FOTO: NBA.com

Questo contenuto è tratto da un articolo di Manas Sharma per The Lead SM, tradotto in italiano da Marco Marchese per Around the Game.


Il cammino pre-Olimpico che ha anticipato e condotto a Parigi 2024 è stato null’altro che incredibile. Con la gestione dei finali di gara di LeBron James, le triple dal logo di Stephen Curry e le stoppate di Anthony Davis è stato facile tralasciare tutti gli splendidi e memorabili momenti epici del basket statunitense nel corso degli anni. Ogni roster di Team USA, a partire dal Dream Team di Barcelona 1992, ha contribuito ad alimentare la crescita del basket.


Disponibilità a partecipare alle Olimpiadi

Nell’estate del 1992 i migliori giocatori di basket si sono ritrovati a Barcellona, non solo per disputare le partite previste, ma per ridefinire l’essenza dello sport stesso. Michael Jordan, Larry Bird, Magic Johnson, Scottie Pippen, Charles Barkley, Karl Malone e anche John Stockton, che in quella squadra partiva dalla panchina. Chiunque conosce la composizione di questo roster, poiché esso è stato la definizione dell’inevitabilità del basket, avendo surclassato la competizione a Barcellona con un perfetto 8-0 ed avendo introdotto ufficialmente il gioco del basket al mondo intero. Ma la storia di questo team ha avuto inizio alle Olimpiadi di Seul 1988, l’ultimo anno in cui i giocatori professionisti non potevano essere selezionati per far parte del torneo. Anche prima che le stelle NBA avessero modo di partecipare, Team USA era la miglior selezione a livello internazionale, con un record di 84-1. L’unica sconfitta prima del 1988 risale alla controversa finale olimpica del 1972 contro l’Unione Sovietica. Inoltre, Team USA ha subito la sua seconda sconfitta contro l’URSS col punteggio di 82-76, nelle semifinali di Seul, con un roster che prevedeva tantissimi buoni giocatori del college, ma nessun vero e proprio campione. Per la FIBA si è trattata dell’ultima edizione con il vecchio regolamento, poiché l’8 aprile 1989 è stata indetta una votazione per cambiarlo, dando modo anche ai giocatori della NBA di essere convocati in nazionale per i Giochi Olimpici. Boris Stankovic, capo della FIBA in quel periodo, affermò: “Vediamo questa scelta come il nostro trionfale ingresso nel 21° secolo.”.

Mettere insieme le leggende

E mentre Stankovic credeva che il 21° secolo avesse già avuto inizio, molti giocatori NBA non recepirono la notizia. Solo il 63% dei giocatori NBA ha accolto favorevolmente il nuovo regolamento, e solo il 58% aveva dichiarato di voler partecipare alle Olimpiadi del 1992. Anche gli Stati Uniti si opposero al cambio di regolamento, votando contro al Congresso Mondiale FIBA nel 1989. Infatti, Bird, Jordan e Johnson per poco non rimasero a casa. Magic stava avendo a che fare con i problemi di salute che lo hanno portato a ritirarsi nel 1991 – spingendo, perciò, molta gente a presagire la sua eventuale mancata risposta per le Olimpiadi. Bird, giunto alla soglia dei 35 anni e reduce da un infortunio, riteneva che le Olimpiadi fossero un torneo adatto ai giocatori più giovani. Anche Jordan, inizialmente, non si era dichiarato favorevole a partecipare ai Giochi Olimpici. Scottie Pippen, suo compagno ai Chicago Bulls, nel 1991 gli aveva chiesto se avesse voluto partecipare a Barcellona 1992, e la risposta di MJ fu semplicemente: “Perché dovrei?”. Jordan non si era goduto particolarmente la sua esperienza alle Olimpiadi del 1984 con Bobby Knight in panchina, e spesso si era detto non d’accordo con la convocazione da parte di Rod Thorn, membro del comitato olimpico. Tuttavia, il roster doveva ancora essere composto e con questo compito fu istituito il primo Comitato cestistico statunitense. Il Comitato era guidato da CM Newton, Assistente durante le Olimpiadi del 1984 e Athletic Director alla University of Kentucky. A CM Newton si sono affiancati NBA Executive del calibro di Rod Thorn, Jack McCloskey e Charles Grantham, oltre a coach collegiali come Mike Kryzewski e PJ Carlesimo, entrambi Assistenti a Barcellona. Per la prima volta non ci sarebbero stati dei provini, poiché c’erano molte più informazioni e notizie riguardo i giocatori NBA che sugli altri atleti amatoriali, anche per via delle interessanti scelte avvenute in passato (ad esempio, quella compiuta da Bobby Knight lasciando a casa Charles Barkley nel 1984). I pezzi del domino hanno iniziato a cadere una volta che Magic Johnson ha accettato di partecipare alle Olimpiadi, seguito immediatamente da Jordan e Bird. I primi 10 selezionati furono annunciati in un Selection Show  il 21 settembre 1991, ed includevano:

  • Magic Johnson, 5 volte Campione NBA e 3 volte MVP
  • Larry Bird, 3 volte Campione NBA e 3 volte MVP
  • Michael Jordan, 6 volte Campione NBA, 5 volte MVP, Defensive Player of the Year 1988
  • Chris Mullen, 5 volte All-Star NBA ed uno dei migliori tiratori del periodo
  • Scottie Pippen, 6 volte Campione NBA e 7 volte All-Star
  • Charles Barkley, 11 volte All-Star ed MVP del 1993
  • Karl Malone, 14 volte All-Star e 2 volte MVP
  • John Stockton, 10 volte All-Star e leader all-time per quanto riguarda gli assist in NBA
  • David Robinson, 2 volte Campione NBA ed MVP del 1995

Inoltre, 2 mesi dopo sono stati comunicati gli ultimi 2 membri del roster:

  • Clyde Drexler, 10 volte All-Star e Campione NBA
  • Christian Laettner, unico atleta collegiale selezionato, 2 volte Campione NCAA e National Player of the Year con la canotta di Duke

Questa lista è autocelebrativa, poiché tutti i suoi membri a parte Laettner sono entrati a far parte della Basketball Hall of Fame, e Jordan, Bird e Magic sono considerati tra i migliori di ogni epoca ad aver mai giocato a basket. Infine, Magic e Bird sono ricordati come i co-capitani della squadra, mentre Jordan, a cui era stato offerto lo stesso ruolo, ha deciso di rifiutare. 

L’esclusione di Isiah Thomas

La più famosa e controversa esclusione dal Dream Team è stata la guardia – e Hall of Famer – Isiah Thomas, che solo 2 anni prima aveva vinto in back-to-back le NBA Finals con i Detroit Pistons. Da allora si sono diffuse voci circa una pesante influenza di Jordan su quella decisione, cosa comunque negata dallo stesso MJ a Marv Albert su NBC nel 1991. Jordan e Thomas erano agguerriti rivali, ma per aggiungere altro sale alla storia, Thomas era uscito dal campo con 7.9 secondi rimasti in Gara 4 della sfida tra Bulls e Pistons alle Eastern Conference Finals l’anno precedente. Jack McCallum, reporter di Sports Illustrated a quell’epoca, dichiarò di aver sentito Jordan mentre comunicava a Thorn il suo eventuale rifiuto alla convocazione in caso ci fosse stato anche Thomas. Anche questa notizia è stata confutata dagli stessi Jordan e Thorn. Va comunque sottolineato che Jordan non fosse l’unica star a non volere Thomas in squadra. Nel libro When the Game was Ours, pubblicato e scritto nel 2009 da Bird e Magic, Johnson scrisse che “Isiah Thomas non aveva possibilità per quanto riguarda le Olimpiadi. Nessuno, in quella squadra, voleva giocare al suo fianco.”.

L’ultimo pezzo

Un roster leggendario ha bisogno di un coach leggendario, e Chuck Daly era la scelta più ovvia. Era il più esperto coach in NBA in quel periodo, e aveva guidato i cosiddetti Bad Boys dei Pistons ai loro Titoli del 1989 e 1990. Era noto per saper gestire gli ego smisurati, ma anche strabiliato all’idea di guidare il team olimpico del 1992, arrivando ad affermare, nel 2019, che quella squadra fosse “Come se Elvis ed i Beatles suonassero insieme.”. Tuttavia ha dimostrato di saper gestire la squadra sin dal primo momento, nel primo scontro con i migliori giocatori collegiali statunitensi, come Grant Hill, Chris Webber e Penny Hardaway. Daly ha limitato il minutaggio di Jordan e fatto sostituzioni con il compito di mandare fuori gara la squadra. Persero il confronto 62-54 contro i collegiali, ma dopo quella sconfitta non persero più. 

Surclassare il torneo

Il Dream Team ha iniziato la sua messa in mostra nel Tournament of the Americas, sconfiggendo Cuba col punteggio di 136-57. Proseguirono vincendo le prime 6 partite con un margine medio di 51.5 punti di vantaggio sugli avversari, terminando con la vittoria su Team Venezuela con 47 punti di vantaggio. Giunti a Barcellona, il Dream Team è stato inserito nel Gruppo A con Germania, Croazia e Angola. L’Angola ha subito la vendetta di Team USA nella gara inaugurale, perdendo con uno scarto di 68 punti – con Team USA giunto ad una scoring run di 46-1 nel corso della sfida. Oltre a ciò, la squadra dell’Angola ha dovuto avere a che fare con Charles Barkley, che dapprima colpì con una gomitata al petto un avversario affermando di essere stato colpito per primo, e che poi terminò la sfida con 24 punti sul box score. Ha poi terminato la sua prestazione con la frase: “Non conosco nulla dell’Angola, a parte i suoi problemi.”.

Barkley sarebbe poi stato il miglior realizzatore di Team USA, settando il record dell’epoca di 30 punti nella sfida contro il Brasile. Il Dream Team avrebbe dominato la competizione, vincendo con uno scarto medio di 43.8 punti. Infatti, coach Daly non ha mai dovuto ricorrere al timeout. Si può solo immaginare la meraviglia e il timore che gli statunitensi riuscirono ad instillare nei propri avversari. La squadra ha proseguito il percorso sconfiggendo la Croazia con un margine di 33 punti, poi la Germania di 43, il Brasile di 44 e la Spagna di 41 punti durante la fase a gironi. A quel punto, le fasi finali del torneo erano solo una formalità. Porto Rico ha messo a segno 77 punti a fronte dei 115 statunitensi. Anche se l’esito della gara non è mai stato in discussione, Porto Rico è stata una delle due squadre capaci di mantenere il margine inferiore ai 40 punti al termine della partita. La Lituania è stata distrutta allo stage successivo, con i suoi 76 punti contro i 127 di Team USA (sfida terminata con +51 sugli avversari). La partita per la Medaglia d’Oro contro la Croazia viene ricordata come la gara della vendetta di Jordan e Pippen. L’estate precedente l’arrivo di Toni Kukoc ai Bulls aveva alimentato le voci di un possibile addio di Pippen per mano del General Manager Jerry Krause. Sia Jordan che Pippen colsero al volo l’occasione per umiliare Kukoc, con Team USA vincente di 33 punti. Jordan ha poi dichiarato di non volere assolutamente “Che questo ragazzo facesse proprio nulla contro di noi.”.

Impatto e legacy

Prima del 1992 c’era poco interesse verso il basket Olimpico o internazionale. L’Assistant Coach del Dream Team, Kryzewski, ha dichiarato che “Il basket stava per esplodere e il Dream Team ha acceso la miccia.”. Il numero di giocatori internazionali presenti in NBA si è impennato dopo Barcelona, mentre l’attenzione globale sul basket ha raggiunto picchi mai visti. Giocatori internazionali del calibro di Dirk Nowitzki, Pau Gasol, Nikola Jokic e Giannis Antetokounmpo sono diventati Campioni NBA e MVP, essendo ispirati dalle prestazioni del Dream Team contro le loro nazionali. Un altro dato importante è il cambio del Gioco in NBA, passato da un brutto e infangato pantano nel pitturato a uno stile più fluido, volto ad allargare gli spazi di gioco e a sfruttare i tiri dal perimetro – tutto ciò, grazie all’influenza del Dream Team. Sia la NBA che il basket in generale hanno iniziato a vedere la fama internazionale come il livello successivo. NBA China, NBA Africa e anche NBA India hanno fatto capolino sulla scena dopo le Olimpiadi del 1992, poiché Barcellona ha messo in mostra quanto le star NBA stessero divenendo importanti per lo sport internazionale. Le star del basket sono passate dall’essere American Heroes a Fenomeni Internazionali nel 1992, e ciò perdura ancora fino ai giorni nostri. Ad esempio, è facile che un pilota pluricampione NASCAR sia noto solo ai veri appassionati di automobilismo, mentre il nome di LeBron James o Michael Jordan è noto a tutti, e gran parte del merito va proprio al Dream Team del 1992. Il Gioco è cambiato in modo significativo dalla creazione del Dream Team, e la sua legacy è rimasta intatta sin da allora. I tifosi paragonano il roster di Parigi 2024 a quello di Barcellona 1992. L’impatto a lungo termine di quella squadra non è ancora passato. Il leggendario broadcaster Marv Albert ha riassunto al meglio tutto ciò:

“Non penso che ci sia mai stata una squadra, in qualunque altro sport, con un tale livello di atleti e di stile di gioco nello stesso spogliatoio.”

Marv Albert