Uno dei più grandi one-man show della storia della NBA, che per un soffio non ha regalato il titolo alla città dell’amore fraterno.

I Philadelphia 76ers, da quando avevano draftato Allen Iverson, erano in costante crescita e avevano terminato la stagione 1999/2000 con 49 vittorie e 33 sconfitte, il miglior record dal 1990. Grande merito va attribuito a Larry Brown, che è stato l’unico allenatore a comprendere appieno The Answer. Il coach dei Sixers aveva dato grande fiducia ad AI, puntando tutto su di lui e facendolo sentire a suo agio sia sul campo da basket che fuori – cosa che non gli era mai successa prima.

I problemi che Iverson aveva avuto nel corso della sua carriera soprattutto a Bethel High School avevano in qualche modo limitato il suo enorme talento, che sotto la guida di Brown è definitivamente esploso, consacrandolo come uno dei migliori giocatori di tutti i tempi. La stagione 2000/01 è la grande rivincita di un ragazzo che aveva avuto un’infanzia molto difficile e un’adolescenza segnata da un ingiusto arresto con conseguente pena detentiva a quindici anni di carcere, diventati quattro mesi per via della grazia ricevuta dal governatore della Virginia.


Il roster

La squadra si presenta ai blocchi di partenza della stagione con gli stessi effettivi dell’annata passata. Il quintetto è composto da Iverson, Eric Snow, George Lynch, Tyrone Hill e Theo Ratliff. Dalla panchina Toni Kukoc, Aaron McKie, Jumaine Jones e Nazr Mohammed. La stagione sembra procedere senza intoppi e dopo 50 partite il record è 36-14, ma sfortunatamente in quell’ultima partita prima dell’All-Star Break si infortuna gravemente Ratliff, che dovrà stare fuori fino al termine della stagione. Il GM Billy King deve per forza di cose operare una trade e trova come partner gli Atlanta Hawks, desiderosi di sbarazzarsi del 34enne Dikembe Mutombo.

I Sixers mandano Ratliff, Kukoc e Mohammed agli Hawks e ricevono in cambio il centro della Repubblica Democratica del Congo e Roshown McLeod. Una mossa che si rivelerà vincente, perché Mutombo disputerà una post season eccezionale.

Come Giocavano

Il gioco di questi Sixers deve necessariamente valorizzare Allen Iverson, che ha licenza offensiva pressoché illimitata. Lo schema più utilizzato a metà campo è una classica doppia uscita per smarcare il numero 3 o Mckie. Altrimenti si esplora quasi sempre il post basso di Mutombo, che con i suoi 218 centimetri ha spesso vantaggio e attira frequentemente il raddoppio, caso in cui il centro africano è bravo a scaricare trovando il compagno aperto.

Philadephia dà il meglio di sé in transizione, dove Iverson è letale sia andando al ferro che innescando i compagni – sì, la sua visione di gioco è stata troppe volte sottovalutata. Nei momenti cruciali della partita The Answer tende ad isolarsi su un lato e a giocarsi l’1c1.

La Regular Season

La stagione comincia al meglio con un serie di 10 vittorie consecutive e Philadelphia si impone fin da subito come la squadra da battere ad Est. Il cammino prosegue senza particolari problemi fino a metà febbraio, quando l’infortunio di Ratliff costringe il GM alla trade con gli Hawks. I Sixers vincono le prime sei partite dall’arrivo di Mutombo e si portano sul 42-14, che in quel momento significava primo posto nella Conference e miglior record assoluto. Da quel momento, però, comincia un periodo negativo, che si conclude con 15 vittorie e 12 sconfitte.

A pesare tanto sul comunque ottimo record finale di 56-26 sono le cinque partite perse di fila a metà marzo. La sconfitta più sanguinosa, però, è quella della 82esima partita contro Chicago, ultima in classifica. Larry Brown, già certo del primo posto nella Eastern Conference, decide di far riposare tutti i titolari in vista dei Playoffs. Quella sconfitta costerà il fattore campo in finale contro i Lakers, che avevano lo stesso record di Philadelphia ma con la discriminante delle sfide contro squadre dell’altra Conference a favore.

La Regular Season si conclude comunque in trionfo per Philadelphia: primo record ad Est, Larry Brown nominato Coach of the Year, Allen Iverson nominato MVP, MVP dell’All-Star Game e capocannoniere della stagione (31.1 punti a partita) e Aaron McKie nominato Sixth Man of the Year.

Playoffs

Il primo posto in stagione regolare porta a un primo turno tutt’altro che agevole contro gli Indiana Pacers di Reggie Miller e Jermaine O’Neal. Pronti, via e Gara 1 sembra indirizzata sui binari giusti: primi due quarti in assoluto controllo e massimo vantaggio di 16 lunghezze all’intervallo. Nel terzo quarto Indiana si sveglia e ricuce lo svantaggio, per poi completare la rimonta negli ultimi 12′. I Sixers sono in vantaggio di soli due punti a 30 secondi dalla fine. Snow e McKie falliscono due tiri dalla media per portarsi sul +4 e a 2.9 secondi dalla fine Reggie Miller realizza una tripla pesantissima su assist di Jalen Rose. 79-78 il risultato finale, 1-0 Pacers e First Union Center ammutolito.

In Gara 2 serve una reazione forte, ma la partita è punto a punto fino a metà terzo quarto, anche perché arginare un Reggie Miller così caldo non è possibile: saranno 41 i punti alla sirena finale. Serve un super Iverson da 18 punti nel terzo quarto per generare uno strappo significativo e dare un vantaggio in doppia cifra a Philadelphia. Nel quarto periodo il prodotto di Georgetown continua a martellare e terminerà la partita con 45 punti. Vittoria di 18 e 1-1 nella serie. Si vola nell’Indiana.

Il leitmotiv è lo stesso di Gara 2: 35 per Miller e 32 per Iverson. Decisivi per la vittoria Sixers i tiri liberi nel finale che AI, Snow e McKie non sbagliano, garantendo una vittoria di 5 punti, il vantaggio nella serie e il primo matchpoint (la prima serie ai tempi era al meglio delle 5).

Gara 4 è decisiva e Philadelphia vuole evitare una rischiosa Gara 5 contro una squadra di veterani come Indiana. Al Conseco Fieldhouse di Indianapolis va in scena l’ennesimo spettacolo a due Iverson-Miller, 33 per il primo e 32 per il secondo. Questa volta a fare la differenza è un Dikembe Mutombo spettacolare: 16 punti, 11 rimbalzi e ben 5 stoppate. Il centro africano segna il canestro del sorpasso e McKie chiude i conti con un 2/2 in lunetta. 3-1 nella serie e pratica Indiana archiviata.

Alle semifinali di Conference arrivano i Toronto Raptors di Vince Carter che hanno battuto New York in cinque partite. Come nella serie precedente, la partenza è in salita, infatti Toronto vince subito in trasferta grazie ai 35 punti di Vincredible e ai 20 di Dell Curry. Non bastano i 36 di Iverson, che trova poca collaborazione all’infuori del solito Mutombo (17+12). Ancora una volta la serie passa per Gara 2, Iverson non ne vuole proprio sapere di perdere ed esplode con 54 punti per il career high ai Plyoffs (ritoccato di un punto due anni dopo contro Charlotte). Allen è semplicemente inarrestabile e Toronto viene sepolta dalla furia agonistica del numero 3.

Si va in Canada per Gara 3, dove Iverson non è in serata e produce solo 23 punti con 7/22 al tiro. La conseguenza è una facile vittoria dei Raptors: 102-78. In Gara 4 oltre ai 30 di AI ci sono i 18 di McKie e i 13 con 17 rimbalzi di Mutombo per portare la serie nuovamente in parità. In Gara 5, invece, Toronto proprio non scende in campo e viene letteralmente spazzata via dai 52 punti di Iverson. 121-88 il finale e possibile matchpoint. In Gara 6 il numero 3 non è in serata, mentre il 15 il maglia nero-viola non ha pietà e con 39 punti trascina la serie a Gara 7.

Nel capitolo finale della serie le due superstar non brillano, ma illuminano i compagni. AI smista ben 16 assist e i compagni ringraziano:

Mutombo, McKie, Jones e Snow vanno infatti tutti in doppia cifra. Dall’altra parte Carter regala 9 assistenze, la maggior parte delle quali aiutano Antonio Davis a siglare i suoi 23 punti. Come ogni epilogo che si rispetti, la partita è in bilico fino all’ultimo tiro. Mckie e Snow segnano tre canestri per andare sul +6 a due minuti dalla fine, ma Davis e Curry segnano per portare i Raptors sul -1 a 55 secondi dal termine. Iverson sbaglia il jumper e resta un ultimo tiro a Toronto con 2 secondi sul cronometro. La rimessa viene eseguita bene e Carter prende un buon tiro, che però sbaglia. Per Philadelphia è finale di Conference.

I Milwaukee Bucks sono approdati in ECF dopo aver battuto in sette gare i Charlotte Hornets. Ray Allen, Sam Cassell e Glenn Robinson si giocano l’accesso alla Finale contro Iverson e soci. Gara 1 questa volta va come deve andare e Philadelphia vince davanti al pubblico amico, grazie ai soliti noti: Iverson 34, McKie 23, Mutombo 15 e 18 rimbalzi. Il fattore campo però non viene rispettato in Gara 2 e Milwaukee impatta la serie grazie a 38 punti di Ray Allen e alla pessima serata di Iverson. In Gara 3 Allen I non gioca a causa di un infortunio all’anca e i Bucks vincono senza problemi. Gara 4 è cruciale.

AI torna in campo e nonostante la non felice prestazione al tiro (10/32) aiuta i suoi a vincere. Da questa partita, tuttavia, comincia a insinuarsi il dubbio nei giocatori e nel pubblico di Milwaukee che il normale andamento della serie sia in qualche modo alterato. Le mancate chiamate arbitrali cominciano ad essere frequenti, soprattutto nelle cruciali Gare 1 e 4. Il numero di liberi, di falli tecnici e di flagrant foul – incredibilmente sbilanciato a favore di Phila – fa innervosire George Karl e Ray Allen, che verranno multati al termine della serie per aver dichiarato che la sfida fosse truccata.

I Sixers vincono Gara 5 di un punto e hanno il matchpoint in Gara 6, ma Ray Allen non ne vuole sapere di alzare bandiera bianca e segna 41 punti con ben 9 triple. A nulla servono i 46 di Iverson: si va a Gara 7. In questa partita, però, non c’è storia. Il piccolo uomo da Hampton in Virginia trascina la sua squadra con una prestazione da 44 punti. NBA FInals.

I Sixers devono vedersela con i campioni in carica, la corazzata Lakers di Shaq e Kobe. Los Angeles fino a qui ha asfaltato letteralmente tutti, facendo un percorso netto ai Playoffs con 11 vittorie e nessuna sconfitta. A Las Vegas il 4-0 giallo-viola non è praticamente quotato.

Gara 1, nonostante le premesse, si apre all’insegna dell’equilibrio e nessuna delle due squadre riesce a prevalere. All’intervallo Phila è avanti di 6 lunghezze, complice un Bryant molto impreciso al tiro. Iverson invece è un rebus irrisolto per la difesa di LA, ma i Lakers rimontano e a 1.57 dalla fine sono a +2 grazie a due canestri in fila di Kobe e Shaq. Snow pareggia a quota 94. Nell’ultimo minuto succede di tutto: prima Kobe e Horry sbagliano due tiri da vicino, poi la stessa cosa succede a parti invertite con Iverson e Snow; Mutombo non riesce a convertire due liberi vitali e infine, dopo una persa di Bryant, Snow sbaglia il tiro vittoria. Si va all’overtime.

Arrivano subito 5 punti Lakers, ma da quel momento l’inerzia gira, con Iverson che prima mette una tripla e poi esegue una giocata che rimarrà per sempre nella storia della pallacanestro. 50 secondi sul cronometro, punteggio 101-99 in favore dei 76ers, Iverson in isolamento contro Tyronn Lue. Partenza incrociata, step back sotto le gambe, solo il suono del nylon. Ty Lue cade e AI lo scavalca. Letteralmente.

103-99 e partita virtualmente finita in quell’istante. Il risultato finale, 107-101, è uno shock per tutti i tifosi presenti al palazzo. Iverson segna 48 punti e Phila si porta incredibilmente sull’1-0 nella serie.

È il momento più alto dei Sixers, che poi perderanno quattro partite in fila. O’Neal, Bryant e questi Lakers erano troppo per The Answer e compagnia. Sfuma così il sogno di riportare il titolo a Philadelphia, che non vince dal 1983.

Iverson, comunque, entra nella leggenda. Quasi 33 punti di media ai Playoffs e il merito di aver portato praticamente da solo una squadra con poco talento a giocarsi le NBA Finals. I giallo-viola vincono serie e titolo in cinque partite, d’accordo, ma il termine “sconfitta” non ha niente a che fare con una post season indimenticabile per Allen Iverson.