Uno dei più grandi (e dimenticati) “what if” dell’era moderna
Dopo aver terminato l’annata 03-04 al 12° posto con un record di 37-45, i Seattle Supersonics si apprestavano a cominciare quella che sarebbe, a loro insaputa, diventata la migliore stagione della franchigia dopo l’era Gary Payton. I pronostici non erano certamente dalla loro parte, avendo perso in free agency un veterano come Brent Barry, accasatosi a San Antonio (ironia del destino). I bookmakers puntavano sui Sonics in lotta per l’ottavo posto e mai si sbagliarono in maniera più evidente.
Il roster
La squadra vede come leader incontrastato Ray Allen, che insieme a Rashard Lewis rappresenta il principale terminale offensivo. In cabina di regia il sophomore Luke Ridnour ad alternarsi con il veterano Antonio Daniels. Reggie Evans e Jerome James come lunghi per dare grande fisicità alla squadra. Nelle rotazioni anche Vladimir Radmanovic, Nick Collison, Danny Fortson e Damien Wilkins. Allenatore: Nate McMillan, che meglio di chiunque sa come incarnare lo spirito Sonics, essendo uno dei giocatori la cui maglia è appesa nella Key Arena di Seattle.
Come giocavano
Il gioco di questi Sonics era molto moderno e sfruttava indubbiamente le ottime doti balistiche degli interpreti a disposizione di coach McMillan. Una squadra che brillava per offensive rating (112.2 punti per 100 possessi), quasi uguale a quello dei Golden State Warriors di questi ultimi anni. La differenza più grande rispetto ad adesso sta nel ritmo partita, molto più basso, ma i principi erano molto simili. La prima opzione era la transizione: primaria per cercare subito il tiratore in angolo e secondaria per giocare un pick and roll immediato (come possiamo vedere nel primo esempio del video).
Ray Allen è considerato uno dei migliori tiratori della storia, ma spesso è stato sottovalutato come giocatore all around. Ai Sonics si è rivelato un eccellente trattatore di palla, a tal punto che quando non usciva dai blocchi, l’opzione primaria era il suo pick and roll e la sua capacità di trovare direttamente il taglio del lungo, nonché la bravura nel creare vantaggio per un tiro, si sono spesso rivelate fatali per le squadre avversarie.
A difesa schierata il gioco passa quasi sempre da Ray Allen, se non con il pick and roll, in uscita dai blocchi (video sotto). I Sonics mettono il numero 34 in angolo sul lato forte e costruiscono ben 3 blocchi per farlo uscire dal lato opposto in guardia, per un tiro da 2 o da 3. I primi due blocchi sono portati sulla linea di fondo, uno dei quali spesso da Lewis o Radmanovic, di modo da garantire una linea di passaggio dal lato opposto, mentre il terzo è un blocco a scendere tendenzialmente eseguito dal centro. In caso di quintetto con tre piccoli, si gioca la variante con due blocchi, con la seconda guardia che esce dal lato opposto.
La Regular Season
Di certo il season opener non fu incoraggiante, infatti Allen e compagni vennero battuti malamente 114-84 da dei non irresistibili Clippers. Ma non si persero d’animo e inanellarono immediatamente una serie di 9 vittorie consecutive, che li portò ad affermarsi nella Western Conference. Con le W esterne a Dallas e a San Antonio, portandosi ad un record di 17-3, smentirono tutti quelli che all’inizio della stagione li davano già per spacciati.
Arrivati all’All Star Break con 35 vittorie e 15 sconfitte, cominciarono i problemi. La rottura del perone di Radmanovic, uomo fondamentale nelle rotazioni, fu una prima battuta d’arresto. Trovarono un aiuto insperato, per sopperire all’assenza del serbo, nel rookie undrafted Damien Wilkins. Ma non poteva durare a lungo e le cose peggiorarono sempre di più con gli infortuni di Lewis e Daniels, che portarono a una striscia di 6 sconfitte consecutive. Conclusero comunque la stagione regolare al terzo posto con un record di 52-30, ma senza tutti questi infortuni, forse, i Sonics avrebbero potuto conquistare il primo posto a Ovest.
Playoffs
L’accoppiamento del primo turno vedeva una squadra rodata e piena di veterani come i Sacramento Kings, e ancora una volta Seattle non godeva dei favori del pronostico. In Gara 1 arriva subito la vittoria casalinga, di 5 punti, grazie ai 28 punti e 10 rimbalzi di Ray Allen, nonostante un non eccelso 34% dal campo. In grande spolvero anche Jerome James (17 e 15) e Rashard Lewis, che mette a referto 18 punti.
Gara 2 si conclude senza troppe difficoltà 105 a 93, così i Sonics affrontano la prima gara esterna forti del 2-0 in casa.
Gara 3 vede una prestazione sontuosa dei Kings, che mandano tutti gli uomini del quintetto in doppia cifra, guidati dai 31 di Mike Bibby, dai 22 con l’80% dal campo di Kenny Thomas e dai 21 di Cuttino Mobley. Per Seattle arriva la prima sconfitta (116-104) ai Playoffs. Così la serie passa per G4. A metà partita la gara sembra saldamente nelle mani dei Kings, che si trovano sopra di 10 punti, ma Ray Allen aveva qualcosa da dimostrare. Guida i suoi ad un incredibile rimonta, segnando 45 punti (61% dal campo e 43% da 3), eguagliando il record di franchigia ai Playoffs e mettendo una forte ipoteca sulla serie. Due notti più tardi, infatti, i Sonics chiudono in casa la pratica Kings 4-1 e volano in semifinale di Conference.
L’altra semifinalista è San Antonio, che nonostante il 4-1 su Denver ha avuto qualche difficoltà inaspettata. La scioccante sconfitta in Gara 1 e la vittoria dopo un sudatissimo overtime in Gara 4 avevano scalfito le certezze della corazzata nero argento. E incontrare un cliente difficile come Seattle non era certo cosa da poco. Per Seattle è la prova del nove, ma ancora una volta la sfortuna gioca un ruolo fondamentale nel determinare il destino della compagine giallo verde.
Gara 1 è una disfatta da tutti i punti di vista. Sconfitta di 22 e 2 infortuni: distorsione grave alla caviglia per Radmanovic (solo 9 minuti in campo), che terminerà qui la sua avventura ai Playoffs, con grande rammarico per i Sonics; e una distorsione più lieve per la stella della squadra Ray Allen, che è costretto ad abbandonare il campo dopo appena 13 minuti.
Gara 2, senza il serbo e con un Allen acciaccato, ha un esito molto simile e si chiude con la sconfitta 108-91. Si vola a Seattle, sotto 2-0, per le due gare tra le mura amiche.
Gara 3 è una vera e propria battaglia e le squadre faticano a segnare, entrambe tireranno con circa il 40% dal campo. Allen non è in giornata, 20 punti finali ma con un brutto 6-23 dal campo. Per fortuna c’è una grandissima prova dei gregari: 18 per Daniels, in uscita dalla panchina, e 15 di James. L’intensità difensiva di Seattle è altissima, cosa che gli Spurs non si aspettavano, e la partita arriva all’ultimo tiro, con i Sonics sopra di 1. Rimessa di Ginobili e buzzer beater di Duncan sul primo ferro.
La Key Arena esplode.
Gara 4 è una severa lezione per gli Spurs, che perdono 101-89 nonostante l’assenza fondamentale di Lewis, che aveva riscontrato un grave problema al metatarso del piede destro al termine di Gara 3. Anche per lui, come per Radmanovic, si conclude prematuramente l’avventura ai Playoffs.
Per il quinto atto si torna in Texas, sul due pari. La rotazione per coach McMillan è cortissima e Seattle deve arrendersi ad una prestazione sontuosa di Ginobili, che chiude con 39 punti.
In Game 6 Seattle raccoglie tutte le energie rimaste e riesce a giocare una spettacolare pallacanestro nonostante l’assenza di uomini chiave. Allen trova aiuto da tutti: Daniels, James, il rookie Wilkins e Ridnour. Nessuno vuole mollare. Si arriva sul 96 pari. Possesso Spurs, differenza tra il cronometro e i 24 secondi di circa 1″.
Penetrazione centrale di Ginobili e scarico per Duncan, che segna nonostante il corpaccione di James davanti. Resta un secondo.
Timeout e rimessa. Ray Allen riceve e spara da 3, ma il suo tiro e il sogno di tutti i tifosi di Seattle si spengono sul primo ferro. Passano gli Spurs dell’ex Brent Barry, che vinceranno il titolo contro Detroit.
Questi Seattle Sonics hanno avuto tutto e tutti contro, e nonostante ciò hanno fatto tantissima strada.
I “what if” sono veramente troppi: cosa sarebbe successo se non avessero subito tutti quegli infortuni che hanno condizionato stagione regolare e Playoffs? Cosa sarebbe successo se avessero potuto giocarsela con gli Spurs alla pari? E se quel buzzer beater di Allen fosse entrato?
Le domande, purtroppo, rimarranno nel vuoto e noi non sapremo mai cosa avrebbe potuto fare questa bellissima squadra, che durò solo per un anno, quel meraviglioso 2004-2005 che a Seattle ancora tutti ricordano.