Alla ricerca dell’anello perduto: la cavalcata trionfale di una squadra a cui è mancato solo il titolo (e non solo per colpa loro).

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I Sacramento Kings dall’arrivo di Jason Williams sono una delle squadre più elettrizzanti della Lega. Ma, nonostante i netti miglioramenti che hanno portato la squadra fino alle semifinali di Conference, manca ancora qualcosa.

Quel qualcosa in più non è l’aggiunta di un giocatore di rotazione che serve a fare il definitivo salto di qualità, ma una rivoluzione nel ruolo di point guard. Il 27 giugno 2001, “White Chocolate” viene scambiato insieme a Nick Anderson per Mike Bibby e Brent Price nella trade tra i Kings e i Grizzlies, appena trasferitisi dal Canada a Memphis. 

I fan sono increduli. Il GM Geoff Petrie ha osato scambiare il giocatore più amato. Colui che ha contribuito più di tutti a portare la squadra della California al successo. 


Il giorno seguente lo stesso Petrie dirà: “Scambiare un giocatore così popolare e che ha fatto così tanto per noi come Jason è stata dura, ma siamo veramente entusiasti nell’aver preso Mike. È un’altra point guard eccezionale”.

Quella che agli occhi di tutti sembrava una trade senza senso, si rivelerà come una delle migliori nella storia di Sacramento.

Il roster 

La squadra è pressoché invariata rispetto alla stagione passata. Unica differenza, come detto, Mike Bibby – che ha il compito non facile di fare meglio di Jason Williams.

Doug Christie è la guardia titolare, mentre come ala piccola Predrag Stojakovic, uno dei migliori realizzatori della squadra insieme all’ala grande Chris Webber. Come centro, l’ex Laker Vlade Divac. Dalla panchina Bobby Jackson, Hedo Turkoglu e Scot Pollard.

Le caratteristiche principali di questa squadra sono fisicità e profondità del roster. Infatti, al termine della stagione, saranno ben sette i giocatori sopra la doppia cifra di media, con Webber e Peja oltre i venti. 

Come giocavano 

Coach Rick Adelman aveva creato un sistema in grado di sfruttare al meglio le caratteristiche dei propri giocatori: pochi schemi e tanti principi basilari. Avendo due lunghi come Webber e Divac, è naturale sfruttare le loro doti al massimo, e infatti sono proprio loro i veri playmaker della squadra. In molti set offensivi, appena passata la metà campo, il passaggio di ingresso nell’azione è per uno dei due lunghi all’altezza del gomito, con l’altro che spesso si posiziona sul gomito opposto. Come possiamo vedere, le soluzioni sono molto variegate: dal consegnato con blocco per la penetrazione centrale, al blocco dell’altro lungo per liberare il tiratore. 

In questo contesto risulta estremamente difficile marcare due tiratori temibili come Stojakovic e Turkoglu, che dopo aver preso un blocco a scendere da un esterno, sfruttano il blocco di uno tra Divac e Webber. Molto utilizzato anche l’alto-basso tra i lunghi per sfruttare le ottime doti spalle a canestro dei due.

Il gioco è molto semplice ed è fatto di tante letture: dopo il primo passaggio, non esiste un’azione predefinita. Webber, essendo un tiratore mortifero dalla media, deve essere marcato stretto. A quel punto – grazie alla mobilità decisamente atipica per un centro di quell’epoca – può battere l’avversario in palleggio generando un ventaglio di soluzioni da cui la difesa fatica ad uscire.

La Regular Season

Mike Bibby si integra subito molto bene e, nonostante il malcontento iniziale dei fan, la partenza è esaltante, con quattro vittorie in fila. Il pubblico inizia a convincersi che quello scambio forse non è stato così scellerato. Il numero 10 comincia bene la sua avventura in maglia Kings e al Season Opener realizza 15 punti con 6 assist e 8 rimbalzi. Chris Webber è fermo ai box per un problema alla caviglia e salta le prime venti partite. Nonostante la sua assenza, comunque, Sacramento viaggia con il pilota automatico inserito e vince quindici partite. 

Il 21 dicembre, Webber fa il suo debutto stagionale, facendo registrare 18 punti e 6 rimbalzi in 28 minuti di gioco. I Kings non hanno particolari difficoltà e, arrivati all’All-Star Break, il record è di 37-12. Bibby e compagni procedono così fino al termine della stagione, chiudendo con il miglior record della Lega (61-21), il miglior pace (95.6) e il maggior numero di canestri realizzati dal campo; sono inoltre terzi per Offensive Rating e sesti per Defensive Rating, risultando così molto bilanciati. Gli unici problemi seri sono stati contro i Lakers: infatti i bianco-viola hanno perso tre delle quattro partite contro il duo Shaq-Kobe.

I Playoffs

La squadra si appresta così a iniziare i Playoffs con il favore del pronostico e con il fattore campo contro chiunque.

Al primo turno si trovano contro una squadra di veterani come gli Utah Jazz, trascinati ancora una volta alla post-season dall’intramontabile duo Stockton-Malone. Gli anni però cominciano a farsi sentire – il Postino e Stock ne hanno rispettivamente 38 e 39 – e cercare di competere con una squadra giovane ma esperta come Sacramento sembra difficile. 

La serie, in realtà, è tutt’altro che scontata. E già da Gara 1 si vede che sarà un’impresa non semplice. La partita giocata all’Arco Arena termina con una vittoria di sole tre lunghezze in favore dei Kings. Divac va in grande difficoltà contro Malone e alla sirena finale il confronto tra i due sarà impietoso, con il serbo limitato a 2 miseri punti in 38 minuti, a fronte dei 25 del Postino. Per fortuna ci sono Bibby e Webber, che con 20 e 24 punti rispettivamente aiutano la squadra ad uscire illesa dalla prima partita casalinga. 

In Gara 2 le cose non vanno ed è Utah a spuntarla 93-86. È un giovanissimo Andrei Kirilenko a fare la voce grossa con 15 punti, 6 rimbalzi e ben 5 stoppate. Bibby e Jackson non sono in serata e producono solo 13 punti in due. Serie in parità e si va in una caldissima Salt Lake City, dove il pubblico sogna già il colpo grosso. Per fortuna di Sacramento, le cose non vanno così: Gara 3 e Gara 4, sebbene durissime, vanno ai Kings. La vittoria arriva grazie alle due prestazioni da antologia di Peja Stojakovic, il quale – con 26 e 30 punti – mette in cassaforte la serie che si chiude sul 3-1. Contro Utah, però, le difficoltà sono andate ben oltre le aspettative e la differenza di punteggio delle quattro partite è stata di soli quattro punti. 

In semifinale di Conference, i Kings trovano i Dallas Mavericks di Nash e Nowitzki, che si sono sbarazzati agevolmente in tre gare dei Timberwolves. La serie contro i Mavs inizia benissimo, con la vittoria di 17 in Gara 1. Il secondo atto rappresenta l’unico passo falso nella serie; infatti, dopo la sconfitta 110-102, ecco tre vittorie di fila e finali di Conference raggiunte. La nota dolente è l’infortunio di Peja Stojakovic in Gara 3. Il serbo riuscirà a rientrare solamente in Gara 5 di WCF, e comunque a mezzo servizio.

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Ad attenderli i Los Angeles Lakers, che erano stati gli unici a mettere in seria difficoltà Sacramento durante la Regular Season. La serie tra le due compagini californiane sarà ricordata come una delle più belle e discusse di sempre. 

In Gara 1 i Kings, con Turkoglu al posto dell’infortunato Stojakovic, partono con il freno a mano tirato e i Lakers fanno subito un parziale di 13-4 con sei punti di Shaq. La schiacciata di Bryant a metà primo quarto, dopo aver trovato un’autostrada al ferro, fa capire subito che le cose non stanno andando bene per Webber e compagni. Il primo tempo si chiude sul +13 Lakers, che amministreranno questo vantaggio fino alla sirena finale.

Perdere anche Gara 2 all’Arco Arena non è un’opzione e, infatti, nonostante i 35 punti di O’Neal, Sacramento vince la partita, soprattutto grazie alle ottime percentuali da tre. Si vola a Los Angeles sull’uno pari nella serie e questa volta sono i Kings a beffare i giallo-viola in casa, con un roboante 103-90 grazie ai 24 di Bibby e ai 26 di Webber. 

Gara 4 è di cruciale importanza. In caso di vittoria, i Kings potrebbero giocarsi le chance di passare il turno tra le mura amiche. Sacramento parte fortissimo, segnandone 40 nel primo quarto e tenendo LA a soli 20 punti realizzati. La partita sembra indirizzata, ma i Lakers non si danno per vinti e cominciano lentamente a rimontare. A fine terzo quarto sono sotto solo di 7 lunghezze. A 11″ dalla fine il vantaggio dei Kings è di soli due punti. Ultimo possesso affidato a Bryant… e il dramma Kings si consuma:

Una sconfitta sanguinosa sulla sirena, dopo essere stati davanti per tutta la partita. 

Gara 5 è un altro duello all’ultimo sangue, che arriva a decidersi nei secondi finali. Questa volta a parti invertite, con i Lakers avanti di uno a 11″ dalla fine. Sacramento ha una rimessa dalla linea di fondo, che esegue Mike Bibby. Palla a Webber, che restituisce al suo playmaker con un consegnato e blocca al tempo stesso Derek Fisher, che si schianta e cade rovinosamente. Tiro aperto del numero 10 e Arco Arena che esplode. Vittoria Kings e 3-2 nella serie. 

A questo punto Gara 6 garantisce ai Kings la possibilità di accedere alle Finals. Ma qui il dramma si consuma in maniera inusuale e alquanto strana, in quella che passerà alla storia come la partita più contestata di sempre. 

Il match sembra molto simile ai due precedenti e prosegue punto a punto, ma nel quarto periodo ai Lakers vengono concessi ben 27 tiri liberi! Ventisette! Di cui ventuno vengono convertiti. Alcune chiamate arbitrali sono veramente oltre il limite del normale. La partita termina con la vittoria dei Lakers e quella sensazione che forse il naturale corso degli eventi sia stato alterato. Seguirà una lunga serie di strascichi e polemiche, con molti che grideranno al complotto. 

Gara 7 è l’epilogo che tutti i tifosi di basket desideravano… tutti tranne quelli dei Kings. Una partita ancora più entusiasmante delle altre, che si decide addirittura all’overtime. Sacramento patisce per la terza volta consecutiva l’eliminazione per mano dei Lakers, ma questa volta fa più male: c’era la consapevolezza di poterli battere. 

La serie nel dettaglio e i suoi retroscena sono stati raccontati in questo nostro articolo.

Ai Kings rimane una cocente delusione per aver perso l’occasione di portare a Sacramento il tanto agognato titolo. Una squadra che aveva dimostrato di avere tutte le carte in regola per vincere e che purtroppo non ci è riuscita per una serie di sfortunati eventi.

Una squadra che certamente avrebbe meritato l’anello e che purtroppo è rimasta unicamente con la gloria e il rispetto di un’intera città.