La trade deadline è ormai trascorsa da qualche giorno e il buyout market ha già sostituito tutti i rumors su potenziali scambi. Molti giocatori in nuove squadre hanno fatto i loro debutti, molti li faranno, e servirà certamente tempo per valutare l’integrazione di ciascuno. Ma col senno di poi siamo tutti capaci. Ci annoieremmo a morte senza qualche sana opinione, soprattutto di quelle che sfociano nell’errore e espongono i responsabili al pubblico ludibrio.

Purtroppo, o per fortuna, la paura di toccare il fondo non esiste mai per chi scrive di pallacanestro. Anzi, tutt’al più ci mettiamo a scavare più in profondità. Perciò, ecco 3 scambi che, sulla carta, si potrebbero rivelare molto importanti per le squadre che li hanno effettuati, i quali analizzeremo con le adeguate spiegazioni, in attesa che il tempo ci smentisca.

Eric Gordon ai Clippers

  • Trade a tre:
    • Clippers: Eric Gordon; second-round pick 2024 (TOR), second-round pick 2027 (MEM), second-round pick 2024 (varie condizioni) da Memphis
    • Grizzlies: Luke Kennard
    • Rockets: John Wall dai Clippers; Danny Green da Memphis

Di questo scambio abbiamo parlato bene fin da subito nelle nostre pagelle della trade deadline (le trovate QUI) e qui non ci smentiamo. Partendo dalla questione minore, dal punto di vista salariale è una buona mossa da parte dei Clippers. Eric Gordon ha sì un contratto bello pesante – $19.6 milioni nell’anno in corso – per una squadra che spende così tanto in luxury tax, ma c’è anche da considerare che sarà totalmente non garantito nel 2023/24. Al contrario, Luke Kennard è al secondo anno di un quadriennale da $56 milioni e uno stipendio annuale medio di $14 milioni, con una team option solo al 2024/25. Se Gordon si rivelasse un flop, almeno il salary cap ne risulterebbe un po’ alleggerito.

Ma passiamo al campo:

“Credo che gli altri, al di là di Paul George e Kawhi Leonard, debbano prendere decisioni rapide. Essere pronti a tirare, essere pronti a mettere palla a terra. Questo è quanto, perché attireranno un sacco di attenzione. Ogni volta che gli altri riceveranno, dovranno fare la scelta giusta. I compagni attorno alle star non possono fare errori, bisogna restare aggressivi.”

Quello di Eric Gordon con i Clippers non è un fit che piace perché si tratta di una delle tante réunion, romantiche o meno, di questa trade deadline, ma perché l’ex Rockets è un veterano consapevole di come muoversi in contesti con uno o più megacreator on ball (se non siete familiari col termine, ecco QUI).

La risposta sopracitata si riferisce a quali parti della propria esperienza ai Rockets possano essere traslati in un contesto in cui Leonard e George gestiranno una dose molto elevata di possessi, soprattutto in ottica Playoffs. John Wall stesso ha ammesso di non essere troppo adeguato a questo sistema, mentre Lawrence Frank, President of Basketball Operations dei Clippers, ha fatto capire (QUI) di non essere troppo entusiasta della richiesta dell’eventuale aggiunta di Russell Westbrook, caldeggiata da Paul George.

Questo perché, molto semplicemente, il profilo ideale da aggiungere a creatori di vantaggio ambulanti e accentratori dell’attacco di squadra deve possedere una serie di caratteristiche non scontate. Le tre categorie da evidenziare sono quelle del playmaking secondario, capacità di convertire con buone percentuali sugli scarichi (dunque non essere battezzabile) e mettere pressione al ferro attaccando i closeout. Tutti elementi che corrispondono alla descrizione di Eric Gordon.

L’ex Rockets, ad esempio, in questa stagione ha prodotto 1.023 punti-per-possesso giocando il pick&roll da portatore e includendo i passaggi, orientati nella maggior parte dei casi verso i compagni per un tiro in spot-up, da cui i Rockets generavano 1.17 punti-per-possesso, tutti dati negli alti percentili, stando a Synergy. La percentuale dei tiri assistiti dei compagni in relazione al numero dei possessi gestiti è stata anch’essa ottimale nelle ultime 2 stagioni (71esimo percentile), a testimonianza di una qualità del playmaking alla base di quelle “scelte giuste” che lo stesso Gordon cita. Quando la difesa collassa, magari ruotando in emergenza in seguito allo scarico di una star sul raddoppio, è necessario essere rapidi, ma non frettolosi, sfruttando al meglio il vantaggio.

Da questo punto di vista, anche il raggio di tiro diventa essenziale: se gli avversari possono eseguire un raddoppio o una strategia aggressiva senza essere puniti, ad esempio, non esiste vantaggio per l’attacco. I metodi per punire la difesa direttamente (senza passaggio) sono molteplici, ma li divideremo in 2 macro-categorie. La prima racchiude la conversione dei tiri sugli scarichi: Eric Gordon è un tiratore dal 37% da fuori in carriera su oltre 6 tentativi a gara, con il 34.7% da tre nella stagione in corso. Quel che ci interessa, però, è che la maggior parte delle sue conclusioni arrivano in spot-up, tirando con il 37.1% da fuori e generando 1.07 punti per possesso, oltre il 60esimo percentile Synergy – più elevato di quello che sembri, in quanto non filtrato.

In generale, Gordon è un eccellente tiratore sugli scarichi, con un peak statistico toccato nel 2021/22, in cui ha tirato con quasi il 40% da tre in spot-up, generando 1.168 punti-per-possesso, 86esimo percentile Synergy, massima precisione. E questo ci interessa per la seconda categoria per punire direttamente una difesa in emergenza: attaccare i closeout, mettendo palla a terra.

Essere tiratori rispettati e rispettabili significa che la difesa tenderà sempre a contestare i tiri, pertanto è essenziale saper decidere quando tentare la soluzione balistica e quando palleggiare. Rapidi, non frettolosi. Se il difensore resta attaccato al tiratore, ne beneficiano gli spazi, se aiuta sul portatore, la difesa sa di non potersi esimere dal poi recuperare in emergenza sullo scarico, esponendosi così al rischio di farsi battere dal palleggio.

Eric Gordon è storicamente un giocatore capace di mettere pressione al ferro e di chiudere nel pitturato. Nonostante negli anni a Houston con Harden le sue conclusioni arrivassero per un’enorme fetta (oltre il 60%) dal perimetro, nelle ultime stagioni è rientrato negli alti percentili di frequenza al ferro e nel pitturato, con un buon 50% di tiri presi negli ultimi 4 metri e il 47% da fuori, convertendo con buone percentuali sia da distanza super ravvicinata (65%, 60esimo percentile), che dallo short mid-range (44%, 70esimo percentile).

Se alla conversione diretta del vantaggio si aggiunge la gestione di esso, punto che abbiamo trattato per primo, ecco che si apre un ventaglio di soluzioni non indifferente per l’attacco di squadra, la cui qualità potrebbe essere innalzata, e non poco, da un profilo come quello di Gordon. Difensivamente, infine, i Clippers opteranno per cambiare ai Playoffs e, nonostante l’età, un corpaccione come il suo risulta sempre difficile da battere, oltre a poter limitare i mismatch su ali non troppo pesanti – chiedere proprio a George e Leonard.

Jae Crowder ai Bucks

  • Trade a tre:
    • Nets: 5 second-round pick
    • Pacers: Jordan Nwora, Serge Ibaka, George Hill e 2 second-round pick
    • Bucks: Jae Crowder

Su Jae Crowder non ci dilungheremo tanto a lungo, a differenza di quanto fatto con Gordon. L’ex Suns è scappato dall’Arizona senza aver messo piede in campo nella stagione 2022/23, ma non ci sono troppi dubbi su quale potrebbe essere il suo apporto alla causa. Cominciando con una premessa salariale, era nell’aria che Crowder sarebbe diventato un giocatore dei Milwaukee Bucks.

Ricordiamo che Phoenix aveva permesso in via esclusiva a Milwuakee e a nessun altro di incontrare privatamente il giocatore (i dettagli QUI) nel suo periodo fermo, e sembra che per sbloccare la trattativa servisse solo definire il prezzo. I Bucks devono riempire ancora due slot a roster, dopo aver visto il loro conto schizzare alle stelle fino a $75.6 milioni di luxury tax bill, ma l’intento di questa squadra è chiaro. Vincere di nuovo e subito, non avendo mai speso così tanto e probabilmente non essendo mai stata così profonda. 

E Crowder rappresenta forse il match perfetto per questa filosofia. Sconfitto alle ultime Finals personalmente disputate proprio da parte di Milwaukee, il veterano ha sentito l’odore del titolo anche con la canotta degli Heat, facendosi venire l’acquolina in bocca ma senza mai tastarne lontanamente un boccone.

Ai Bucks, non gli sarebbe chiesto troppo: convertire triple in spot-up, che costituiscono da sempre la fetta maggiore delle sue conclusioni, convertite anche con ottime percentuali (dati Synergy alla mano); integrarsi in un sistema che fa dei cambi difensivi il proprio punto di forza, prediligendo inoltre profili che non favoriscano il mismatch per gli avversari. Jae Crowder è un buon corpo da utilizzare anche sulle ali più fisiche, capace di resistere a determinati matchup anche dal palleggio, e il suo fit con il sistema di coach Budenholzer sembra indubbio.

Nelle serate buone al tiro potrebbe benissimo chiudere le partite, anche in ottica Playoffs, sebbene la concorrenza sia elevata tanto quanto il ventaglio di soluzioni percorribile in termini di lineup – se super small con Giannis unico lungo e Crowder da “finto” lungo, se big con due tra Antetokounmpo, Lopez e Portis in campo e l’ex Suns a completare il front court, e così via. La profondità, comunque, non è mai stato un minus per una squadra da titolo, e siamo certi che Crowder sarà molto flessibile qualora dovesse nuovamente tornare a sentire il richiamo dell’anello.

Luke Kennard ai Grizzlies

  • Trade a tre:
    • Grizzlies: Luke Kennard
    • Clippers: Eric Gordon; second-round pick 2024 (TOR), second-round pick 2027 (MEM), second-round pick 2024 (varie condizioni) da Memphis
    • Rockets: John Wall dai Clippers; Danny Green da Memphis

Teoricamente è la stessa trade Gordon, ma lato Grizzlies. Dei tre, questo è il nome che potrebbe spostare meno e rivelarsi un po’ meno fondamentale, oltre che l’unico ad aver già debuttato con la nuova canotta. Luke Kennard è un tiratore mortifero dal 42.7% da tre punti in carriera che va ad integrarsi in una Memphis 23esima per frequenza di tiro da fuori in stagione e 21esima per percentuali di conversione.

La grandissima parte delle conclusioni (34.3%) dell’ex Clippers arriva in spot up, seguita a ruota da un buon 20% in uscita dai blocchi. Per quel che riguarda il primo stile di gioco, si parla di 1.318 punti-per-possesso prodotti in stagione, un 96esimo percentile che risalta e un 52.6% da tre su questi possessi che fa tremar le vene e i polsi. Indovinate come è arrivato il primo canestro in maglia Grizzlies?

A risaltare è il blocco di Brandon Clarke che ha letteralmente steso il malcapitato Payton Pritchard, che però è fondamentale per comprendere l’uso che Memphis farà di Kennard. Questi blocchi lontano dalla palla nei pressi della linea di fondo saranno sempre più frequenti nell’attacco di coach Jenkins, che ha esplorato fin da subito il potenziale dell’ex Clippers come minaccia off ball.

Ad esempio, il suo primo tiro è avvenuto dopo un’uscita da uno staggered screen (QUI la spiegazione del termine) tutt’altro che rudimentale, dopo una finta di uscita dal lato forte per attraversare invece l’area, fino a ricevere il secondo blocco da Clarke, che poco prima a effettuato il dribble handoff in punta (delay stagger).

Al di là dei tecnicismi, è evidente il boost che un giocatore simile possa rappresentare per una squadra come i Grizzlies, essendo Kennard già abituato a muoversi con giocatori ball dominant – in questo caso Morant – e potendo contare a Memphis anche su bloccanti di livello elitario come Adams o Clarke, per citarne solo un paio.

Ci sono un po’ più dubbi perché difensivamente sarà complesso immaginarne un ruolo che sia qualcosa di più di quello da specialista in uscita dalla panchina, trattandosi di un giocatore sottodimensionato che diventa anche negativo in serate storte al tiro. Se i Grizzlies sapranno utilizzarlo al meglio, però, Luke Kennard potrebbe rappresentare l’unico tiratore puro a roster che sappia coordinare volume e precisione, dopo Desmond Bane.