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L’interesse di Adam Silver per il basket e più in generale per lo sport europeo non è una novità. Non lo è da un punto di vista commerciale (come testimoniato dal crescente coinvolgimento – soprattutto in estate – delle 30 squadre della Lega in eventi, oltre alle Global Games, nel vecchio continente), ma non soltanto.

 

Nello staff del Commissioner, ereditato dal suo predecessore David Stern, ci sono infatti degli elementi che hanno il compito di studiare le altre principali manifestazioni sportive internazionali, prendendo in esame le loro logiche competitive e valutando come potrebbero integrarsi con la struttura degli sport professionistici americani. Ad esempio, ovviamente, il calcio europeo, uno dei fenomeni sportivi più globali al mondo.

 

Silver ha recentemente sottolineato come il sistema europeo delle retrocessioni, basato su leghe connesse e in ordine “piramidale”, stimoli tutte le squadre, più di quanto non sia in grado di fare l’NBA. Ebbene sì, ovviamente si parla di tanking, un fenomeno tutto americano.

 

“Dobbiamo reagire e cambiare gli incentivi, perché la situazione sta diventando frustrante. In Europa hanno incentivi migliori di tutti, specialmente nel sistema del calcio, a causa della possibilità che ha una squadra di retrocedere, come mi è stato fatto notare anche da un mio uomo di fiducia. Non sto dicendo che faremo una cosa del genere anche in NBA, ma sicuramente le squadre avrebbero maggiori incentivi per non arrivare ultime, come perdita di introiti in televisione e dei biglietti per non giocare contro i migliori team”.

 

Oltre a “studiare” l’Europa, Adam Silver punta ad arrivarci. Fisicamente. E neanche questo è mai stato un mistero.​ Che l’allargamento dell’NBA al di fuori dei confini dell’America settentrionale sia una delle principali sfide per il prossimo decennio è stato sottolineato in più occasioni recentemente dai media e dai vertici delle organizzazioni, ma anche dallo stesso Silver. Europa, Centro/Sudamerica e Asia (in particolar modo Cina) stanno aspettando che i tempi siano maturi per avere una propria franchigia nella National Basketball Association. 

 

“L’NBA è già percepita come un fenomeno globale, ma ora stiamo lavorando per coinvolgere diversi mercati internazionali dal potenziale notevole”, ha dichiarato il Commissioner in occasione della partita tra Oklahoma City Thunder e Barcellona del 2016. “Penso alla Cina, all’Europa e al Sudamerica”.

 

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Il come, però, è l’aspetto attualmente più delicato, alla luce di tutte le problematiche e le difficoltà organizzative che è necessario prendere in considerazione nel caso in cui la Lega dovesse decidere di allargare davvero i propri confini. Ne avevamo parlato in modo esaustivo in questa “guida” all’espansione dell’NBA.

 

Le critiche piovute da ogni dove sull’All-Star Game 2019, l’ultimo di una serie di eventi deludenti durante il tradizionale “weekend delle stelle”, potrebbero però aver fornito ad Adam Silver l’assist per accelerare i tempi e considerare una possibile competizione durante la Regular Season. Oppure, riducendo la durata di quest’ultima e prevedendo una competizione estiva – con buona pace della folle quantità di 82 partite (e delle annesse, storiche, statistiche)… che verrà il momento di superare, prima o dopo (meglio prima).

 

Ci sono state diverse novità per l’ASG di quest’anno, con l’introduzione del “draft” pubblico tra i due capitani, ma il risultato è stato lo stesso. “L’All-Star non ha funzionato” – ha detto il numero uno dell’NBA… che non l’ha proprio toccata pianissimo: “Anzi, abbiamo messo un orecchino ad un maiale”.

 

Ed ecco, allora, la possibile alternativa. La NBA Cup (o chiamatela come volete), che potrebbe coinvolgere anche squadre internazionali (dell’Eurolega, ma non soltanto) in un primo torneo davvero “Global” – mettendo da parte la parentesi del McDonald’s Open negli anni Novanta. Abbiamo parlato di come potrebbe funzionare, durante la stagione, una “coppa” del genere qui, nell’articolo di Huw Hopkins riportato da Double Clutch UK. Il primo problema degli ultimi anni, però, è stata la sostanziale assenza di una “visione condivisa” dalla nostra parte dell’Oceano, come sottolineato dallo stesso Adam Silver.

 

“Per aiutare lo sviluppo del basket in Europa è indispensabile una visione condivisa. Non è facile dirlo, ma se guardiamo indietro agli anni Novanta, la crescita da allora è stata deludente. Pensavamo e speravamo tutti che il processo sarebbe stato più veloce”. Ogni riferimento alla guerra tra FIBA ed Eurolega è puramente causale…

 

L’Europa rimane alla finestra, aspettando. Silver, nel frattempo, continua ad osservarla con attenzione.