FOTO: Golden State of Mind

Questo contenuto è tratto da un articolo di Nick Mac per Fadeaway World, tradotto in italiano da Davide Zaino Pasqualone per Around the Game.


La Free Agency è sempre particolare per la NBA. Si tratta di un periodo difficile, ricco di tensione e disapprovazione, ma soprattutto di suspence. I fan stringono i denti e gli occhi per capire come la propria franchigia sarà in grado di approfittare di questa fase del mercato per rinforzarsi. Tuttavia, anche se si tratta soltanto di una fase, in qualche settimana può accadere di tutto. Può anche essere un momento di completo shock e soggezione, mentre i giocatori prendono decisioni che scuotono la Lega nel profondo.


Si parla di piombare dal nulla e stravolgere la vista di un tifoso con una sola notizia. Queste scelte coinvolgono anche i migliori della NBA, che – se era previsto andassero in una direzione – poi tornano indietro e stravolgono tutto. Parliamo di euforia per una franchigia, così come di miseria per l’altra. Queste sono le quindici decisioni più assurde fatte in Free Agency nella storia della NBA.

15) Chauncey Billups

  • Dai Minnesota Timberwolves ai Detroit Pistons

Chauncey Billups, nella primissima fase della sua carriera, ha cambiato quattro squadre in cinque stagioni, affermandosi come un grande tiratore e abile in difesa già dal suo tenore con Minnesota. In quei due anni, Billups collezionò una media di 11 punti per partita e, sebbene riuscì ad arrivare ai 22 ad allacciata di scarpe durante i Playoffs 2002, non bastarono a convincere il dirigente esecutivo Kevin McHale, il quale troncò con Billups quella stessa estate. Billups trova un accordo con l’unica franchigia disposta a prenderlo: Detroit Pistons.

La storia la conosciamo: Billups arriverà a vincere contro i Lakers un titolo che mancava ai Pistons dal 1990. E giusto per girare ancora di più il dito nella ferita dei Wolves, Billups verrà eletto MVP del 2004 e guadagnerà numerosi titoli individuali, come quattro All-Star selections e due All-Defensive Team selections.

14) Jamaal Wilkes

  • Dai Golden State Warriors ai Los Angeles Lakers

Nel 1974 , i Golden State Warriors riuscirono a scegliere Jamaal Wilkes come undicesima scelta al Draft. Lui sarebbe poi stato eletto rookie dell’anno raggiungendo la media di quattordici punti e otto rimbalzi in oltre ottanta presenze. In sostanza, parliamo di un grande giocatore all’epoca. Sempre Wilkes aiuterà i Warriors a vincere un titolo, grazie a una media ancora più alta sia in punti che a rimbalzo. Una volta diventato free agent nella stagione del 1977, molti credevano avrebbe rinnovato con Golden State per un’altra stagione, ma Wilkes aveva altri piani.

Quest’ultimo segnerà come free agent con i Los Angeles Lakers, dove resterà per ben otto stagioni. Wilkes verrà eletto come All-Star per due volte, ma ancora più importanti sono i titoli vinti con i giallo-viola. Wilkes arriverà a vincere tre volte l’anello: nel 1980, nel 1982 e nel 1985. Il tutto mantenendo una media in carriera di 18.4 punti a partita e 5.4 rimbalzi.

13) Gus Williams

  • Dai Golden State Warriors ai Seattle SuperSonics

Williams calpesta per la prima volta il parquet con i Warriors nel 1975, quando viene scelto al Draft Nba. Tuttavia, due anni dopo, nel 1977, diventa un free agent e poco più di un ricordo di tutti i tifosi di Golden State. In quel momento, Gus accetta di restare a ovest, ma spostandosi leggermente più a nord, a Seattle. Arriverà ai SuperSonics con una media di 10.5 punti a partita.

Arrivato a Seattle, Williams diventerà una star della NBA. Porta avanti la squadra fino alle Finals del 1978, ma cadendo in Gara 7 contro i Bullets. Poi, nel 1979, lui e il suo compagno di squadra Dennis Johnson riusciranno ad avere il loro primo e unico titolo NBA. Williams rimarrà a Seattle per altre sei stagioni, mantenendo una media di venti punti a partita – e raddoppiando così il precedente con Golden State.

12) Rashard Lewis

  • Dai Seattle SuperSonics agli Orlando Magic

Rashard Lewis gioca con Seattle per ben nove stagioni, dal 1999 al 2007. In quel periodo, Lewis diventerà un grande tiratore e realizzatore della lega, con una media da venti punti a partita e una selezione come All-Star nel 2005. Non solo, Lewis e Ray Allen saranno i protagonisti nel portare Seattle per tre volte ai Playoffs, ma senza successo. E nel 2007, quando Lewis diventa un free agent, gli venne presentata un’offerta che non avrebbe mai potuto rifiutare.

Orlando arrivò a offrire per lui sei anni per 118 milioni di dollari, che Lewis accettò subito. Lo shock di questa trattativa non fu tanto il tradimento nei confronti di Seattle, ma l’eccessiva spesa in denaro per una seconda scelta. Una seconda scelta che sarebbe rimasta tale anche a Orlando.

In quattro stagioni con i Magic, Lewis ha realizzato 16.3 punti a partita e guadagnato un’elezione come All-Star nel 2009, lo stesso anno in cui Orlando si avvicina alle Finals. Lewis concluderà la carriera come uno dei migliori venticinque tiratori dalla lunga distanza e un titolo NBA vinto con i Miami Heats nel 2013.

11) Carlos Boozer

  • Dai Cleveland Cavaliers ai Utah Jazz

Carlos Boozer è stato a malapena a Cleveland per due anni prima di abbandonarli durante la Free Agency del 2004, dopo essere stato scelto al secondo turno dai Cavaliers nel 2002 ed essere rimasto con loro solo per la stagione 2003-2004. Nella sua seconda stagione, quella da rookie di LeBron James, Boozer tenne una media di 15,5 punti a partita e 11,4 rimbalzi, preparando il terreno per una discreta paga.

Avrebbe ottenuto quel giorno di paga con gli Utah Jazz, che ha poi preferito sorprendentemente su James e i Cavaliers. Nello Utah, Boozer si unì al playmaker Deron Williams per formare uno dei migliori duetti a Ovest all’epoca. Con Utah, Boozer avrebbe reso i Jazz una squadra di Playoffs perenne. Nel mentre fece due apparizioni All-Star e guadagnò una selezione All-NBA Team nel 2008. In sei stagioni con Jazz, tenne una media di 19,3 punti per partita e 10,5 rimbalzi, ma l’anello non è mai arrivato.

10) DeAndre Jordan

  • Dai Los Angeles Clippers… ai Los Angeles Clippers!

La prossima è una delle situazioni più strane mai viste in Free Agency. Con i Clippers dal 2009 al 2015, DeAndre Jordan è diventato uno dei migliori lunghi della NBA, vincendo due titoli come miglior rimbalzista e guadagnandosi una selezione All-Star e All-NBA Team. Quando ha raggiunto la Free Agency nel 2015, il pensiero era che sarebbe rimasto con i Clippers, ma era molto ricercato anche dai Dallas Mavericks.

Dopo aver accettato un accordo da 80 milioni di dollari con i texani, le cose sono diventate strane per tutti. Un conglomerato di giocatori, allenatori e persino il proprietario dei Clippers è volato a Houston per incontrare Jordan. Apparentemente si sono chiusi in casa sua e hanno interrotto tutte le altre comunicazioni fino a quando Jordan non ha accettato di tornare dai Clippers e finire il lavoro che avevano iniziato. Alla fine, il giocatore acconsentì e tornò dai Clippers, lasciando Dallas a mani vuote.

Jordan alla fine firmerà con i Mavs, ma non fino a tre anni dopo, quando era già in declino rispetto alla sua forma da All-NBA. Nel 2023, il lungo ha comunque vinto il suo primo titolo NBA come presenza in spogliatoio per i Denver Nuggets.

9) Chris Bosh

  • dai Toronto Raptors ai Miami Heat

Eletto nello stesso Draft di Dwyane Wade, Carmelo Anthony e LeBron James, Chris Bosh è stata la quarta scelta assoluta dei Toronto Raptors. Per sette stagioni si è evoluto, diventando uno dei migliori attaccanti della NBA. Nel corso di quelle sette stagioni con i Raptors, Bosh ha registrato una media di 20,2 punti per partita e 9,4 rimbalzi. Ha guadagnato cinque apparizioni All-Star e una selezione All-NBA Team nel 2007. Quando è diventato free agent alla fine della stagione 2010, tutti sapevano che Bosh avrebbe probabilmente lasciato Toronto, ma difficilmente troverete qualcuno che abbia previsto cosa sarebbe successo dopo.

Con i suoi compagni Dwyane Wade e LeBron James, free agent allo stesso tempo, completò i famosi Big 3 ai Miami Heat. Il resto è storia.

8) LeBron James

  • Dai Cleveland Cavaliers ai Los Angeles Lakers

Quando LeBron James è diventato di nuovo un free agent nel 2018, il mondo intero avrebbe potuto immaginare che sarebbe andato ai Lakers. È stato detto che era al lavoro per recitare nel nuovo riavvio di Space Jam e, insieme ai suoi sforzi commerciali, Los Angeles sembrava la soluzione perfetta per lui.

Tuttavia, vedere James lasciare i Cavaliers dopo averli portati a quattro finali NBA consecutive, e il loro primo campionato NBA nella storia della franchigia, ha riportato alla mente alcuni brutti ricordi. C’era ancora l’avvertimento che potesse restare per finire la sua carriera a Cleveland e potenzialmente consegnare loro un altro titolo NBA. Non fu così.

Negli ultimi cinque anni, ci sono stati sicuramente molti alti e bassi per James e i Lakers, nonostante il titolo raggiunto nel 2020. Adesso i giallo-viola cercheranno di massimizzare questi ultimi anni della carriera di James, capace di performare ancora a un livello d’élite. Per ora, i Lakers non sono tornati alle Finals dal 2020, ma ci sono andati vicini nel 2023 avanzando alle finali della Western Conference. Vediamo cosa ci dirà il futuro per loro nel 2023/24.

7) Karl Malone

  • Dai Utah Jazz ai Los Angeles Lakers

Per 18 stagioni, dal 1986 al 2003, Karl Malone è stato un punto di riferimento nei Utah Jazz. Ha formato uno dei più grandi duetti di sempre con John Stockton, guadagnando due premi MVP, due viaggi alle Finals NBA e 14 apparizioni All-Star, tra gli altri riconoscimenti. Aveva dato tutto ciò che aveva all’organizzazione Jazz e anche di più, rendendo la sua decisione nel 2003 ancora più strana.

Si pensava che Malone si sarebbe ritirato con Utah, ma con una sola stagione rimasta nel serbatoio in NBA, Malone ha deciso di lasciare l’unica casa che avesse mai conosciuto e collaborare con Kobe Bryant, Shaquille O’Neal e Gary Payton a Los Angeles. Il trio fu fantastico durante la stagione regolare e i Playoffs, avanzando alle finali NBA. Un infortunio a Malone e una soffocante difesa di Detroit hanno impedito ai giallo-viola di conquistare il titolo. Malone si sarebbe ritirato dopo la stagione come secondo scorer nella storia della NBA e un Hall of Famer garantito al primo scrutinio.

6) LeBron James

  • Dai Miami Heat ai Cleveland Cavaliers

Nel 2010, quando LeBron James ha lasciato i Cavaliers, ha lasciato la franchigia nel caos, ma ci arriveremo più tardi. James ha goduto di quattro dei migliori anni della sua carriera a Miami dal 2011 al 2014. Ha poi guidato la squadra a quattro presenze consecutive nelle finali NBA, vincendo due titoli e due MVP delle Finals. Avrebbe anche vinto premi MVP oltre al 2013.

Dopo una sconfitta contro gli Spurs nelle finali del 2014, era giunto il momento per James di pensare ancora una volta al suo futuro. In una lettera accorata che ha scritto tramite The Players’ Tribune, James ha deciso di tornare a Cleveland e finire quello che aveva iniziato con loro nel 2003. LeBron avrebbe continuato a portare i Cavaliers a vincere, e nessun successo sarà più speciale di quello del 2016.

Dopo essere caduto 3-1 contro i Warriors nelle finali del 2016, James e il compagno di squadra Kyrie Irving hanno affrontato un incredibile serie di quattro partite per completare la più grande rimonta nella storia dei Playoffs. Il tempo di James con i Cavaliers sarebbe terminato ancora una volta nel 2019, ma non prima di aver mantenuto la sua promessa di portare un titolo nella sua città natale.

5) Steve Nash

  • Dai Dallas Mavericks ai Phoenix Suns

Durante la fine degli anni ’90 e l’inizio degli anni 2000, non avevamo ancora visto Steve Nash nella sua massima forma da MVP. Dal 1999 al 2004, stava iniziando a mostrare segni di ciò con i Dallas Mavericks, guadagnando due selezioni All-Star con una media di 14,6 PPG e 7,2 APG in quel periodo. Durante questo tenore, Nash è diventato anche il migliore amico della nuova star dei Mavericks, Dirk Nowitzki, aiutandolo ad abituarsi alla città e agli Stati Uniti in generale dopo che il gigante si è trasferito dalla Germania.

Quando è diventato un free agent nel 2004, ha colto tutti di sorpresa, incluso Nowitzki, dopo che il proprietario Mark Cuban ha rifiutato di pareggiare l’offerta che Phoenix aveva fatto a Nash, lasciandolo partire per costruire attorno a Dirk. Nash sarebbe diventato un due volte MVP e leader di uno dei più grandi attacchi NBA di sempre. Dirk, d’altra parte, avrebbe vinto un MVP nel 2007 e un campionato NBA nel 2011 con gli onori di MVP delle finali. L’amicizia tra Nash e Nowitzki non è mai venuta meno durante questo periodo, sebbene le loro carriere siano andate in due direzioni diverse, ma sarebbe stato bello vederli alzare insieme il Larry O’Brien.

4) Shaquille O’Neal

  • Dagli Orlando Magic ai Los Angeles Lakers

Scusate, Magic fans, potreste non voler leggere questo. Tuttavia, durante i primi anni ’90, non si poteva andare da nessuna parte senza che i fan del basket menzionassero i Chicago Bulls o il duo di Shaquille O’Neal e Penny Hardaway con gli Orlando Magic. O’Neal era stato il bene più prezioso di Orlando dopo la chiamata nel 1992. Ha da subito reso i Magic una squadra da non sottovalutare e stava dominando i parquet della NBA.

Shaq e Penny portarono i Magic a un’apparizione nelle Finals NBA nel 1995 e un’altra apparizione alle finali di Conference nel 1996. Tuttavia, dopo la stagione, O’Neal si è approcciato alla proprietà esprimendo il desiderio di un aumento della paga con un’offerta in mano dai Lakers. Con l’incapacità di pareggiarla, Orlando ha visto O’Neal uscire dalla porta e così anche le loro possibilità di successo.

A Los Angeles, Shaq è diventato il giocatore più dominante che l’NBA abbia mai visto, con un MVP nel 2000 e tre campionati NBA consecutivi dal 2000 al 2002, oltre a tre Finals MVP consecutivi. È stata una pillola amara per Orlando da ingoiare guardando il loro ragazzo diventare il miglior giocatore del mondo, ma così è la vita. I fan dei Lakers, d’altra parte, hanno potuto assistere in prima persona mentre diventavano di nuovo una dinastia.

3) Michael Jordan

  • Dai Chicago Bulls ai Washington Wizards

Quando abbiamo visto Michael Jordan indossare il suo sesto anello NBA e il trofeo MVP delle finali nel 1998, gli appassionati di tutto il mondo erano sicuri che stesse abbandonando il gioco per sempre, almeno come giocatore. Era già il più grande nella storia della NBA e non aveva nulla da dimostrare in termini di chi fosse sul campo da basket, cioè che era un vincitore, punto.

Nel 2001, MJ ha stravolto (ancora) il mondo quando ha annunciato il suo ritorno in campo per giocare per l’amico ed ex allenatore Doug Collins. Jordan aveva 38 anni e tre anni di distanza dalla sua ultima partita in NBA, quindi molti non si aspettavano molto dal GOAT. Quest’ultimo avrebbe aiutato i giovani Wizards il più possibile nei prossimi due anni con una media di 21,2 punti per partita, 5,9 rimbalzi e 4,4 assist in 142 partite.

Sebbene non fosse certo il Jordan che eravamo abituati a vedere, solo la sua presenza lì ha reso quei due anni più speciali che mai. Non vincerà mai un campionato NBA con i Wizards, ma ricorderà a tutti noi perché lo abbiamo amato così tanto, insegnandoci a non dare nulla per scontato.

2) LeBron James

  • The Decision

Mentre guardavamo LeBron James crescere davanti ai nostri occhi negli anni 2000 con i Cavaliers, lo abbiamo visto evolversi in un incredibile giocatore a tutto tondo, amato da tutta la NBA. James era già un MVP e aveva portato un roster poco brillante alle finali NBA nel 2007. L’ultima volta che è sceso in campo con quel nucleo, alla fine dei Playoffs del 2010, una foto minacciosa di James che si toglie la maglia nel tunnel ci ha meravigliato, ma in nessun modo ci avrebbe preparato per la tempesta venuta poco dopo.

James venne corteggiato da squadre di tutta la Lega nel suo primo periodo di Free Agency nella NBA. Ha poi preso la sua decisione più seriamente di qualsiasi altra. Ha annunciato che avrebbe scelto la sua nuova casa in diretta su ESPN in uno speciale chiamato “The Decision“, mentre il mondo intero attendeva le sue parole. Poi sono arrivate le dichiarazioni che hanno scosso la NBA, e in particolare Cleveland: “Questo autunno, porterò il mio talento a South Beach”.

Quando l’ultima parola lasciò la sua bocca, per le strade quasi scoppiarono disordini. I fan di tutta Cleveland hanno bruciato le maglie di LeBron e hanno attaccato il ragazzo della città natale per le sue azioni. Per James, invece, si è rivelata una buona decisione commerciale.

Abbracciando il ruolo del cattivo, Lebron avrebbe portato gli Heat a quattro presenze nelle finali NBA dal 2011 al 2014. Durante la sua permanenza lì ha conquistato due premi MVP, due titoli NBA e due premi di MVP delle finali. Probabilmente al suo apice, James è stato sicuramente il più eccitante da guardare mentre metteva a tacere i dubbiosi e gli hater ad ogni traguardo raggiunto. Per quanto scioccante sia stato, non vale però la vetta della classifica.

1) Kevin Durant

Prima del 2016, Kevin Durant era uno dei giocatori preferiti in NBA. Aveva vinto un titolo MVP e quattro titoli come miglior realizzatore con gli Oklahoma City Thunder, aiutando in una transizione graduale da Seattle a Oklahoma City. Durant era inarrestabile per la sua altezza, ma con l’agilità di una guardia. Ha aiutato i Thunder a raggiungere una finale NBA nel 2012 e li ha portati sull’orlo di un’altra nel 2016 prima di bruciare un vantaggio per 3-1 su Golden State.

Questo ha reso la mossa successiva ben più grave.

Nella free agency, Durant si è confrontato con altre squadre, ma sembrava sempre che stesse tornando ai Thunder. Questo fino a quando non ebbe luogo un incontro con Klay Thompson, Stephen Curry e Draymond Green negli Hamptons. KD avrebbe di lì a poco annunciato che si sarebbe unito alla stessa squadra che lo aveva sconfitto solo pochi mesi prima nei Playoffs NBA, dopo aver riflettuto attentamente sulle sue scelte. La reazione è stata folle, scioccando i fan della NBA di tutto il mondo.

Durant è stato etichettato come una serpe, ma senza che il giocatore ne venisse scalfito, ottenendo due titoli consecutivi, affermandosi come Finals MVP nel 2017 e nel 2018. La permanenza a Golden State è durata solo tre stagioni, ma il danno alla sua eredità permane tutt’ora, secondo molti. KD è ancora alla ricerca del suo primo titolo NBA senza i Warriors, mentre Golden State ne ha già vinto uno senza di lui. Resta da vedere se Durant riuscirà a concludere la sua carriera con un terzo campionato NBA, ma nessuno dimenticherà mai i suoi primi due e come sono nati.