Consentiteci di dire la nostra su una gestione del finale tutt’altro che perfetta da parte dei Lakers

FOTO: Yahoo! Sports

Nella gara di ieri notte fra Los Angeles Lakers e Philadelphia 76ers, la vittoria finale è stata decisa da un botta e risposta fra Joel Embiid e Russell Westbrook, con un errore al tiro da parte di entrambi e la conclusione erronea di quest’ultimo – per motivi di cronometro – rivelatasi letale per le sorti della propria squadra.

Il botta e risposta fra Embiid e Westbrook si è poi prolungato nel post-partita, con il giocatore dei Lakers che si è lamentato di un fischio mancato;

“Stavo cercando di andare su con la mano, ma non ci sono riuscito perché Embiid la stava trattenendo. Ma va bene così”


E la superstar dei Sixers che ha risposto in maniera sportiva, probabilmente anche allietato dalla vittoria finale:

“Non credo di aver fatto fallo. Due giocate fisiche da ambo i lati, anche di là avrebbero potuto chiamare un fallo a nostro favore. Va così, da ambo i lati.”

“Stavano andando forte in transizione, lui era davanti a me e ho allontanato tutti. Penso di essere un ottimo difensore e di poter fermare tutti ogni volta. Westbrook è stato sfortunato perché ha perso il palleggio e da lì non è riuscito a creare nulla. Direi che è stato solo sfortunato.”

Sul finale si è poi espresso anche coach Darvin Ham, che ha dichiarato un qualcosa che, secondo chi scrive, risulta un po’ controverso, ma assolutamente comprensibile (il video QUI):

“Sotto di 1, uno dei nostri migliori playmaker al ferro, uno dei nostri migliori finisher al ferro, ha la palla con Embiid di fronte a lui. Mi tengo quello scenario ogni giorno della settimana e una in più la domenica.”

Come detto, è assolutamente comprensibile che un allenatore prenda le parti del proprio giocatore, specialmente se questo è Russell Westbrook ed è stato fin troppo discusso nel recente passato (oltre che nel presente e, quasi per certo, nel futuro). Ma consentiteci quantomeno una riflessione, senza voler assolutamente attaccare Westbrook o coach Ham (non ne avremmo l’autorità, né la controparte avrebbe modo di rispondere), ma mettendone solo in discussione le scelte:

  • l’assunto sulla transizione di Embiid è stato assolutamente e in tutto e per tutto corretto. Westbrook probabilmente crea le cose migliori in transizione, e un isolamento in uno-contro-uno, contro un lungo (per quanto versatile) come il camerunense, non può che essere appetibile. Me Embiid ha anche ragione quando dice che Russ, dopo aver perso il palleggio, non ha creato nulla. Se dal giocatore, storicamente impulsivo (sua croce e delizia), non ci si aspetta molto di più, quantomeno sembra lecito fare la seguente domanda a coach Darvin Ham:
  • perché non chiamare il timeout? Come detto, è comprensibile voler attaccare nei primi secondi e in transizione, con un Westbrook che aveva anche difeso bene ed era sicuramente galvanizzato, ma sono 15 secondi a partire dal tocco sul rimbalzo, -1 e possesso. E, se proprio si voleva cavalcare la corsa di Russ, perché non fermare il gioco e disegnare qualcosa con quelli che erano circa 8 secondi rimasti?
  • per quanto Westbrook avesse chiuso con un positivo 4 su 6 al ferro nella gara di ieri, dire che sia uno dei migliori finisher della squadra suona un po’ strano. In termini di volume, viaggia solo sotto a LeBron James, ma chiude con un non entusiasmante 58% nelle conclusioni più ravvicinate, al 32esimo percentile fra i pari ruolo (per Cleaning the Glass).
  • infine, Westbrook in stagione produce 1.065 punti-per-possesso nei layup contro la difesa piazzata, non il massimo se si considera un’efficienza estremamente negativa, con 0.05 punti-per-tiro (ne segna 0.98) in meno rispetto a quanto ci si aspetterebbe in base alla qualità delle conclsuioni, secondo i dati Synergy. La scelta di attaccare con Georges Niang piazzato nel pitturato fin dall’inizio, essendo presente in campo Wenyen Gabriel, andato ad occupare il dunker spot, non è la più lucida da prendere. Specialmente con Troy Brown Jr. in angolo, autore pochi secondi prima di una tripla pesantissima e nel pieno del momentum – tra l’altro, con il replay ravvicinato, la scelta di Westbrook potrebbe essere effettivamente quella di cercare l’angolo, più che il tiro. Ma non lo sapremo mai.

Indipendentemente da quali fossero le intenzioni, l’obiettivo primario era attaccare rapidamente in transizione per un canestro rapido: che Westbrook, poi, una volta perso ritmo, volesse attaccare o scaricare, poco importa, dal momento che a difesa schierata tentare la penetrazione contro due corpi solidi, nemmeno dal centro, ma da un lato, rende impossibile qualsiasi esecuzione – specialmente un eventuale passaggio nell’angolo opposto.

Chiamare un timeout – tra l’altro, i Lakers avrebbero dovuto averne due – sarebbe stata la scelta più logica dopo quella prima penetrazione interrotta, e giustificarla con un semplicistico “è un buon tiro se lo prende X” (tra l’altro con i dati prima messi in evidenza) risulta opinabile. Se non presupponesse, come detto, la volontà da parte di coach Darvin Ham di far comprendere allo stesso Westbrook che c’è, da parte dell’allenatore, piena fiducia.

Nel frattempo, però, Los Angeles perde ancora e piomba al 13esimo posto nella Western Conference, con un LeBron James apparso “frustrato”, per usare un eufemismo, nel post-partita.