteralmente, quando regala loro le sue Nike autografate dopo una partita. Il 23enne, peraltro, ha da poco rilasciato una sneaker firmata Nike che sarà disponibile al pubblico da aprile; e di recente è diventato il nuovo volto di Powerade, in una partnership di cinque anni. E a tutto questo si aggiunge l’enorme seguito sui social. Insomma, Morant è una delle stelle più luminose dell’NBA.

Il nativo di Dalzell, South Carolina, è passato dalle limite prospettive ai tempi dell’high school alla firma di un contratto quinquennale lo scorso anno, che potrebbe portare nelle sue tasche oltre 230 milioni di dollari. Tutte queste ottime notizie per Morant, però, hanno subito una brusca battuta d’arresto a causa del dramma fuori dal campo degli ultimi giorni (e non solo), che rischia di interrompere la sua ascesa.

Recentemente The Athletic ha riportato che una persona a bordo del SUV di Morant ha puntato il laser di quella che si ritiene essere una pistola contro il bus della squadra degli Indiana Pacers, dopo una partita piuttosto movimentata a Memphis il 29 gennaio. L’amico di lunga data di Morant, Davonte Pack, è stato bandito dal FedExForum dai Grizzlies in seguito alle indagini dell’NBA. Pack era seduto a bordo campo accanto al padre Tee Morant durante la partita con i Pacers, ed è entrato in campo durante un diverbio tra giocatori nel terzo quarto, prima di essere scortato fuori dall’area di gioco dalla sicurezza dell’arena.

L’1 marzo, invece, il Washington Post ha riportato diverse accuse nei confronti del Rookie of the Year 2020. Morant avrebbe sferrato diversi pugni a un 17enne dopo una disputa a seguito di una partitella a casa sua, il 26 luglio 2022; si sostiene inoltre che Morant abbia mostrato all’adolescente una pistola nella cintura, anche se il rapporto della polizia non offre alcun riferimento in tal senso. Il Washington Post ha anche riportato che la madre di Morant ha avuto una discussione con un dipendente di un negozio in un centro commerciale e ha chiamato il figlio, che si è presentato con “un gruppo di nove altre persone”.

L’agente e l’avvocato di Morant hanno negato con forza quanto riportato dal Washington Post e affermato che il loro cliente ha agito per autodifesa nei confronti dell’adolescente. L’agente di Morant, Jim Tanner, ha dichiarato in un comunicato: “Tutte le accuse che coinvolgono un’arma da fuoco sono state oggetto di indagini approfondite e non hanno potuto essere confermate. Questo include l’indagine della NBA del mese scorso, in cui non è stata trovata alcuna prova. L’incidente del 26 luglio è stato puramente di autodifesa. Anche in questo caso, dopo che le forze dell’ordine hanno indagato a fondo sulla vicenda, hanno deciso di non accusare Ja di alcun reato. Tutti i testimoni confermeranno che Ja ha agito per autodifesa e che non aveva con sé alcuna arma da fuoco. Ja è un ragazzo che pensa alla famiglia e che ama dare il suo contributo alla comunità. È un atleta di grande talento. È inquietante che voci e pettegolezzi infondati siano messi in giro da persone motivate a demolire Ja e a infangare la sua reputazione per il proprio tornaconto economico.”

L’avvocato di Morant, S. Keenan Carter, ha dichiarato in seguito: “Questo non è successo e nessuno sostiene che sia successo, a parte una giornalista irresponsabile. La sua condotta è stata poco professionale e sconsiderata. Il signor Morant difenderà il suo nome e la sua reputazione e ricorrerà immediatamente alle vie legali.”

Il sostegno di Tanner e Carter, però, non è bastato a far scemare le chiacchiere sulla situazione, dato che Morant sabato scorso si è reso protagonista di una faccenda ancora più scomoda… e ancora una volta la protagonista di questa storia è una pistola.

Morant ha avviato una diretta Instagram alle 5 del mattino, diverse ore dopo la sconfitta dei Grizzlies per 113-97 contro i Nuggets. Ja faceva segnali con la mano che potevano essere percepiti come quelli di alcune gang, e impugnava una pistola, in bella vista di fronte alla telecamera, in quello che sembrava essere uno strip club di Denver, con spogliarelliste che ballavano sullo sfondo. Ore dopo, Morant ha chiuso i suoi account Instagram e Twitter, ma il tutto era ormai diventato virale.

I Grizzlies hanno inizialmente annunciato sabato che Morant sarà lontano dalla squadra “per almeno due partite”, e l’allenatore Taylor Jenkins ha dichiarato domenica che non c’è una tempistica definitiva per il suo ritorno. L’NBA ha annunciato che condurrà un’indagine approfondita sul video in questione. Il mondo social, nel frattempo, si è scatenato con una produzione continua di meme. In molti hanno sottolineato il fatto che una stella dell’NBA non possa comportarsi come un “qualunque gangster”, o come ha detto Shaquille O’Neal come “un rapper”.

Morant nelle ore successive l’accaduto si è scusato, assumendosi la responsabilità delle sue azioni: “Mi dispiace per la mia famiglia, i compagni di squadra, gli allenatori, i tifosi, i partner, la città di Memphis e l’intera organizzazione dei Grizzlies per avervi deluso. Mi prenderò un periodo di pausa e riposo per cercare aiuto e lavorare al fine di imparare metodi migliori per gestire lo stress e la mia salute.

Successivamente, anche Nike ha rilasciato una dichiarazione a sostegno di Morant: “Apprezziamo la responsabilità di Ja e il fatto che si stia prendendo del tempo per ottenere l’aiuto di cui ha bisogno. Appoggiamo la priorità data al suo stato di salute”.

E quindi, che succederà a Morant?

Non si sa quando tornerà a giocare per i Grizzlies, o se la franchigia o l’NBA infliggeranno altre sanzioni. A un certo punto, però, Ja dovrà affrontare la situazione davanti ai media, rispondendo a domande che probabilmente lo metteranno in imbarazzo. Ed è qui che potrebbe essere d’aiuto e di conforto per Morant avere un punto di riferimento che abbia già affrontato avversità simili e che è riuscito a ribaltare tutto ciò a suo favore: un identikit che sembra rispondere al nome di Carmelo Anthony, di cui probabilmente ricorderete le difficoltà e le controversie fuori dal campo all’inizio della sua carriera NBA.

Melo, in arrivo da Syracuse, è stato la terza scelta di Denver nel Draft 2003. I Nuggets quell’anno avevano preso in seria considerazione l’idea di aggiungere un veterano come LaPhonso Ellis al roster, proprio per fare da guida all’allora giovanissimo Anthony, ma la cosa poi non andò in porto. In seguito, però, Carmelo ha detto che avere un modello del genere da seguire gli sarebbe piaciuto e probabilmente lo avrebbe aiutato a gestire le questioni extra-campo.

Nei primi anni, mentre LeBron e il resto della classe 2003 (a partire da Wade e Bosh) diventavano All-Star, Anthony era vittima di un’evidente instabilità e un’eccessiva esposizione fuori dal campo. Il dramma diventò davvero tale quando Carmelo si rifiutò di entrare in campo durante una partita di Team USA, nel corso delle Olimpiadi di Atene 2004, dopo che i suoi compagni di squadra si erano lamentati della sua selezione di tiro. Anthony fu definito “un giocatore egoista” da coach Larry Brown, che non lo fece giocare molto, anzi, in quella che è passata alla storia come una delle maggiori delusi della Nazionale statunitense.

Proseguendo nel diario degli errori di Carmelo, passiamo a settembre 2004: lo scontro, diciamo così, con l’ex dell’allora fidanzata La La Vazquez. La rissa, partita a seguito di uno sputo, sembrerebbe essere stata ripresa da alcune telecamere, anche se quel filmato non è mai realmente uscito; ai tempi, si diceva che alcuni personaggi poco raccomandabili avessero provato a venderlo a Melo in cambio di 3 milioni di dollari.

Il 2004, in generale, è stato un periodo tormentato. A ottobre di quell’anno Anthony è stato denunciato per possesso di marijuana (in piccole quantità) in uno zaino, mentre saliva sull’aereo di squadra dei Nuggets; Melo ha dichiarato che la marijuana apparteneva a un amico e i procuratori di Denver hanno fatto cadere le accuse. Solo un mese più tardi, però, il giocatore è apparso in un video intitolato Stop Snitchin’ diffuso nella sua città natale, Baltimora, che metteva in guardia dalle ritorsioni per gli informatori della polizia.

“In quel momento ho dovuto iniziare a prendere sul serio la pallacanestro perché sono iniziate a succedere delle cose”, ha detto Anthony l’anno scorso in un episodio del podcast Million Dollaz Worth of Game. “Ho avuto un’accusa per l’erba, c’è stato quel video. Ho avuto la discussione con Larry Brown. Quello è stato il momento in cui sono diventato protagonista in negativo. LeBron era diventato l’eroe, io il cattivo.”

Il 16 dicembre 2006, Anthony finì sulle prime pagine dei giornali dopo aver colpito con un pugno l’allora guardia dei New York Knicks, Mardy Collins, durante una rissa tra le due squadre al termine di una partita al Madison Square Garden. L’allora commissioner David Stern lo sospese per 15 partite, il massimo per chiunque fosse coinvolto nella rissa.

Pochi giorni dopo, nel suo ufficio di Manhattan, David Stern diede ad Anthony una lezione forte, che contribuì a invertire quella che sembrava una caduta libera:

“Tutti hanno preso 6 o 7 partite, io 15. Gli ho parlato e gli ho detto: ‘Perché mi hai fatto questo? Mi rispose: ‘La tua fedina penale. Vuoi stare per strada, o vuoi stare in NBA? Ora hai a che fare con una società. Devi lasciar perdere certe cose. So con chi stai, so dove vivi, so quando chiudi gli occhi, so quando ti svegli. E so cosa stanno facendo i tuoi amici. O gli dici di smettere con certi giri, o devi tagliare i rapporti. E ultima cosa: è importante che tu segua un esempio.’

Da quel momento, Melo ha iniziato a chiedere aiuto e ad affidarsi a diverse persone capaci di dare una svolta positiva alla sua vita e carriera. In primis la madre, Mary Anthony, e l’allora moglie, La La Anthony, che si impegnarono e tentarono di proteggere maggiormente la sua vita quotidiana. Gli amici di cui parlava Stern si allontanarono da casa sua, e gli allora compagni di squadra Marcus Camby, Kenyon Martin, Bryon Russell e Dwayne Molyneaux lo monitoravano costantemente. L’amico di lunga data di Baltimora, Robert “Bay” Frazier, frequentava e assisteva Anthony quotidianamente, come fa tuttora con la stessa cura e discrezione. L’assistente personale di Camby, Marni Colbert, iniziò invece a occuparsi delle questioni di tutti i giorni, dal pagamento delle bollette ai voli, e così via. Anthony assunse anche una persona, Asani Swann, per supervisionare la sua strategia di risparmio, investimenti e sviluppo commerciale.

Il 14 aprile 2008, però, Anthony venne arrestato, questa volta con l’accusa di guida in stato di ebbrezza, dopo aver guidato in modo spericolato ed essere stato fermato sulla Interstate 25 a Denver. Ammise subito l’errore e si scusò, e quello è ricordato da chi lo conosce come il momento in cui cominciò davvero a concentrarsi solo sulla pallacanestro e sui suoi interessi personali.

Attualmente Anthony è free agent e indipendentemente dal suo ritorno, una volta lasciato definitivamente il basket giocato sarà introdotto nella Hall of Fame. Per raggiungere un tale status, i suoi progressi fuori dal campo sono evidenti. Ospite fisso di diversi podcast americani, Melo si dimostra un personaggio di enorme fascino ed interesse. Nel tempo, ha costituito un fondo di private equity (Isos7 Growth Equity), ha prodotto un vino con Swann (VIIN The Seventh Estate), ha messo in commercio una nuova scarpa Nike in collaborazione con Tiffany, ha creato un torneo di pallacanestro per studenti delle scuole superiori e ha un proprio marchio di abbigliamento (STAYME7OTM). Infine, è anche un padre il cui figlio, Kiyan, è una stella del basket liceale con una borsa di studio offerta proprio da Syracuse.

Anthony ha però rischiato di perdere tutto, prima di scegliere di circondarsi del team giusto. Una selta che gli ha consentito di far proseguire il suo successo dentro e anche al di fuori del parquet. E come Anthony nei suoi primi anni a Denver, anche Ja Morant non sembra trovare all’interno del roster dei Grizzlies un veterano con un curriculum da All-Star che possa non solo capire la situazione in cui si trova, ma anche offrirgli il supporto necessario per gestire meglio la propria vita fuori dal campo.

Se Morant seguirà l’esempio di Carmelo, allora i problemi attuali, prima o dopo, potranno diventare un brutto e lontano ricordo, potendo così concentrarsi solo e soltanto sulle sue prestazioni in campo, e riuscire allo stesso tempo a gestire tutto il business e gli interessi nella vita privata.

Fantasticando ancor di più, è suggestiva l’ipotesi di vedere Carmelo Anthony ai Grizzlies, come nuovo compagno di squadra e mentore di Ja Morant. Perché no?